Astier, Buondonno, Holt, Vázquez Montalbán e Aa.Vv per delitti “di vino”
cinque recensioni giallo-noir di Valerio Calzolaio (*)
Autori vari
«Delitti diVino»
Todaro 2008
Crimini per le vigne italiane dell’ultimo ventennio. Nessuno conosce il vero lavoro di Epifania, è agente di servizi di sicurezza. A fine settembre torna in Monferrato (provincia di Asti) per il pranzo di nozze del cugino Amedeo, che peraltro con Mariola ha già un ragazzino di 10 anni. L’azienda agricola familiare non c’è più, i campi sono stati dati in affitto, in zona fra l’altro si produce un’ottima uva da grignolino, poi conferita alla cantina sociale. Di notte Epi s’accorge di loschi appuntamenti tra i filari, non capisce bene se si tratta di crimini e criminali, indaga. La questione è la vietata aggiunta di zucchero, una sofisticazione alimentare (ammessa in Francia). Interviene con equilibrio e determinazione. Pur considerando che le bottiglie italiane si trovano ovunque nel mondo (dal Centro America all’Iraq) se si parla di vino tocca più al Piemonte che alla Lombardia, più alla Toscana che all’Emilia, anche a riguardo di omicidi e ricatti, incendi e rapine, minacce e vendette.
Nel volume di 14 racconti (edito qualche anno fa) il compianto Carlo Oliva narra durante il “tempo di vendemmia”, con i consueti garbo e ironia, un’attività in passato molto diffusa in campagna: rafforzare e stabilizzare il grado alcolico del mosto aggiungendovi zucchero. Gli altri racconti sono opera di Brera, Canciani, Foschi, Luisa Gasbarri, Marcotullio, Mazzotta, Parigi e Sozzi, Luciana Scepi, Tornaghi, Valentini, Nicoletta Vallorani, Villani, Zamberletti. L’idea di raccolte a tema frequentemente negli ultimi anni si è rivelata carina e interessante (Todaro e Sellerio hanno una notevole “scuderia”). Il vino è qui talora arma o tramite di violenza oltre che di cultura, in pochissimi casi resta solo uno spunto; pare proprio che gli autori si siano documentati con dovizia personale, sopra e sotto i filari, in enoteche e cantine, fra enologi e sommelier, preferendo i rossi e accompagnandosi spesso con buona musica. Talora le inebrianti etichette (a esempio il Tolentino e il Sassetto) sono inventate.
Ingrid Astier
«Omicidi sulla Senna» (originale 2010, «Quai des enfers»; traduzione di Sergio Arecco)
Bompiani 2014
Parigi. Dicembre 2008 – maggio 2009. Durante una gelida notte la squadra della Brigade Fluviale, trova una barca abbandonata sulla Senna proprio sotto le finestre della Brigade Criminelle. Il soccorritore Rémi Jullian, single alto e atletico, incredibili occhi azzurri, esperto ed eccentrico, scopre il lenzuolo in cui è avvolta la modella 30enne Kéa Sambre, bella elegante sensuale, capelli neri e lisci, morta per asfissia meccanica. A guidare le indagini arriva lo scrupoloso Jonathan Desprez, Jo il Reverendo, caposezione della squadra omicidi, ben sposato con due figlie, testa massiccia e gambe sottili, avido di noccioline e cioccolato, sorpreso dal biglietto da visita rinvenuto sulla vittima, appartenente a Camille, profumiere gay, il suo miglior amico. Cinque giorni dopo muoiono in casa un notissimo art director e il maggiordomo nano, conoscevano bene Kéa. Poi la notte del 31 vengono rinvenute un’altra barca e un’altra bella ragazza assassinata, connessa alle precedenti vittime. Forse non si tratta di uno stesso killer, qualcuno continuerà a uccidere.
La 39enne Ingrid Astier, originaria della Borgogna, ha trascorso molto tempo a Parigi presso la Crime, la Brigade Criminelle, al celebre 36 di Quai des Orfèvres. Poi si è molto documentata con studi e giri prima di scrivere il suo bel romanzo, vincitore di vari premi francesi nel 2010, un’originale storia con risvolti artistici, effluvi scientifici, ricette profumate, acumi ornamentali, competenze enologiche e tipografiche. Consigliabile anche come guida diversa delle rive droite e gauche: ponti lampioni quai, prostitute bouquinistes senzatetto, bistot da frequentare o ritrovare (Baratin, Ėcume, Navigator), luoghi affascinanti (Chinagora, Place Mazas, Far East, Bout-des-Lacs e tanti altri). Protagonista è la Senna, carogna e complice dei delitti. Fuori dal lavoro, si mangia con gusto la “blanquette” alla vaniglia e si brinda con Billecart-Salmon. La musica sfonda ovunque, da Vivaldi a Ligeti. Ne vien fuori un libro ridondante. Troppo?
Lidia Buondonno
«Un caffè per Blanco»
Albatros
pagine 142 per 12,90 euro
Fermo e Roma. Luglio 2014. Il nuovo serio silenzioso bel commissario Blanco, di origine napoletane, dopo una discreta carriera, approda nelle Marche in un buco di posto dove non succede mai niente. Al Lido trovano però una donna strangolata in casa con sciarpa di seta, la 63enne romana Irma Santarelli, pediatra in pensione, vedova da venti anni, due figlie separate (la giornalista con nipotina, l’altra medico senza figli). Fra ricordi e incubi, il poliziotto indaga in spiaggia (dove c’è Nive) e nella capitale (dove c’è il Colonnello), emergono anche oscure trame criminali metropolitane e internazionali. Buon esordio letterario per la 56enne psicoterapeuta Lidia Buondonno, garbato e interessante.
Anne Holt
«Quota 1222»
Traduzione di Margherita Podestà Heir
Einaudi 2015
Finse, Alpi norvegesi. Quattro giorni di febbraio 2007. L’uragano Olga fa deragliare un treno, muore il macchinista. Feriti e sconvolti i 268 passeggeri vengono a stento condotti in salvo, perlopiù in un albergo confortevole, vi restano isolati perché la bufera peggiora, oltre 30 gradi sottozero, tutto coperto di neve. Fra di loro c’è anche la 47enne Hanne Wilhelmsen, da 4 anni sulla sedia a rotelle, stava andando a Bergen da un americano specialista di lesioni alla spina dorsale. Vive a Oslo con la compagna Nefis, la loro figlia Ida di quasi 4 anni e la governante Marry, è omosessuale e ombrosa, tappata in casa. Prima che un proiettile le avesse tranciato il midollo spinale, era stata brava poliziotta per oltre un ventennio: suo malgrado, si trova costretta a indagare sull’omicidio di due sacerdoti una notte dopo l’altra, Cato sparato con pistola, Roar infilzato con ghiacciolo. Il mistero è completato dagli appartati ospiti dell’ultima carrozza: una principessa?, una personalità?, un terrorista? Con relative guardie del corpo!
Anne Holt (1958), laureata in legge, giornalista dal 1984, avvocato dal 1994, ministro della giustizia norvegese nel biennio 1996-97, ha pubblicato ora in Italia un altro bel giallo, l’ottavo della serie iniziata nel 1993. Nel frattempo ha scritto anche tanto altro, di genere e non solo. Considera il movente il buco della serratura dell’atto criminale, l’indagine serve a capire le connessioni, ben diverse dalle casualità. E, non a caso, ci sono altri morti in poche ore, oltre agli assassinati. L’amata protagonista ha maturato quasi il peggior carattere di eroe seriale che si ricordi. E, non a caso, il suo contraltare è nel romanzo Berit (nome di un’autrice che aveva scritto a quattro mani altri romanzi della serie), splendida deliziosa efficiente direttrice dell’hotel. Il titolo fa riferimento all’altezza montana dell’ambientazione. Le specialità alimentari sono succulenti e locali: “sluskesuppe” e “mulligatawny”, poi zuppa di cavalfiore e arrosto di cervo.
Manuel Vázquez Montalbán
«Galindez»
traduzione di Hado Lyria
Sellerio 2015 (originale: 1990, prima traduzione italiana: Frassinelli 1991)
Paesi baschi, New York, Caraibi. Seconda metà del secolo scorso. Nel 1988 la rossa Muriel Colbert, studentessa a Yale, va ad Amurrio con il bel Ricardo, un ragazzo che le piace e può esserle utile: sta scrivendo la tesi sulla oscura vicenda di un giurista e scrittore martire della patria basca. Jesús (de) Galíndez Suárez era cresciuto lì; quasi 41enne, il 12 marzo 1956 scomparve a Manhattan. Sempre come “ambasciatore” del Partito Nazionale basco in esilio, aveva insegnato prima nella Repubblica Dominicana poi a New York, dove si era trasferito e aveva appena presentato un testo contro Trujillo; fu proprio il dittatore dominicano a farlo rapire, torturare, uccidere. Muriel trova solo una piccola stele di pietra a ricordarlo, allora parte per Santo Domingo. La Cia, tramite un cubico agente, non la perde di vista, cerca di sviarla e fermarla, ricatta il suo stesso amato professore. Eppure, ogni volta che Muriel sta per rinunciare, capita qualche nuova informazione e lei riparte, l’impegno per la verità è etico, una forma di resistenza.
Un romanzo meraviglioso su un personaggio vero, misto colto e raffinato di realtà e finzioni, che si sovrappongono e intrecciano, anche nei tempi storici. Dopo oltre 4 anni di ricerche ovunque possibile, con depistaggi e intimidazioni (simili a quelli subiti da Muriel), il grande Manuel Vázquez Montalbán (1939-2003) lo pubblicò nel 1990, ebbe un premio in Spagna ed edizioni ovunque, anni dopo ne venne fuori anche un film con Harvey Keitel. Meritoriamente ora Sellerio lo ripropone con la stessa affettuosa immancabile traduzione di Hado Lyria, della quale colloca le noti finali del 1991 all’interno del testo e aggiunge solo poche pagine di commento (scritte nel 1991) a fine testo: “la solitudine degli innocenti”, dedicate al romanticismo militante e al pensiero ironico. La funzione storica e sociale della narrativa noir francese e italiana nell’ultimo quindicennio molto dipende dai grandi scrittori di lingua spagnola di una generazione precedente. Imperdibile e sempre vivido.
(*) Le recensioni di Valerio Calzolaio negli ultimi 14 anni sono state pubblicate su «Il salvagente», settimanale che ha dovuto sospendere l’uscita in edicola dal primo gennaio. Lui continua a inviarle nella formula che aveva concordato con la direzione. (db)