Biblio-aliena e… «nizioleti»
Scaffali cosmici: dove Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia indaga sulle biblioteche nel cinema di fantascienza (*)
La biblioteca è uno dei luoghi letterari e filmici maggiormente ricorrenti, un simbolo potente che attraversa l’immaginario e l’inconscio collettivo per arrivare a inglobare l’universo intero in una pluralità di galassie, galassie, galassie…
«La biblioteca è il mobile, il luogo, la scaffalatura che contiene i libri che consultiamo e che ci insegnano ciò che ignoriamo o che costituiscono se non altro la nostra riserva di sapere, come un tesoro a nostra disposizione. In genere nei sogni la biblioteca allude alle conoscense intellettuali, al sapere libresco. Talvolta incontriamo un vecchio scritto indecifrabile e misterioso, immerso nella luce, ed è il simbolo della conoscenza, nel senso pieno del termine, cioè dell’esperienza vissuta» recita il «Dizionario dei Simboli» di Jean Chevalier e Alain Gheerbrant.
La biblioteca dunque è la custode e l’ordinatrice della coesistenza dei mondi differenti contenuti in essa: ogni scaffale ne comprende più d’uno, come il cosmo contiene le galassie, formate da stelle e pianeti, a loro volta adagiati in ammassi stellari e nebulose.
Queste stelle e pianeti non sono altro che i libri, veri simboli della conoscenza: «Il libro è soprattutto, se ci eleviamo di un grado, il simbolo dell’universo: L’ Universo è un immenso libro» scrive Muhiddin Ibn Al-Arabi.
L’espressione “Liber Mundi” appartiene ai Rosacroce, ma il Libro dell’Apocalisse è al centro del Paradiso, dove s’identifica con l’Albero della Vita: «le foglie dell’albero come i caratteri del libro rappresentano la totalità degli esseri ma anche la totalità dei decreti divini»: sempre nel «Dizionario dei Simboli».
La fantascienza non manca all’appello: pure nei suoi meandri possiamo ravvisare la forte presenza delle biblioteche, rappresentate anche dagli inaccessibili database dei computers e dei server, ripetutamente oggetti di tentativi di violazione da parte degli hacker, in nome di una informazione globale ma soprattutto libera da vincoli e censure.
Sapere è libertà, la fantascienza lo esprime in modo molto forte, Lo metterò in luce con un breve excursus cinematografico.
Nel film «L’astronave degli esseri perduti» (“Quatermass and the pit”) di Roy Ward Baker, le forze del male emergono prepotentemente dagli scavi della metropolitana a Londra, procurando forti disagi psichici. Il mistero è racchiuso in un codice medioevale che il bibliotecario dell’abbazia di Westminster (interpretato da Noel Howlett) riesce a decifrare e a portare alla conoscenza del dottor Quatermass (Andrew Keir) che riuscirà a interrompere il flusso del maligno. Qui si assiste alla presenza del libro nel suo senso più esoterico, ovvero di custode degli antichi saperi che non dovrebbero mai tornare alla luce. Gli alieni sono le conoscenze che dovrebbero rimanere sepolte per sempre: mai andare a disturbare ciò che la scienza non può in alcun modo controllare.
«Battaglia per la Terra» – di Roger Christian, tratto dal romanzo omonimo di L. Ron Hubbard che stava trasformandosi in Mr. Scientology – presenta due scene molto importanti riguardo alla biblioteca. Nel 3000, la Terra è stata invasa dai terribili e spietati Psychols comandati da Terl (interpretato da un istrionico John Travolta) e ridotta in totale schiavitù.
Un umano, tale Jonnie Goodboy Tyler viene accompagnato da Terl in quel che rimane della Denver Public Library, dove si lancia in un’acida filippica, dicendo che in quel luogo permaneva tutto il sapere raggiunto dagli esseri umani ma che nè a lui nè tantomeno a loro sarebbe mai stato utile. Però dentro quel che rimane della Biblioteca del Congresso, Jonnie trova il testo della «Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo», dalla cui lettura scaturirà la scintilla per la rivolta contro gli oppressori alieni.
Il sapere che rende liberi – considerato durante la regressione alla barbarie come qualcosa di assolutamente inutile alla sopravvivenza spicciola – assume i contorni che gli sono propri, in quanto le idee portano avanti la consapevolezza e l’autodeterminazione, rendendo gli esseri umani in grado di liberarsi delle proprie catene.
«Fondare biblioteche è un po’ come costruire granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire»: così avrebbe avuto modo di scrivere la scrittrice francese Marguerite Yourcenar, mettendo in luce quanto siano importanti i “granai” del sapere… come avrebbe imparato anche il capo degli alieni Psychols.
Ed eccoci a «Brainstorm – Generazione elettronica» (1983) del regista e storico pioniere degli effetti speciali Douglas Trumbull, già distintosi nientemeno che per «2001 – Odissea nello spazio» (di cui avrebbe curato gli storici effetti speciali) e poi per la favola ecologista intitolata «2001 – la Seconda Odissea» (qui era in veste anche di regista e sceneggiatore). Trumbull ci presenta un mondo dal sapore vagamente dickiano, dove i ricordi delle persone sono manipolati elettronicamente, con l’innesto di ricordi artificiali attraverso le onde cerebrali. Tali memorie sono contenute in un gigantesco archivio di nastri preregistrati, dove le persone vengono condotte per subire il trattamento da parte di tecnici e archivisti, all’insegna di un sapere solo libresco evolutosi fino a essere una realtà fittizia, una vera e propria prigione artificiale in cui tenere confinate le persone.
Ma c’è ovviamente un altro punto di vista… «Il world wide web ha le potenzialità per svilupparsi in un’enciclopedia universale che copra tutti i campi della conoscenza e in una biblioteca completa di corsi per la formazione» ebbe modo di affermare Richard Stallman, informatico statunitense e attivo fautore del software libero.
Due parole soltanto sul bellissimo film «Fahreneith 451» (1966) del maestro Francois Truffaut, tratto dal romanzo di Ray Bradbury, visto che ne ho ampiamente trattato in altre mie note su codesto blog-bottega. Il titolo rimanda alla temperatura in cui la carta brucia: un futuro senza biblioteche. I libri vengono bruciati per cancellare la memoria storica, in roghi che ricordano da vicino quelli dell’Inquisizione e i “bucherverbrennungen” nazisti, dove montagne di testi “scomodi” – cioè contrari alle idee del regime – finivano in cenere.
Nel romanzo di Bradbury e nel film di Truffaut alcuni uomini e donne si ribellano, scegliendo un libro e imparandolo a memoria per tramandarlo ai posteri: emblematica la scena dell’incontro del ribelle Montag con gli uomini-libro ma ancor più la drammatica scena in cui una donna preferisce essere bruciata insieme ai suoi libri piuttosto che cedere il passo ai “pompieri” incendiari, forse un’allusione a Giovanna d’Arco.
«Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria»: non c’è che dire, Filippo Tommaso Marinetti e i suoi Futuristi – sponda italiana – avrebbero apprezzato un mondo simile.
Come immaginato in «La fuga di Logan» (1976) per la regia di Michael Anderson, tratto dal romanzo di William F. Nolan e George Clayton Johnson. Ci ritroviamo nel 2274, in una megalopoli dove le persone vivono senza pensieri per tutta la loro brevissima vita, per poi venire inevitabilmente soppressi appena compiuto il trentesimo anno di età. Il poliziotto Logan (interpretato dal bravissimo Michael York), ormai vicinissimo alla fatidica data di compleanno, non ci sta e si unisce alla ribellione. Lentamente risale alla superficie, dove lo accoglie un mondo devastato da un disastro non meglio identificato. Incontra un uomo anziano (interpretato da un magistrale Peter Ustinov) che sta dando da mangiare a poveri gattini sperduti, il quale gli spiega che l’edificio diroccato in cui si trovano è la Biblioteca del Congresso di Washington, la fonte della conoscenza che nell’utopico mondo dal quale proviene non è dato conoscere per poter vivere “in pace”.
«Un maledetto mondo fatto di bambole» (1972) di Michael Campus ci trasporta invece nel sovraffollato 21° secolo, dove la popolazione mondiale ha superato i 70 miliardi: per salvaguardare l’umanità dal disastro, la riproduzione umana è decisamente vietata e punita con la pena capitale. Una coppia di novelli sposi, Russ (il bravo Oliver Reed) e Carol (Geraldine Chaplin), non hanno alcuna intenzione di attenersi alla legge e in breve tempo Carole rimane incinta: Russ si reca in biblioteca per cercare libri sulla gestazione e il parto, in un luogo completamente automatizzato, senza alcun umano.
Nel film «Il racconto dell’ancella» (1990) di Volker Schlondorff assistiamo a uno scenario opposto: poche donne sono assegnate alla riproduzione con maschi decisi dal regime. Kate (interpretata da Natasha Richardson), divenuta l’ancella Hoffred, viene assegnata a un comandante dell’esercito (interpretato da Robert Duval) per eseguire il compito. In una scena emblematica del film – tratto dallo splendido romanzo (1985) di Margaret Atwood e sceneggiato da Harold Pinter – assistiamo a una partita di Scarabeo fra i due coniugi di regime, dove Kate batte il comandante, il quale non batte nemmeno ciglio: «Hai vinto. Complimenti, sei molto più brava di me in questo gioco. Ma già lo sapevo, perché sei una bibliotecaria».
«Lo ero» replica laconica Kate, non nascondendo amarezza verso un mondo che ha dimenticato tutto, in nome dell’ordine, della disciplina, della regolamentazione di ogni aspetto della vita umana, della crisi e dell’emergenza.
Il film «Rollerball» (1975) di Norman Jewison – tratto da un bel romanzo di Harry Harrison qui pure in veste di ottimo sceneggiatore – presenta una società che, nel 2018, ha omologato tutto e tutti: gli istinti omicidi sono sublimati dal violento gioco del Rollerball. Jonathan (interpretato dal bravo James Caan) cerca in tutti i modi di ribellarsi. In una scena-chiave si trova in quella che dovrebbe essere una biblioteca: ogni supporto cartaceo ora è su nastro magnetico ma solo ed esclusivamente in riassunto. «Ma allora questa non è una biblioteca e lei non è una bibliotecaria» sbotta Jonathan… scoprendo poco dopo un’altra amara verità. Controllando l’archivio, si accorge che tutto il Trecento dell’umanità è stato cancellato. Uno dei bibliotecari commenta sarcastico: «Poco male. E’ un secolo che, ad eccezione di Dante e qualche papa corrotto, non ha null’altro d’importante».
Per concludere, cito «Zardoz» (1973) del bravo John Boorman in cui un ottimo Sean Connery – ben lontano dal personaggio di James Bond – interpreta Zed, uno sterminatore del dio Zardoz, il quale scopre di essere stato tradito dalla divinità e si mette in cerca della verità: la scoprirà in una vecchia dimenticata e polverosa biblioteca, con gli scaffali in legno piegati dal peso degli antichi libri, molti dei quali con legatura in pergamena. La chiave del mistero è nell’anagramma della divinità Zardoz, ovvero nel libro «The wizard of Oz», “Il mago di Oz”.
Il sapere serve a liberarsi dalla schiavitù delle divinità false e bugiarde, a vivere come persone libere e consapevoli in un mondo che sembra volere persone totalmente prive di istruzione e pensiero critico così che non possano partecipare attivamente alla società e gestire in modo autonomo la propria vita.
«La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori umani fondamentali. Essi potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità di cittadini ben informati di esercitare i loro diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società. La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza al pensiero, alla cultura e all’informazione.
La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali» recita il Manifesto Unesco delle Biblioteche Pubbliche, testo fondamentale per la corretta creazione di una politica e legislazione bibliotecaria efficace in luoghi rispondenti ad alti standard qualititativi.
Bibliografia
Dario D’Alessandro, “Silenzio in sala! La biblioteca nel cinema”, Associazione Italiana Biblioteche, Roma, 2001.
POSTILLA ASTROFILOSOFICA: I miei interventi del martedì diventano «nizioeti», termine veneziano per indicare i lenzuolini, cioè le tipiche indicazioni stradali della città. La loro particolarità è di essere direttamente affrescati sugli edifici e sui luoghi cruciali di Venezia. Sono dipinti usando forme canoniche, stabilite ai tempi della Serenissima. Ogni nizioeto indica il nome della calle, del campo, del campiello o del canale o altro in cui viene posto. Vi sono indicazioni toponomastiche tipiche di Venezia e altre riguardanti fatti storici da cui prende il nome la via in questione. Emblematiche sono le indicazioni “Ponte delle Tette”, “Cae dea Barbaria dee Toe”, “Fondamenta delle Carampane”, “Riva de Biasio”, “Naranzaria”, “Cae del braso nuo”… Uso questo termine per indicare i lenzuolini dei miei interventi, piccole indicazioni nel variegato mondo della fantascienza e del fantastico, minime pazzie dell’Astrofilosofo.
ecco due dei tuoi film 🙂
Z.P.G. (un mondo maledetto fatto di bambole) – Michael Campus
è un film un po’ lento e quasi didascalico e però è interpretato da una bravissima Geraldine Chaplin e da Oliver Reed, con atmosfere da film di fantascienza anni ’60, ricorda 1984 e I figli degli uomini.
in un mondo senza libertà tutto è controllato e deciso dall’alto, il prezzo della disobbedienza è la morte, ma a volte…
senza infamia e con qualche lode
La fuga di Logan – Michael Anderson
Lo vedo solo adesso, è un gran bel film di fantascienza, di quelli di una volta.
Bravi attori e una storia che non ti annoia mai, di ricerche di alternative, di dubbi, di disertori.
Insomma, una storia di attualità, altro che fantascienza.
Non delude, anche se non ami la fantascienza
ahahaha grazie di cuore, Francesco… a me la Fuga di Logan è sempre piaciuta moltissimo, anche se riecheggia altri film analoghi… l’ho trovata davvero ben fatta e non ultimo l’impiego sapientemente artigianale di certi modellini non fa di certo rimpiangere i moderni ritrovati della CG, attualmente unica e sopravvalutata panacea di troppi mali sopiti.
Per quanto riguarda Z.P.G., l’ho sempre trovato un film d’attualità, non di fantascienza. Secondo le teorie economiche di Robert Malthus, saremo costretti a fare una cosa simile, se l’umanità vuole sopravvivere.
In un certo senso, chi scrive fantascienza crea delle microcapsule del tempo, affidandole poi al mare del destino con la speranza che, riscoperti nel futuro, l’umanità comprenda meglio il proprio presente e tenti un’inversione di rotta. Questo è davvero un tema portante della fantascienza se non addirittura il tema fondamentale, la filosofia di fondo che la rende possibile: lo scrivere del presente per coloro che verranno.