Balotelli, la doppia colpa di un “italiano con permesso di soggiorno”
Intervista di «Redattore sociale» a Mauro Valeri, autore del libro «Mario Balotelli, vincitore nel pallone»
«E’ un ragazzo solo, l’Italia non lo ha mai amato. E come altri nella sua condizione, deve sempre dimostrare di più. E se sbaglia, paga il doppio»
26 giugno 2014
ROMA – «Il caso Balotelli? Tutto quello che avviene su di lui è qualcosa di troppo. Balotelli fa uscire fuori gli aspetti peggiori dell’Italia». Mauro Valeri, sociologo, ex direttore dell’Osservatorio nazionale sulla xenofobia e dal 2005 responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio, ne è convinto: l’attaccante della nazionale, uscito male dai Mondiali brasiliani (come tutta la squadra), attaccato da tecnico e compagni di squadra e, soprattutto, autore ieri di uno sfogo che chiamava in causa il suo essere “nero” e il fatto di pagare personalmente per questo fatto, è vittima del fatto di non essere mai stato amato.
Sulla vicenda stanno parlando in tanti. Valeri ha scritto un libro – appena uscito – dal titolo «Mario Balotelli, vincitore nel pallone» (Fazi editore), con la prefazione di Lilian Thuram, ex difensore della Juventus e della nazionale francese, attivista da sempre per la tutela dei diritti e contro atteggiamenti e movimenti xenofobi e razzisti.
Afferma Thuram nella prefazione del libro: «Bianchi non si nasce, si diventa. Neri non si nasce, si diventa. Ho imparato questa regola sulla mia pelle (…). Penso che negli stadi Balotelli venga offeso perché è nero, giovane, bravo, ricco e bello. Lo insultano per dirgli: puoi anche essere giovane, bravo, ricco e bello, ma per noi resti un nero, e noi siamo superiori a te semplicemente perché siamo bianchi. È un razzismo frutto dell’invidia e della rabbia. Qualcuno ha provato a giustificare quegli insulti lamentandosi che lui non è simpatico. Ma allora perché l’offendono per il colore della sua pelle? Perché dicono che non esistono neri italiani? Io penso che il mondo del calcio possa fare molto, perché il calcio è una parte della società e della nostra cultura».
Torniamo a Valeri. Che sottolinea appunto: «Balotelli non è amato, l’Italia non lo ha mai amato e apprezzato. E questo assalto ne è un esempio. Tante cose stanno lì a testimoniarlo. Se Balotelli nell’ultima partita avesse preso un cartellino rosso, tutti avrebbero titolato dando la colpa a lui dell’eliminazione. Invece è stato espulso Marchisio e la colpa è dell’arbitro. Si ricorda il gol sbagliato contro il Costa Rica, nessuno invece cita i “colpevoli” dei 3 gol incassati dall’Italia nelle tre partite che ci sono costate l’eliminazione. Vengono attribuite a lui colpe eccessive, che poi sfociano sul colore della pelle. Sono sei anni che su questo fatto c’è una pressione eccessiva. In questo Mondiale ho visto calciatori giocare molto peggio di lui, ma evidentemente hanno ottimi uffici stampa e nessuno li tocca».
Facciamo gli avvocati del diavolo. Forse lui fa poco per farsi amare. Forse non tutto è razzismo. Forse certi suoi comportamenti…
«Perchè? Non sono d’accordo. Parliamo della sua vita fuori dal campo? Anche lì atteggiamenti e reazioni sono diverse. Quando ha twittato la sua richiesta di matrimonio alla fidanzata, tutti a parlarne, a dire che erano cose che lo distraevano. Ma in queste settimane anche altri “senatori” hanno vissuto situazioni sentimentali “particolari”, problemi… Pensiamo a Pirlo, a Buffon… In questo caso nessuno ne parla! In questo caso il gossip non vale».
Due pesi e due misure?
«Esattamente. Ho scritto e fatto ricerche su molti atleti neri italiani, su sportivi di successo. Ne ho sentiti a decine. E tutti mi hanno risposto allo stesso modo: “Da noi l’Italia si aspetta sempre il doppio, ma appena commettiamo una scemenza, appena sbagliamo qualcosa paghiamo il doppio degli altri”. Me lo hanno detto atleti come Fiona May, come il pugile Kalambay, ecc».
Torniamo a Balotelli. Da una parte si dice che è solo e non amato, dall’altro che è un simbolo
«E’ così. Sul piano tecnico-calcistico Balotelli è un ragazzo che sente moltissimo le partite. Per di più è molto critico con se stesso, e questo lo penalizza doppiamente. Ma anche in questo caso nessuno lo aiuta. Neanche Prandelli lo ha aiutato. Al discorso razzista che Balotelli vive sulla sua pelle (non so dire se nello spogliatoio sono volate anche parole di un certo tipo) si è innestata poi una guerra generazionale fra vecchi e nuovi calciatori. E poi, ribadisco, pesa il fatto della solitudine. E questo anche se è un idolo, un mito soprattutto per i ragazzi di seconda generazione. Fra twitter e facebook lui ha qualcosa come 9 milioni e 200 mila follower! Buffon, solo per fare un paragone, ne ha 3 milioni. Il paradosso però è che è solo. Obbligato a difendere se stesso. Non ha un club che lo difende alle spalle, non ha allenatori che stravedono per lui, non ha nessuno».
Sullo sfondo rimane il razzismo
«Non è lui che si è inventato l’insulto che gli viene vomitato dagli spalti di “non essere italiano”. Diamo per scontate troppe cose. Prima della gara con l’Inghilterra, i giornali titolavano: “Ultima chiamata per Balotelli”. Dopo il gol, invece: “Balo, il re della giungla”! Spesso lo abbiamo visto sui giornali citato con abbinamenti azzardati… C’è una descrizione, una lettura razzista della sua vicenda. E lui è sempre più solo. Mi chiamano da tutte le parti del mondo per chiedermi: “Ma cosa sta succedendo in Italia con Balotelli?”. Non capiscono, chiaramente.
Chiudiamo con il passo iniziale del libro di Valeri. Scrive l’autore: «Mario, è nato in Italia, non è mai migrato e si è sempre sentito italiano. Ma se la “colpa” di chi emigra può essere quella di aver lasciato il proprio Paese e di aver sperato di trovare fortuna in un altro, qual è quella dei suoi figli? Questa e molte altre sono le domande che si pongono i ragazzi e le ragazze di seconda generazione, cioè i figli di immigrati, che si trovano a vivere nell’assurda condizione di “italiani con il permesso di soggiorno”, cittadini di serie B ritenuti “colpevoli” di un peccato che pure non hanno commesso. Ed è ciò che è accaduto anche a Mario per i suoi primi diciotto anni». (daiac)
(*) ripreso dall’agenzia «Redattore sociale» di ieri; colgo l’occasione per consigliarvi di seguirla (è anche possibile chiedere la newsletter: info@redattoresociale.it, abbonamenti@redattoresociale.it ). Sto leggendo il libro di Valeri e prossimamente ne parlerò in blog; con ogni evidenza ha ragione sulla tesi di fondo. Come sa chi segue spesso codesto blog Mauro Valeri ha scritto molti libri, tutti belli; in blog trovate pure un ragionamento (con un quiz… addirittura) intorno a «Le mie stelle nere» di Thuram che qualche volta ho “saccheggiato” anche per le «scor-date». (db)
VI SEGNALO ANCHE QUESTO:
Io sto con Mario Balotelli