Attivista curda scambiata per scafista, in cella in Italia

Combattente contro il regime iraniano scambiata per scafista: il dramma di Maysoon Majidi, sbattuta in cella in Italia

La regista curda iraniana è in cella nel carcere femminile di Castrovillari dai primi di gennaio con l’accusa di essere una scafista. E non capisce perché. Secondo il decreto Cutro con quest’accusa si rischia fino a trent’anni se ci sono morti.

di Angela Nocioni (*)

L’interprete che avrebbe dovuto tradurre lei e due testimoni ha travisato quasi tutto quel che ha sentito. L’aveva anche rassicurata: “Tranquilla, ti liberano subito”. Invece, per una serie di errori inauditi ed assai frequenti, lei è in cella nel carcere femminile di Castrovillari dai primi di gennaio con l’accusa di essere una scafista. E non capisce perché.

Secondo il decreto Cutro con quest’accusa si rischia fino a trent’anni se ci sono morti. In questo caso non ci sono vittime, quindi lei rischia una pena dai cinque ai dieci anni. Da quando è in prigione è riuscita a parlare solo venerdì alle 14 con il suo avvocato, Giancarlo Liberati, che ha assunto l’incarico due settimane fa. Ha 27 anni, si chiama Maysoon Majidi ed è una regista e attrice curda iraniana, molto nota per aver combattuto esponendosi in prima persona contro il regime islamista.

Non ci voleva molto a capire chi fosse. Basta digitare il suo nome in rete e piovono documentari suoi di denuncia della violazione dei diritti in Iran. Parla di lei il sito della Bbc, ci sono in rete molte sue fotografie. Fa parte dell’organizzazione per i diritti umani Hana human rights organization, ha manifestato a suo rischio e pericolo contro l’omicidio di Masha Amini ed è persona nota agli uffici Onu.
In realtà sarebbe stato sufficiente chiederle, appena fermata a Crotone dalla Guardia di finanza, se parlasse inglese, lingua che lei conosce. Ma nessuno gliel’ha chiesto. Quindi, per una assurda storia di fischi presi per fiaschi, da un mese è in cella con l’accusa di essere una trafficante di esseri umani. Invece era una delle 59 persone stipate sottocoperta nella barca a vela incagliatasi senza affondare a Capodanno nella costa crotonese.

Usando il gommoncino di bordo lei ed altre quattro persone – incluso suo fratello e un cittadino turco, Ufu Aktur, che ha poi confessato di essere il capitano della barca a vela – sono arrivate a terra. La Procura di Crotone sostiene che due migranti a bordo l’accusano.
I due, nel frattempo andati in Germania, rintracciati dall’avvocato Liberati, hanno raccontato di non aver mai detto che la ragazza era una scafista, ma di aver detto – interrogati appena fermati quindi nella confusione totale nella quale vengono puntualmente prese e non vagliate queste dichiarazioni di persone che hanno fretta di potersi allontanare liberamente – che lei li aveva aiutati.
Dice l’avvocato Liberati: “Li ho rintracciati io in Germania e mi hanno mandato due video in cui spiegano che lei era una passeggera, stava sotto coperta come loro e che loro non hanno mai detto alla Guardia di finanza quel che viene loro attribuito”.

Sarebbe stato sufficiente mettere a confronto l’accusata con i testimoni, invece ai due dichiaranti dalle cui parole travisate è stata estrapolata l’accusa, è stato permesso di lasciare l’Italia e a più di un mese dall’arresto nessuno ha ancora disposto l’incidente probatorio. Agli inquirenti di Crotone non è bastata nemmeno la confessione del cittadino turco, Ufu Aktur, che ha ammesso di essere lui il capitano della barca e ha spiegato che Maysoon Majidi era una dei migranti a bordo.
Lei ha con sé la ricevuta del pagamento di 8500 dollari fatto per imbarcarsi.
Hanno pagato 8500 dollari a testa lei e suo fratello in Turchia. Dopo averne pagati altri 15mila a dei truffatori per un viaggio mai fatto. Maysoon ha con sé anche un certificato dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, che dimostra che lei è una richiedente asilo. L’ha avuto nell’agosto del 2023 in Iraq dove si era rifugiata.

Dice l’avvocato Liberati: “Siamo nella fase delicatissima delle indagini preliminari, sto facendo richiesta di interrogatorio per informazioni fondamentali di cui sono in possesso. Sa, io non ce l’ho coi magistrati perché spesso assumono decisioni sulla base di informazioni fuorvianti ed errate. Ha avuto un ruolo in tutto ciò una chiamiamola asimmetria informativa per pessima traduzione. Ma le traduzioni di queste dichiarazioni prese subito dopo lo sbarco andrebbero mostrate perché io ne ho viste centinaia e sono quasi tutte uguali, sembrano fatte col copia incolla.
Comunque ora Maysoon finalmente si è un po’ rasserenata, è scappata da una situazione drammatica e non capisce perché diavolo si trovi in prigione ora che è in Italia. Un dettaglio può in parte descrivere la situazione terrificante di disperazione in cui si trovano tutte queste persone alle quali poi, nella confusione più totale, spesso di notte appena toccato terra, si prendono dichiarazioni tradotte dio sa come che poi diventano accuse.
Maysoon
– dice il suo difensore – mi ha confermato di essere stata sempre sotto coperta tutto il viaggio, l’ultimo giorno di viaggio ha avuto le mestruazioni ed è riuscita ad ottenere il permesso di salire sovracoperta per respirare perché si sentiva male.
E questo, nella disperazione generale, può aver generato l’invidia e l’equivoco”.

Al pubblico ministero Rosaria Multari della Procura di Crotone verrà chiesta dalla difesa l’interrogatorio e, quanto meno, la sostituzione delle misure cautelari

(*) Tratto da L’Unità.

alexik

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