Armstrong (ma quale?) che truffò il mondo
E’ un drogato: Armstrong deve rinunciare a tutti i suoi riconoscimenti. La notizia sconvolgente, di pochissimi giorni fa, riguardava però Lance (in effetti «mercenario») il ciclista. Ma anche l’altro celeberrimo Armstrong – il primo uomo che fece piedino alla Luna – cioè Neil da tempo era accusato di essere un truffatore. Sull’onda di un romanzo poi diventato film («Capricon One» che parlava di Marte ma spianò la strada ai dubbi) e poi del bestseller ciarlatano di Bill Kaysing («Non siamo mai andati sulla Luna») nell’opinione pubblica si è fatta strada la convinzione che Neil Armstrong – morto sabato – e i suoi soci fossero gli attori di un costoso film propagandistico. Il falso sbarco lunare doveva risollevare il morale degli Usa stretti fra la difficile gara spaziale, gli invincibili vietcong e un dissenso interno che rischiava di esplodere.
Da un punto di vista tecnico possibile… ma certamente non andò così: ci sono prove e controprove di quell’allunaggio come dei successivi. Ma se tanti oggi vogliono credere il contrario è un segnale interessante che la paranoia dei complottardi e le bugie dei governi si nutrono l’una delle altre ingrossandosi così sempre più.
Beh, a essere cattivi di una piccolissima truffa anche Neil Armstrong si macchiò. Sullo stile dell’improbabile «Il dottor Livingstone suppongo» che si attribuì Henry Stanley (un imbroglione travestito da giornalista)
anche Armstrong quel fatidico giorno pronunciò un paio di frasi precotte. Quella destinata a passare alla storia era «un piccolo passo per un uomo ma un balzo gigantesco per l’umanità». Ma anche l’altra citatissima – «Houston, qui Base della Tranquillità. L’Aquila è atterrata» – era probabilmente stata costruita a tavolino. E’ stata invece subito cancellata dalle memoria e persino dagli archivi la frase spontanea e involontariamente poetica che Armstrong disse mettendo giù il piede: «la sto toccando, è soffice, una specie di sabbia».
Di altre truffe (a esempio candidarsi per il Senato come molti suoi colleghi astronauti) Neil Armstrong non è colpevole. Anzi ha continuato con onestà a sostenere che il nostro futuro è là, fra le stelle. Magari fra sè e sè canticchiando le strofe di «We Have All The Time in the World» che venne scritta da un altro che di cognome faceva Armstrong: era il vecchio Luis che da solo, voce roca e tromba magica, vendette più dischi dei 4 Beatles.
UNA BREVE NOTA
Questo mio corsivo è uscito (sull’«Unione sarda» di ieri) all’interno di una pagina che ricordava Neil Armstrong e l’allunaggio. Delle ragioni, dei limiti e degli imbrogli alla base della conquista spaziale ho scritto varie volte qui in blog. Vi segnalo: Ci serve Gagarin, 50 anni dopo? e poi (per il centenario della nascita) Von Braun, il genio e il boia. Con questo post, legato all’attualità, e con il successivo di Maria G. Di Rienzo spezzo nuovamente il digiuno agostano ma vi ricordo che il blog torna “a pieno regime” solamente sabato 1 settembre, con i consueti tre post al dì. (db)