Argentina-Senegal: emigrazione sud-sud

di David Lifodi

Con un gesto di grande civiltà l’Argentina ha recentemente deciso di regolarizzare alcune migliaia di migranti senegalesi presenti sul proprio territorio: si tratta di una lezione dalla quale anche il nostro paese, un tempo conosciuto per l’emigrazione, dovrebbe trarre esempio.

Da tempo l’Argentina si era trasformata in una delle mete preferite dell’immigrazione africana, in particolare senegalese, soprattutto da quando i controlli dei flussi migratori si sono inaspriti nel vecchio continente, in particolare in Italia, Francia e Spagna: addirittura il paese iberico paga il Senegal per rimpatriare i migranti africani che giungono sulle proprie coste in un sistema perverso che finisce con l’arricchire le elites senegalesi, ma che impoverisce e acutizza le già precarie condizioni di vita della popolazione più povera.  La maggior parte dei senegalesi giunge in Argentina dal Brasile, sia per la facilità nell’attraversare la frontiera sia perchè il paese verde-oro è l’unico, in tutta l’America Latina, ad ospitare sul proprio territorio l’Ambasciata del Senegal: in misura minore arrivano anche dal confine boliviano e infiltrati come clandestini nelle navi che attraccano nei porti argentini. In pochi anni i senegalesi si sono espansi da Cordoba (nel centro del paese), una delle prime città a riceverli, a Buenos Aires, dove si sono stabiliti principalmente nel quartiere Once (ribattezzato la “Dakar argentina”), fino all’area metropolitana intorno alla capitale detta Gran Buenos Aires. Il lavoro della Dirección Nacional de Migraciones (DNM) non è stato semplice, anche perchè ancora si ignora quanti siano realmente i senegalesi presenti in Argentina (alcune stime parlano di circa tremila migranti, altre riferiscono di almeno settemila unità), per questo è stato fondamentale il supporto delle associazioni della società civile, tra cui Cine Migrante, Colectivo para la Diversidad e la Asociación Senegalesa Civil. La sostanziale clandestinità dei senegalesi, dovuta alla mancanza dei documenti che regolarizzassero la loro presenza sul territorio argentino, da cui derivava la loro condizione di sin-papeles, rendeva impossibile trovare un lavoro e avere il diritto all’assistenza sanitaria, solo per citare due dei maggiori problemi incontrati dai migranti. É stata significativa, a questo proposito, la volontà dei senegalesi di stabilirsi ed integrarsi in Argentina, ma soprattutto una modifica della Gazzetta Ufficiale argentina, il Boletín Oficial, che introduce nella Ley de Migraciones un’eccezione fondamentale, quella che esclude il requisito di ingresso legale nel paese. Il problema principale dei senegalesi riguardava infatti l’ingresso clandestino in Argentina, risolto con la sospensione degli ordini di espulsione del paese. Per rientrare in quella che può essere definita una sanatoria a tutti gli effetti, i senegalesi dovranno presentarsi muniti di un passaporto valido e di un certificato di nazionalità emesso da un’autorità consolare con giurisdizione in Argentina. A questo proposito, sarà costituito a breve un ufficio diplomatico a Buenos Aires, probabilmente con funzionari inviati dall’Ambasciata senegalese in Brasile, per occuparsi delle pratiche dei migranti, i quali avranno diritto ad un certificato di residenza temporanea della validità di un anno, rinnovabile per ulteriori dodici mesi, fino ad ottenere la permanenza definitiva nel paese. Si tratta di un vero e proprio esempio di emigrazione sud-sud. I primi arrivati giunsero a Cordoba e facevano la spola con Buenos Aires due volte alla settimana per comprare la merce che poi rivendevano per strada. Molti di loro poi scelsero di risiedere a Buenos Aires. Tutti chiesero immediatamente lo status di rifugiato politico, al pari dei migranti provenienti, seppur in misura minore, da Nigeria, Camerun, Liberia e Sierra Leone. Gli africani giunti in Argentina, soprattutto i senegalesi, si guadagnano da vivere vendendo bigiotteria per le strade della capitale e di Cordoba che, sebbene nel 2008 sia stata insignita dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) del titolo di “città solidale”, di fatto non è andata oltre le dichiarazione di solidarietà e appoggio ai migranti, ma senza alcuna azione concreta.  Le cause che hanno spinto i migranti senegalesi, e tutti quelli quelli provenienti dall’Africa sub-sahariana, a lasciare il loro paese d’origine, derivano da cause strutturali comuni all’intera regione, dal sottosviluppo alla spoliazione delle risorse naturali, fino alle guerre. In Senegal il tasso di disoccupazione supera il 50%, l’indice di povertà raggiunge il 57,1% e l’aspettativa media di vita non supera i 56 anni. Inoltre, sono spaventose le disuguaglianze in termini di reddito e ricchezza, la situazione sanitaria è precaria e il tasso di istruzione è molto basso. L’educazione, infatti, è pubblica e gratuita, ma soprattutto dalle zone rurali le scuole distano diversi chilometri, per cui molti bimbi finiscono per non avere alcuna possibilità di accesso all’istruzione. L’economia senegalese si trova in crisi da quando il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha imposto le sue riforme strutturali: un diktat che ha svalutato fino al 50% il valore della moneta nazionale e ha reso il paese dipendente dall’aiuto della comunità internazionale. Sono due i gruppi sociali di senegalesi giunti in Argentina nel corso dell’ultimo decennio. Il primo è costituito da giovani con un’età media di 25 anni, provenienti dal nord del paese, zona a prevalenza agricola, e che hanno lavorato per le strade delle città argentine in qualità di ambulanti, oppure in hotel e piccole pensioni. Il secondo, proveniente dal sud del Senegal, è impiegato principalmente in panetterie e chioschi. Finora, soprattutto i venditori ambulanti, erano spesso costretti a pagare multe dovute al divieto dell’attività di vendita per le strade in vigore a Buenos Aires e in tutta l’area metropolitana intorno alla capitale. Questo rendeva i lavoratori migranti facilmente vulnerabili e soggetti a qualsiasi tipo di repressione poliziesca, oltre che impedire ai senegalesi di costruirsi un futuro certo e stabile in Argentina. Adesso, il regime speciale che consentirà ai senegalesi di essere regolarizzati, potrebbe essere loro di aiuto anche nel cercare un lavoro più sicuro in cui la sopravvivenza non derivi dalla vendita ambulante, che peraltro il governo porteño continua a non tollerare.

In conclusione, l’Argentina ha dimostrato la volontà politica di occuparsi seriamente dei migranti, quella che purtroppo manca in Italia.

Redazione
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17 commenti

  • Ho condiviso sulla mia pagina Facebook l’ articolo che merita il massimo di diffusione. Il concetto rivoluzionario per il quale dobbiamo lottare e’ quello che nessun essere umanoe sia un clandestino in nessuna parte di questo pianeta

  • ginodicostanzo

    concordo con Cecchini … quello è il messaggio.

  • Mi pare un po’ eccessivo definire un “gesto di grande civiltà” l’aver regolarizzato poche migliaia di immigrati su di una popolazione di circa 41 milioni di abitanti. Secondo questo metro di giudizio, piuttosto superficiale vien da dire, cosa dovrebbe definirsi l’Italia, che con le ripetute “sanatorie” ha regolarizzato centinaia di migliaia di persone? Alcuni dati: sanatoria del 1987: 118.000 persone; 1996-238.000; 1998-308.000; 2003-700.000. Quindi? Credo che su temi urgenti e delicati quali quello delle migrazioni, vadano evitati sciovinismi e futili forme di patriottismo. E’ bene guardare le buone prassi e prenderne esempio, ma è ancor più necessario osservare i contesti per capire come agire per migliorare le diverse situazioni. Un’ultima nota: di cosiddette migrazioni sud-sud è piena la storia, non le hanno certo inventate gli argentini. Nel contesto africano, per esempio, vi sono paesi quali la Costa D’Avorio che tradizionalmente attraggono immigrati da tutta l’Africa occidentale.

    • Qualsiasi gesto legale che da’ uno status di cittadini ad esseri umani considerati fino allora clandestini e’ un gesto di civiltà tout court. E’ positivo darne notizia informando anche del contesto. Questo mi sembra il senso della nota di David Lifodi, dove non c’ e’ traccia di sciovinismo ne’ tanto meno di patriottismo. E’ giusto anche parlare dei flussi emigratori sud sud, e’ chiaro che i paesi coinvolti sono molti, Argentina ed altri paesi dell’ America Latina, Costa d’ Avorio ed altri paesi dell’ Africa. Ripeto tutto questo va nel senso di affermare un principio che deve essere attuato nella pratica: nessun essere umano: bambino, donna o uomo di nessuna parte del mondo sud o nord, bianco o nero e’ un clandestino.

  • Scusa Francesco, ma io leggo quello che è scritto. Definire un gesto di “grande civiltà” una semplice sanatoria è, perlomeno, eccessivo. Punto. In quasi tutti i paesi europei ve ne sono state negli ultimi venti anni e mi pare che i problemi dei migranti non siano stati risolti. Visto che le parole hanno un peso e un senso, se dobbiamo usare degli aggettivi risparmiamoli per qualcosa di più significativo.

    • Non è per fare il “mediatore” a ogni costo ma provo a inquadrare la faccenda diversamente e così (forse) ritrovare le ragioni di ognuno. Quel che David ha lodato è un minimo di democrazia e civiltà ma, di questi orribili tempi, persino questa decenza è assai difficile da trovare. Dunque è, a mio avviso una piccola – enorme no – notizia positiva, va controcorrente rispetto all’andazzo di Paesi che magari blaterano sui grandi princìpi ma poi nel quotidiano hanno pratiche fascistoidi. Su questo siamo d’accordo? (db)

  • RICEVO da Sandra Clementina (italo-argentina) e POSTO
    Buen Día, Amiguito!
    Quisiera posteare un commento all’articolo indicato ma non ci riesco!
    Puoi farlo tu?

    Se la riposta è sì, il mio post:
    “Allora sarebbe opportuno, Max, definire l’Italia. Grazie Francesco per la chiarezza e la precisione del tuo commento.”
    —–
    aggiungo io (db) che, a scanso di equivoci David non è argentino ma italiano, precisamente di Siena (ignoro la contrada, eh-eh)

  • Ho appena letto tutti i vostri commenti, ma prima di rispondere in dettaglio vorrei ringraziare Sabatino Annecchiarico, che mi ha passato questa notizia che poi ho approfondito con molto piacere.
    Ho definito la regolarizzazione dell’Argentina un gesto di grande civiltà per almeno due motivi. Il primo. Limitandomi a restare nel contesto latinoamericano, i migranti haitiani in fuga da terremoto, povertà e una situazione politica disastrosa che hanno chiesto lo status di rifugiati politici in Brasile, hanno dovuto attendere almeno tre mesi prima di ottenere la regolarizzazione dal Planalto, accampati in una sorta di limbo giuridico nella città di Tabatinga (stato di Amazonas) in condizioni disumane, aiutati esclusivamente dalla popolazione del luogo per le necessità primarie, hanno dormito all’aperto e senza la possibilità di mantenersi in quanto sprovvisti della carteira de trabalho. Situazione simile per un altro gruppo di migranti bloccati nella città peruviana di Iñapari, al confine con lo stato brasiliano dell’Acre e con la Bolivia. Alla fine la situazione si è risolta nel migliore dei modi, ma solo perché il Planalto ha deciso di concedere il visto dopo mille distinguo ed un infinito tira e molla. Il secondo: non era così scontata la regolarizzazione da parte del governo argentino, in un contesto in cui la destra, soprattutto a Buenos Aires, cavalca ogni minimo focolaio e situazione di disagio. Mauricio Macri, imprenditore ed uomo di punta della destra, ha più volte soffiato sul fuoco del conflitto: due anni fa le sue squadracce hanno dato l’assalto alle famiglie di migranti peruviane, boliviane e paraguayane che popolavano il parco Indoamericano, nel quartiere della capitale Villa Soldati, in una sorta di guerra tra poveri che ha scatenato gli istinti peggiori di una parte del sottoproletariato argentino. Due esempi per dire che quello proveniente dalla Casa Rosada mi sembrava un buon segnale.
    Come ha precisato Daniele, il mio intento era quello di lodare un’iniziativa con i caratteri minimi di civiltà e democrazia che in tutto il mondo sembrano merce rara: non ho mai scritto che le migrazioni sud-sud sono state inventate dagli argentini. Infine, non ho capito perché il mio articolo avrebbe dovuto essere patriottico: a parte il fatto che sono italiano, non lo sono assolutamente, tutt’altro.

    • Gracias Sandra por el ” grazie”. Yo tambien no soy argentino aun luego de ROMA soy hincha de BOCA. Espero que tu tambien lo seas. Il chiaro chiarimento di David chiarisce e da anche maggiori informazioni sulla emigrazione / immigrazione sud sud in America Latina. Due interventi molto stimolanti ad approfondire il tema e a lottare affinché nessun essere umano sia considerato un clandestino.

  • nessun essere umano dev’essere clandestino, su questo siamo d’accordo, pero pensate le differenze prima di lodare o accusare i diversi comportamenti dei paesi in questione: L’Italia è un paese piccolo e sovrappopolato, l’Argentina è un paese enorme e con poca popolazione. E’ facile dire, vieni a casa mia che c’è posto…

  • Scusate amici, mi pare che la mia critica, che vuole essere costruttiva altrimenti non l’avrei scritta, abbia prodotto degli effetti inaspettati. Siamo tutti d’accordo sui diritti delle persone migranti (chi mi conosce, sa che ne scrivo da molti anni, in particolare nel libro La mia casa è dove sono felice), ma il tono dell’articolo di Lifodi mi ha irritato, soprattutto nel suo incipit e nella conclusione. Ho, quindi, segnalato l’opportunità di far parlare i fatti, senza indulgere in commenti esaltatori che non aiutano il dibattito ma anzi rischiano (e lo dico per esperienza) di limitarlo a quelli che la pensano allo stesso modo. Ringrazio Lifodi per l’interessante e utile postilla, era quello che auspicavo.

  • Tigre, sono del Tigre e, pare merito, della Reggina. Lontana, molto lontana del Boca, mi dispiace.

  • Ciao Max, l’importante è essersi chiariti! Non era mia intenzione lanciarmi in commenti esaltatori, se comunque ti ho dato questa impressione l’ho fatto in totale buona fede. Di solito non è mia abitudine esaltare acriticamente un governo, un’iniziativa o un movimento. Ad esempio, per rimanere all’Argentina, ho scritto più volte sui progressi del paese in tema di diritti umani (vedi i processi a molti militari della dittatura), e sul governo che ha fatto propria la campagna delle Abuelas per il diritto all’identità dei figli dei desaparecidos, ma anche sulle dimenticanze ed omissioni della stessa Casa Rosada in merito ai problemi delle comunità indigene. Oppure, varie volte ho parlato delle contraddizioni delle Revolucion Ciudadana di Correa in Ecuador o del percorso non molto condivisibile che ha condotto Morales ad approvare il Tipnis in Bolivia.
    Ho letto il tuo articolo sulle carceri in Venezuela, immagino che sia stata un’esperienza coinvolgente anche se dura: davvero complimenti! Avevo letto la notizia degli scontri in carcere, ma il tuo approfondimento mi è stato molto utile.

  • Grazie David, mi fa piacere che ci siamo capiti. Era la prima volta che ti leggevo, ma d’ora in poi seguirò con interesse le tue cronache latino-americane. Alcuni articoli che ho scritto sulla situazione venezuelana sono reperibili nel mio blog (la link cliccando sul mio nome).

    • Max ho visitato quello che hai messo in rete e ci sono cose interessanti. Cercherò di procurarmi Patagonia controvento. Conosco la Patagonia non come ciclista, ma voglio leggere quello che hai scritto su questa terra speciale da un punto di vista speciale quello del ciclista viaggiatore. Ciao.

  • Grazie Francesco. I commenti (al libro) sono benvenuti. Ciao

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