Beffe della storia
Di Mauro Antonio Miglieruolo
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Per anni milioni di italiani appartenenti a ogni ceto sociale, lavoratori inclusi, hanno votato i partiti borghesi timorosi che come conseguenza di un eventuale successo del PCI sarebbe stato loro tolto ogni avere. Rancio unico e tuta unica, era il motto con il quale, ancora negli anni settanta, si respingeva preventivamente, da destra. ogni possibilità di approccio all’ideale comunista. La udivo ripetere in continuazione da impiegatucci che tiravano, insieme a me, l’anima e la famiglia lavorando dalle sette e trenta del mattino fino alle otto di sera, accumulando decine e decine di ore di straordinario, ed isolandosi completamente dalla vita reale. Eravamo tutti ignari, anche io in fondo, del prezzo che, per quel loro pregiudizio, avrebbero dovuto pagare. I piccoli come i grandi, gli abbienti e i non abbienti, tutti: anche coloro che non possedevano nulla che potesse essere loro tolto, ma che presumevano di essere in condizione di poter ottenere. Ma il capitalismo che pure è in grado di promettere molto e promettendo convincere; che è capace di prefigurare idilliache situazione di benessere generalizzato; se ne infischia altamente di realizzare i sogni che semina, le promesse che sparge generosamente. Alla prima occasione se ne libera senza pensarci su troppo.
Anche i simpatizzanti del progetto comunista, insidiati dalle prospettive di miglioramento che prendevano continuamente corpo, prospettiva che si realizzavano però esclusivamente in ragione delle strenue lotte che loro stessi conducevano, esitavano di fronte all’opzione socialismo-capitalismo che i fatti ponevano loro costantemente di fronte.
Beffa della storia: sono proprio quei partiti borghesi dai quali grandi masse si sentivano tutelate che oggi, eliminato dalla scena la prospettiva del cambiamento, pongono in atto le politiche di spoliazione “comuniste” tanto paventate. Tutti i ceti sociali, salvo un ristretto gruppo di fedelissimi funzionari della finanza, subiscono gli effetti delle avide iniziative di banche, speculatori e monopoli. L’Italia, che il Sessantotto aveva cambiato in modo tale da indurre un politico dell’epoca (il fin troppo osannato Berlinguer) ad affermare che il nostro era il paese più democratico del mondo, oggi assiste sgomenta al diffondersi di miseria, fame e disperazione. È di ieri appena l’inaudita notizia di due fratelli disoccupati morti d’inedia! Morire di fame, che cosa spaventosa, inimmaginabile fino a un paio di decenni fa! e oggi resa reale da quei partiti borghesi (PD di Renzi in testa) che monopolizzano la scena politica televisiva.
Ma attenzione: non è finita. Se lasceremo fare la banda di ammiratori “senza se e senza ma” di Marchionne (il cui capo è Renzi), molto peggio ci dobbiamo aspettare.
Mala tempora currunt!
Speriamo che questi tempi si stanchino di imperversare. I tempi, cioè loro, i padroni. I cui interessi provvedono a tutelare gli aguzzini di ogni paese bugiardamente denominati “Primi Ministri”.
Ma stancheranno, è certo che stancheranno. Il cambiamento è possibile. Se opporremo all’Europa della Finanza e all’Italia dei padroni l’efficace resistenza che le masse hanno messo in atto negli anni sessanta e settanta, è certo che sarà possibile cambiare.