Bestia (di Pabuda)
non ci sono tantissime cose
che mi mandano in bestia.
ne ho contato un certo numero.
ora, a salvaguardia di chi mi sta intorno
e della mia stessa umanità,
qui, del tutto a casaccio
un elenco incompleto ne faccio,
tanto per dare un’idea.
per dire: m’imbestialisco
quando alla domanda precisa “mi ami?”
mi si risponde: “forse”,
posso farmi animalesco quando, al lavoro,
le persone son definite “risorse”,
son incline a diventar bestia
cattiva veramente
quando qualcuno dice
“ci sta” invece che “può essere”
oppure “banalmente”
al posto d’un più appropriato
“per esempio”.
potrei proseguire,
anche con cose più serie,
tipo le dita nel naso, le spese militari,
il coriandolo, il curry, il “bel canto”,
l’antisemitismo con tutti i suoi derivati,
l’omofobia e il sale nel caffè.
ma preferisco darci un taglio
ché anche solo a pensarci
divento cattivo come l’aglio.
però, però…
c’è una cosetta ch’è meglio
si sappia in giro:
posso andare
su tutte le furie animalesche
se mi si parla come se si stesse
componendo un email o un esse-emme-esse:
con quelle solite abbreviazioni:
sempre le stesse:
quasi mi vien schifo a scriverle, quelle lì:
“fyi”, “asap”, “buon appe”…
“ci vediamo nel pom”, “ti vu bi”!
veramente: mi sta già andando il sangue alla testa,
sarà meglio mi fermi qui.
Dissento solo sull’aglio: è buono.
hai ragione, Frantzisca: l’aglio è buono, purchè utilizzato con moderazione, intero (possibilmente “incamiciato”, MAI tritato). il modo di dire genovese “cattivo come l’aglio” qui è una licenza neuropoetica…