Bayer e soldi: 100 anni (e più) da ricordare
Il signor Werner Baumann, amministratore di Bayer – sì, quello che dispensa miliardi di pastiglie in ogni farmacia del pianeta e che nel 2018 ha comprato la Monsanto – è appena andato in Messico per celebrare i 100 anni (in Italia sono 25 in più) di un’azienda che, per far onore al suo solo principio etico – guadagnare – nel suo ripugnante curriculum può associare alle attività produttive i momenti più orrendi della storia recente dell’umanità: dallo Zyklon B usato nelle camere a gas di Auschwitz all’Agent Orange, la più nota delle armi chimiche utilizzate in Vietnam ma ben conosciuta anche in Italia, soprattutto a Seveso, con il nome di diossina. Anche il più diffuso frutto velenoso contemporaneo della ricerca scientifica di un’azienda che fino al 1925 commercializzava uno sciroppo per la tosse contenente eroina è assai noto. Si chiama glifosato, è il veleno agricolo più utilizzato nel pianeta, e negli Stati Uniti è stato al centro di 138mila procedimenti giudiziari.
di Silvia Ribeiro (*)
Nei giorni scorsi il direttore globale di Bayer (proprietaria della Monsanto) è venuto in visita in Messico. Ha annunciato – come si trattasse di concedere un favore e non di far maggiori profitti – che stanno valutando la possibilità di investire 361 milioni di dollari, “sebbene [il Messico] dovrebbe migliorare le condizioni per favorire investimenti nel suo territorio”, per poi sottolineare che dunque chiederanno di modificare a favore dell’investimento le normative esistenti.
L’occasione della visita era di commemorare i 100 anni della presenza in Messico. In un secolo la Bayer ha accumulato ogni tipo di ignominia a livello globale. Ad esempio, la vendita di eroina come rimedio per la tosse, con la creazione del consorzio tedesco IG Farben (in seguito scorporato in Bayer, BASF e Hoechst), che ha inventato e venduto anche un pesticida altamente tossico, meglio noto come Zyklon B gas.
IG Farben ha collaborato con il nazismo e ha fornito quel gas per l’utilizzo nelle camere di sterminio dell’olocausto, mentre si arricchiva con il lavoro schiavo dei campi di concentramento. Al di là di un noto analgesico, il core business della Bayer è stato la vendita di veleno caratterizzata da un’assoluta mancanza di scrupoli.
Anche la Monsanto ha una storia tremenda: fabbricazione di armi chimiche, come il noto Agent Orange; imbrogli per trarre profitto dalla vendita di sostanze tossiche, dai PCB al glifosato, dicamba e altri. L’utilizzo dei veleni non è riservato solo all’agricoltura, ci sono anche gli ormoni transgenici per il bestiame e i discussi additivi per mangimi. L’acquisto di Monsanto da parte di Bayer ha messo insieme la storia nera di ciascuna di esse e reso più evidente l’etica che le anima.
Sarebbe una vergogna per chiunque ricordare 100 anni così, tutto indica invece che il motivo di questa visita di Bayer sia piuttosto fare una dichiarazione, lanciare un avvertimento in difesa del mais transgenico e dei veleni agricoli come il glifosato e fare una velata denuncia sui cambiamenti che hanno autorizzato in Messico l’acquisto ufficiale di medicinali attraverso l’ONU.
Bayer-Monsanto è attualmente la più grande azienda al mondo nella vendita di sementi industriali, la prima nella vendita di semi transgenici, la seconda nelle vendite globali di prodotti chimici per l’agricoltura e una delle 10 maggiori aziende farmaceutiche mondiali. Il Messico è un mercato importante per Bayer-Monsanto. Ad esempio, insieme a Corteva (fusione delle società DuPont e Dow) controlla oltre il 90 per cento della vendita industriale di semi di mais.
Nel luglio scorso, il giudice Francisco Javier Rebolledo ha concesso alla Monsanto una proroga nei confronti di un decreto presidenziale del dicembre 2020 che ordina alle agenzie corrispondenti di non approvare la semina di mais transgenico e di sostituire l’uso del glifosato in vista della sua eliminazione nel 2024. Sebbene questo decreto consenta di utilizzare degli escamotage per continuare a importare mais transgenico e utilizzare il glifosato, l’industria agrochimica vuole impedire qualsiasi cambiamento, motivo per cui sono stati presentati più di 40 amparos contro di esso.
Quelle eccezioni concesse alla Bayer-Monsanto prendono in esame solo dati forniti dalla transnazionale e non tengono conto del gran numero di documenti scientifici che mostrano invece l’elevata tossicità del glifosato, compreso il suo potenziale cancerogeno, così come stabilito dall’OMS nel 2015 e come mostrato in altri studi scientifici recenti.
Allo stesso modo, ignorano del tutto il fatto che in varie zone rurali dello Stato di Jalisco (e in altri Stati della federazione del Messico) sono stati trovati residui di glifosato e altri pesticidi nelle urine di tutti i bambini delle scuole prelevati, una situazione gravissima che richiede cambiamenti immediati.
Dopo l’acquisto della Monsanto, Bayer ha dovuto affrontare più di 138mila procedimenti giudiziari relativi al glifosato solo negli Stati Uniti, sono stati intentati da parte di vittime di cancro o delle loro famiglie. Da allora, la Bayer ha perso tre cause legali emblematiche – promosse da Dewayne Johnson, Edwin Hardeman e dalla coppia Pilliod – in cui è stato dimostrato che la Monsanto sapeva che il glifosato era altamente pericoloso e potenzialmente cancerogeno e lo nascondeva. È stato questo l’elemento decisivo per i giudici per concordare con i promotori delle cause e decidere per ciascuno dei casi presi in esame di pagare decine di milioni di dollari di danni e risarcimenti. Bayer ha portato il caso alla Corte Suprema, che si è pronunciata nel 2021 a favore delle vittime.
Nel processo, un giudice della California ha ordinato di rendere pubbliche migliaia di pagine di documenti che la Monsanto manteneva riservati. Dimostrano che l’azienda sapeva della pericolosità del glifosato, che falsificava documenti scientifici, che cercava di influenzare con metodi dubbi, fuorvianti o probabilmente illegali le decisioni delle agenzie di regolamentazione e di altri.
Questa valanga di prove è diventata Monsanto Papers ( https://usrtk.org/monsanto-papers/ ), parte dei dossier si può leggere anche in spagnolo (https://monsantopapers.lavaca.org/ e qui una copertina di Internazionale dedicata al caso nel 2017).
Per cercare di fermare la pubblicità negativa, Bayer ha accettato un accordo in via extragiudiziale per la quale ha stanziato finora 16,5 miliardi di dollari. Ci sono tuttavia ancora circa 30mila cause pendenti. Allo stesso tempo, Bayer ha annunciato che nel 2023 avrebbe smesso di vendere il glifosato per uso domestico e giardinaggio negli Stati Uniti.
Si tratta, con ogni evidenza, di un altro esempio dell’etica della Bayer-Monsanto: si dimostra che conosce i danni, smette persino di vendere negli Stati Uniti in alcuni settori, ma vuole che il Messico non possa decidere liberamente come proteggere la salute dei suoi abitanti.
(*) Fonte: La Jornada
Link all’articolo originale: https://comune-info.net/cento-anni-da-ricordare
Traduzione per Comune-info: Marco Calabria
NOTA DELLA “BOTTEGA”
«Avevamo messo nel titolo «Bayern» invece di «Bayer»; grazie a chi ci ha segnalato questo errore clamoroso.
Molto bene benissimo.
Bayer, compagni bottegai, non Bayern come dice il vostro titolo. Ah, quanti danni fa il pallone…
Grandi abbracci
Marco
care e cari, forse tante persone hanno notato il titolo sbagliato (Bayern invece di Bayer) e non hanno detto nulla per pietà
poi Marco Calabria (di Comune-info) giustamente ha affondato il coltello … ma grazie anche per gli abbracci
lascio l’errore per un paio di giorni – che tutti possano gridare “gooool” a nostra vergogna – e poi lo correggo
db
Per chi è un po’ avanti negli anni e ha frequentato – per un motivo o per l’altro – la redazione di un quotidiano o periodico che sia, la figura del correttore di bozze era familiare. Anzi, era essenziale. Certo, allora si scriveva con la macchina da scrivere e non con il computer, i servizi “esterni” venivano dettati al dittafono e poi ricopiati. Il refuso, l’errore di battitura (considerando anche i tempi strettissimi che il lavoro redazionale impone) erano all’ordine del giorno. Poi arrivò la videoscrittura, le macchine da scrivere elettriche con il nastro correttore incorporato e via dicendo. Ma durò poco perché i computer avanzavano con estrema rapidità e insieme a loro arrivavano anche i correttori automatici. Benvenuti, si dirà (lo dico anch’io che sto scrivendo questa risposta con il mio Pc casalingo). Ma c’è un “ma”. Poco alla volta, grazie all’uso dei correttori di Word (o comunque di ogni altro programma di scrittura) la figura del correttore di bozze andò sbiadendo. E questo fu un male. Davvero un male. Perché il correttore di bozze avrebbe saputo distinguere tra Bayer (nome dell’azienda) e Bayern (nome di una squadra di calcio) e lo avrebbe corretto. Non basta: i correttori – quelli bravi e lo erano quasi tutti altrimenti non lo diventavi – si occupavano anche di correggere gli svarioni, le frasi senza consecutio, i congiuntivi dimenticati. Si occupavano di tutto e molto dovevano sapere. Per questo costavano molto: la professionalità si paga. Quindi, un po’ alla volta, via i correttori. E la qualità dei quotidiani e dei periodici cominciò a scendere sempre più in basso. Ma cosa importava? Tanto a compensare gli svarioni, i refusi, i congiuntivi spariti, c’erano decine di inserti, di supplementi, di altri gadget: si riempiva la borsa ma, insieme, si perdeva per strada la qualità che aveva contraddistinti quotidiani di chiarissima fama: Il Corriere della Sera, la Stampa e tanti altri. Giornali nei quali hanno scritto e scrivono ancora oggi, fior di giornalisti. Privi però di una stampella determinante: il correttore di bozze. Che oggi non esiste più. Perché l’informazione che un tempo durava almeno un giorno prima di trasformarsi in cappellino di carta da muratore (quando non c’erano i caschetti. Quelli che mancano ancora oggi), adesso dura al massimo cinque minuti. Perché arriva un’altra notizia e poi un’altra ancora e le pagine (quelle su internet) cambiano sotto i nostri occhi… Mi chiedo – e, sappiatelo, non sono un luddista, amo la tecnologia e i tanti vantaggi che ci offre, non ultimo quello di poter verificare con la massima rapidità l’attendibilità di un’informazione – se così non abbiamo perso qualcosa tutti quanti. La possibilità di un “pensiero lento” che consenta di ragionare, di “digerire” un fatto e pensarci su. Sarebbe il caso – lancio il sasso nello stagno – di trovare una via di mezzo che non sacrifichi il bambino ma ci permetta di eliminare l’acqua sporca?
Ma dai Daniele….!!!
Fino a prova contraria….siamo umani, No robot parlanti ( anche se per qualcuno dei nostri consimili nasce un forte dubbio). La tastiera è la dimostrazione della nostra umanità.
Come anni addietro si cantava nella famosa canzone…..” non scambiare mai un capello con un pelo di cavallo (la fattura conplessiva è ben diversa è ben diversa)