Biondillo, Costantini, Lavoradori, Malvaldi, Manzini, Marchitelli e Pandiani
7 recensioni giallo-noir di Valerio Calzolaio
Alberto Lavoradori
Dry sound
Edizioni Di
288 pagine, 16 euro
Confine Usa-Messico. Poco tempo fa. La stanca ragazza veste come un militare, testa rasata e labbro spaccato, si chiama Anderson, arriva in corriera nel piccolo paese disperso in mezzo al deserto dell’Arizona, vede annunciato che al pub Rumors cercano una cameriera e corista, lei canta bene e si fa accompagnare dal vecchio Mr X, anche lui suonava blues un tempo (e magari continua). Comincia a servire ai tavoli, il locale si riempie, le canzoni (proprio il duo di Mr X) piacciono. Qui comincia l’avventura, i personaggi di un luogo sperduto ma affollato, capitati per caso o lì da sempre, con mille storie passate e continui intrecci presenti, ricordi e speranze. Garbata tenebrosa musicale narrazione in terza varia e seconda riuscita prova narrativa per lo sceneggiatore e disegnatore Alberto Lavoradori (Mestre, 1965), “Dry sound”, alla frontiera fra country e noir. Bella copertina di Mauro Cicarè.
Marco Malvaldi
La misura dell’uomo
Giunti
296 pagine per 18,50 euro
Milano. Ottobre 1493. Quando ha 41 anni, Messer Leonardo di ser Piero da Vinci (Toscana 1452 – Loira 1519) si trova nella ricca popolosa città lombarda (già dal 1482) ai servigi del quasi coetaneo (pochi mesi più giovane) Ludovico Maria Sforza detto il Moro (1452-1508). Vive nei locali attigui alla bottega con la madre Caterina e il giovane Gian Giacomo Caprotti detto il Salai, garzone trattato con indulgenza nonostante sia ladro e bugiardo. Ha un volto strano, maschio più che bello, con lunghi capelli biondi e ciocche grigie, barba folta, occhi dolci; sembra distratto, studia movenze animali ed espressioni facciali; non mangia carne e pare non si accompagni (carnalmente) a donne. Vestito spesso di rosa, fa genialmente di tutto e di più alla corte del potente signore (studi, progetti, decorazioni, pitture, musiche, ingegnerie, invenzioni, armi e uniformi, giochi di luci e suoni, consulenze professionali ed emotive), da quattro anni ha soprattutto l’incarico di realizzare un colossale monumento equestre, alto più di 7 metri, possibilmente in bronzo, leggero e resistente, dedicato al padre Francesco, primo duca Sforza di Milano. Da dieci si è vantato di poterlo realizzare, finora senza successo; schizza connessi meravigliosi disegni e appunta di continuo (da destra a sinistra) sui fogli di pergamena giallastra del taccuino da cui mai si separa; sta completando il modello in creta. Ora deve risolvere un mistero, fra gli intrighi politici di palazzo e le relazioni militari coi francesi: un uomo è stato trovato cadavere in un cortile, il Piazzale delle armi interno al castello; il giorno prima aveva chiesto udienza al duca; potrebbe essere stato ucciso anche se non si capisce come e perché. Il Magistro Ambrogio è convinto di una morte naturale, Leonardo ritiene invece che sia stato assassinato facendogli mancare aria nei polmoni. Vai a dimostrarlo! E a scoprire false monete e furberie finanziarie dei banchieri!
Un noir storico su commissione per il bravo allegro chimico scrittore Marco Malvaldi (Pisa, 1974). Siamo a 500 anni dalla morte di Leonardo, era un’ottima idea farlo rivivere con garbo e ironia, mescolando ingegnosamente eventi storici e intrecci plausibili per un romanzo di ampio meritato successo, con una narrazione in terza varia al passato. L’intenzione non era rivolta a scrivere un capolavoro letterario, piuttosto un gustoso onesto parodistico divertissement, una sfida e un vincolo utili a riaccostare i lettori contemporanei al genio universale, oltre che a costumi, architetture e arti rinascimentali. Comprendiamo meglio anche le dinamiche della Francia con repubbliche e regni (e papato) italiani, poi decisive per gli Sforza; il lavoro di inventori e spie per fabbricare solidi cannoni mortiferi; il senso antico del prestare denaro per i singoli e le comunità (anche nella Firenze medicea). Leonardo mirava e tratteggiava spesso le mirabili proporzioni anatomiche umane, un punto di partenza su cui poi poteva misurarsi la vita intellettuale, anche per chi come lui non era di nobili o ricchi o esemplari natali e riusciva a essere solo anche in mezzo alle persone: “è nella crescita e nello imparare, non nella nascita, che si vede la misura dell’uomo” (da cui il titolo). “Solo con l’osservar la natura, e gli altri homini, l’homo apprende. Ma senza comparare ciò che si fa con ciò che si crede, ciò che si aspetta con ciò che succede, l’homo non può crescere sano nel suo intelletto e giudizio. E l’unico modo per haver cognizion dell’errore è misurarsi con la natura istessa, giacché, a differenza dell’homo, mai mentisce”. La nota finale ci segnala, con autoironia, di aver appena gustato un libro pieno, appunto, di errori, steso da un autore che, pur essendosi molto documentato, non poteva non possedere una certa dose di faccia di bronzo nella descrizione dei pensieri del protagonista.
Gianni Biondillo
Il sapore del sangue
Guanda
Quarto Oggiaro, Milano. Gennaio 2018. Fa freddo, nevica. Dopo 4 anni di galera Sasà torna nel suo quartiere, ha fretta di cercare l’amico 42enne Francesco Ciccio Greco, dovrebbe recuperare un bottino nascosto, poi la moglie Anna e la figlia Chiara, infine volatilizzarsi. Salvatore Sasà Procopio aveva avuto infanzia e adolescenza complicate. Famiglia disagiata, padre alcolizzato e manesco di origini calabresi, madre incompetente e rassegnata, a casa era un po’ sereno solo con la mediocre sorella Nunzia (Annunziata, maggiore) in cerca di una sistemazione. A 15 anni si era già fatto due volte la quinta elementare e due la terza media, di studiare non gli importava, dormiva in classe e tirava su qualche soldo vendendo tocchi di pakistano nero a chiunque chiedesse, per clienti alcuni studenti e bidelli, un professore. La roba gliela procurava il grasso casertano Tonino che poi iniziò a usarlo anche come corriere per l’eroina; a Napoli conobbe un capo, Gaetano, divenendone il referente principale (in aggiunta verso la Germania) quando Tonino fu arrestato. Nel mondo della droga era cresciuto e pasciuto, disponibile pure a omicidi e ricatti per conto della ‘ndrangheta, con vari vantaggi e qualche inconveniente, fra l’altro i capelli presto in caduta libera e ingrigiti. Ormai ha 46 anni, il volto non è più bello e rassicurante, si presenta con un florilegio di rughe e macchie, l’orecchio sinistro mozzato, le gambe molli, la pancia sgraziata. Sull’autobus incontra una banda di cinque minorenni scalmanati, che bullizzano, terrorizzano e malmenano stranieri e donne. Lui non fa niente per bloccarli, provano lo stesso a provocarlo, cascano male, rimedia una pistola e una vaga segnalazione alla polizia. Il sarcastico disincantato incazzoso ispettore Michele Ferraro, suo malgrado, viene chiamato in causa. Vorrebbe ormai stare alla larga da tutti i guai, ha chiuso ogni account in rete, conta minuti ore giorni prima della pensione, alloggia solitario in un loft di NoLo, frequenta ancora un poco l’ex moglie Francesca e la figlia Giulietta. Continua a risolvere i casi, ora quello della gang di bulli, del criminale uscito e di un grosso colpo in preparazione.
L’architetto scrittore Gianni Biondillo (Milano, 1966) è felicemente giunto all’ottavo romanzo della serie Ferraro (tralasciamo il giro per l’Italia di Francesca con le amiche negli Ottanta, per sempre giovani), iniziata 15 anni fa con un pubblico sempre ampio di affezionati lettori (e il Premio Scerbanenco 2011 assegnato al quarto) in mezzo a tante altre versatili scritture e narrazioni, anche no fiction e per cinema, televisione o teatro. Il testo è in terza varia al passato, soprattutto sui due ambienti, il ricercato più o meno accanto agli affetti e il ricercatore nel contesto dei pubblici ufficiali. Come mai un pluripregiudicato è tornato in libertà? Perigliose avventure sanguinarie e amari sbalzi di scena riguardano soprattutto gli episodi del passato, con frequenti significativi flashback di biografia criminale. Il presente è più misterioso e incerto. In questo modo l’autore riesce ad aggiornarci ancora una volta sull’evoluzione urbana, architettonica e sociale, della familiare Quarto Oggiaro, un mondo di sensi antichi di desolazione e prove recenti di riscatto con invisibili confini, alla periferia nord-ovest della metropoli italiana più europea, fra continui cantieri che scavano e nuovi grattacieli che svettano, con acute riflessioni e amorosa ironia. L’ispettore comincia la sua ricerca da una palestra di boxe di via Padova dove il giovane laureato pugile gli confessa di sentire in bocca il sapore del sangue (citando per la prima volta la costante che dà il titolo al volume) ogni volta che ricorda di essere stato campione nazionale dei superleggeri, per interrompere subito la conversazione e urlare consigli alla talentuosa 13enne bionda Chiara, un pulcino con la coda di cavallo pronto sul ring a pestarsi con chiunque per preparare il primo combattimento ufficiale. Ferraro prosegue misurando i passi. Ecco la cifra del bel solido romanzo è la misura dell’indagine e della narrazione, anche quando ci si deve confrontare con la tristezza e la ferocia dell’umana convivenza.
Antonio Manzini
Rien ne va plus
Sellerio
314 pagine, 14 euro
Aosta e Roma. Da martedì 10 a mercoledì 18 dicembre 2013. Non poteva finire lì. Rocco non era convinto del movente omicida e intendeva continuare a indagare. Era riuscito a far arrestare il croupier che aveva accoltellato il vedovo ragioniere in pensione Romano Favre, ex ispettore presso lo stesso casinò de la Vallée (Saint Vincent), ma non è certo di mandanti e intrecci. Ora poi si aggiunge, lungo la statale 26 prima di Châtillon, la sparizione del portavalori blindato che avrebbe dovuto portare i proventi del gioco ad Aosta, duemilioniottocentoventinovemilasettecento euro in tre cassette d’alluminio, evidentemente una sofisticata rapina, il furgone fatto salire su un camion giallo, persi tutti i contatti, l’allarme satellitare e i gps. Il vicequestore Rocco Schiavone ha la fondata personale opinione che vi sia un legame con l’omicidio, anche se è molto distratto dalle notizie raccolte sul pentito che lo bracca e deve continuamente andare nella capitale. Pare che Enzo Baiocchi abbia precisamente indicato alla polizia dove si trova il cadavere del fratello Luigi, colpito e sepolto a Roma da Rocco e dai suoi amici, dopo che aveva sparato all’amata moglie del vicequestore. Il magistrato ha deciso di credergli e sta disponendo lo scavo nel luogo segnalato, Sebastiano continua a rendersi irreperibile, Brizio e Furio sono preoccupati e si danno da fare, Rocco prende in considerazione di fuggire all’estero prima di essere arrestato come responsabile del delitto. Intanto, mentre la Guardia di Finanza sta cercando le prove della truffa ai danni della Regione e dello Stato intorno alla gestione del casinò, reincontra in vario modo i protagonisti della vicenda e guida i suoi sulla pista giusta per risolvere i vari casi. Fanno tutti squadra in questura, non solo i diversi fidati (ormai amici) Italo e Antonio: sia uomini che donne, intelligenti più o meno, molto o poco difettosi, trovano l’occasione per farsi valere.
Ottavo romanzo dell’eccelsa sospesa serie Schiavone per l’attore e regista Antonio Manzini (Roma, 1964), originale anche perché concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. Dal 2013 finora ha narrato quindici mesi valdostani del suo personaggio (comunque frequenti le incursioni sugli antefatti romani, non solo nei racconti), sempre con uno straordinario meritato successo (anche in tv, seconda serie terminata nell’autunno 2018). Tutto avviene in terza persona, quasi fissa, al passato. Quel che Rocco definisce come il proprio “metodo” sono perlopiù perquisizioni non autorizzate, indispensabili, riesce a entrare ovunque anche in questo caso. I malati di ludopatia del precedente romanzo ci ricascano tutti, anche se forse non in modo stabile. La razza di Lupa trova finalmente esteriore esplicita certificazione (a pag. 292), è proprio una Saint-Rhémy-en-Ardennes! E nascono forse nuovi amori: la sospettosa palermitana commissario della Scientifica Michela Gambino con il medico legale squartatore di cadaveri Alberto Fumagalli, due scienziati che si intendono in laboratorio?, l’imbranato metodico agente (prossimo alla pensione) di origini pugliesi Ugo Casella con la graziosa curata vicina di casa divorziata Eugenia Artaz, due sperduti che si trovano?, l’altro lento agente 37enne Domenico D’Intino con il breve amore di gioventù (abruzzese) rimasta presto vedova, Pupa Iezzi, due ricordi che non si dimenticano? E Rocco non riesce a lasciare alle spalle il passato remoto e recente: continua a dialogare con Marina, ma resta ferito da Caterina, attratto da Lada (come non potrebbe?), incuriosito da Sandra, sorpreso da Cecilia e le pensa spesso, pur mantenendo insospettabile atteggiamento paterno per Gabriele. Le mani e i fiori parlano più delle parole, ad Antonio manca il mare di Senigallia, circa il prezzo dei bei ristoranti (non solo) di Aosta bisogna soprattutto fare attenzione al vino. Mozart e Waldteufel sono le migliori musiche da abbinare a quei meravigliosi paesaggi alpini.
Enrico Pandiani
Ragione da vendere
Rizzoli
380 pagine, 18 euro
Parigi. 24 agosto – 2 settembre 2018. Il commissario Jean Pierre Mordenti con la compagna Tristane sono a cena (magrebina) dal collega Alain Servandoni e dalla moglie Karima, nel nono (square Montholon). Mentre ancora gozzovigliano e chiacchierano in piena notte (fra venerdì e sabato), dalla finestra aperta del balcone sentono una frenata, un cozzo, un colpo e altre detonazioni. Non è solo un incidente d’auto, si affacciano e una raffica di mitra colpisce sopra le loro teste, sono stati un uomo e una donna orientali che stavano spostando una ragazza bruna e una cassa da un furgone a una Škoda. Scendono con le armi in pugno, è restato lì solo il cadavere di un cittadino inglese, il 52enne George Stubbs, operatore della Mayfair Brokers Co. di Londra. Arrivano poliziotti di ogni ordine e grado, la squadra-famiglia guidata da Pierre cerca di individuare colpevoli e movente. Incontrano la moglie della vittima che non sembra molto interessata, non perde tempo a riconoscere la salma, fa strani ammiccamenti di sesso e truffa, scompare. Incontrano l’agente di Scotland Yard che, pure lui, scoprono non essere in servizio, implicato in un grosso affare di ricettazione di un bene archeologico di inestimabile valore, una specie di Falcone Maltese. E questi sono solo gli inglesi! Poi ci sono di mezzo vietnamiti e cinesi, collezionisti e ricettatori, bande criminali e doppiogiochisti, vari servizi segreti. Si fa viva pure un’investigatrice privata italiana, Zara Bosdaves, capelli biondi e occhi grigio-verdi, alta snella avvenente, circa 40enne, ottime tecniche di aikido e scasso. E il direttore massimo, il patron uomo di sasso Patrick Le Normand (padre di Tristane e nonno di Ben) è preoccupato che questa volta les italiens (come li chiamano alla Crim) non ce la facciano a venire a capo del caso o, almeno, a uscirne vivi con salvi i loro affetti (ben coinvolti).
Il bravo grafico editoriale, illustratore e sceneggiatore (infografico del quotidiano La Stampa) Enrico Pandiani (Torino, 1956) ha pubblicato il primo romanzo dieci anni fa, iniziando la serie dedicata al generoso arrembante Pierre e al gruppo di agenti capitani comandanti parigini di origine italiana, giunta al settimo romanzo. Nel 2012 ha preso poi avvio la serie di Zara, ex poliziotta nel nord-est, ora “private eye” torinese, giunta alla quarta avventura, se così si può dire. Infatti, qui i suoi due principali protagonisti s’incontrano, si scontrano, s’aiutano e si piacciono, pensano di avere un passato in comune. Ognuno dei trenta capitoli ha come titolo la frase con cui finirà. Narra Pierre, in prima persona al passato, erede del duro padre morto in servizio della compagnia motociclisti e memore della madre tornata a vivere in patria (nostra). Bisogna capire attorno a cosa ruota la giostra di opere d’arte, femmes fatales, sbirri britannici, tagliagole cinesi, ma tutto avviene di corsa, in clima hard-boiled: smitragliate, colpi d’accetta, mosse marziali, fucilate d’assalto, scazzottate a ripetizione, con intermezzi sentimentali e minima introspezione (intensa solo per il protagonista). Funziona: non c’è un attimo di tregua emotiva, una mano lava l’altra! Interessante la vicenda del monumentale esercito di terracotta di Xi’an. Fra l’altro, è in corso il discusso perturbante trasferimento della Gendarmérie dall’arca di Noè in centro al Bastione di vetro e metallo in periferia, dal mitico 36, Quai des Orfévres, nell’Île de la Cité, a pochi passi da Notre-Dame (il più famoso commissariato della storia del cinema e della letteratura mondiale), al ribadito 36, rue du Bastion, per raggruppare a Battignoles tutti i reparti e i 1.700 funzionari finora sparsi. I vini sono francesi, scelti sempre da Pierre: il franco-algerino Coteaux de Mascara nella sanguigna bettola di Poissy, Gaillac Les Gravels domaine Rotier per Zara fuori, “spumante” Vouvray per Zara e inglesi a casa, il rosso Gamay con Zara e Tristane. La musica è quella che si ascolta per radio in auto, come capita, dagli Animals agli Heartless Bastards.
Roberto Costantini
Da molto lontano
Marsilio
602 pagine per 19,90 euro
Roma e Ravello. Luglio 1990 e gennaio 2018. Dopo la vittoria in Spagna e l’eliminazione agli ottavi in Messico, l’Italia (penultima vincitrice) ospita la quattordicesima edizione dei mondiali di calcio, qualificandosi bene per le semifinali con l’Argentina (ultima vincitrice, Maradona giocava col Napoli). Michele Mike Balistreri, moro e muscoloso commissario alla Terza sezione (Omicidi) della Squadra Mobile, sta per compiere 40 anni e continua ad avere solo rabbia e odio come motori della vita, esaltato e spietato, straniero ovunque. Il fido ispettore Capuzzo lo chiama domenica primo luglio e gli impone subito di inforcare il Duetto, assonnato e scarmigliato come si trova. Il magistrato leghista Mirko Locatelli sembra preoccupato per la lettera anonima giunta al Messaggero il giorno prima, come riportato quella mattina da un articolo (con occhiello in prima): potrebbe essere scomparso il 22enne Umberto Petruzzi, ostico riservato testardo e bellissimo figlio del potentissimo ricchissimo Prospero. Devono andare insieme presso l’immensa tenuta collinare del padre, ville statue colonne piscina cinema giochi giardini rimesse parcheggi. Vien detto loro di non preoccuparsi proprio. Conoscono anche la figlia Elide, ingegnere e sorellastra maggiore del ragazzo, si sta allenando nel tiro al piattello, spiega che l’avvocato factotum Annibaldi ha ipotizzato una fuga con una nuova fiamma, mentre lei è più è convinta di un improvviso interesse culturale, niente di che. Indagano, capiscono che ci sono sotto loschi affari, anche la camorra; s’impicciano e rischiano finché poi la malvagia situazione precipita e trova parziale formale conclusione. Il cattivo presunto colpevole esce dal carcere a Natale 2017, il caso si riapre, ora Prospero è senatore, Mirko al CSM. Mike ha quasi settant’anni, da sei in pensione, abbastanza sereno con Bianca, Linda e i suoi ex agenti, pur con vuoti di memoria e sensi di colpa.
Il consulente aziendale e dirigente Luiss Roberto Costantini (Tripoli, 1952) continua a narrare con maestria l’avvincente saga noir di Balistreri, due piani temporali (con soluzioni connesse) per ogni avventura gialla, questo è il sesto romanzo, in prima persona come al solito la prima parte (sul passato), in innovativa terza varia la seconda parte (sul presente). I suoi romanzi sono professionali opere d’alta ingegneria: un complesso sofisticato castello abitato da una quindicina di personaggi in rete, con innumerevoli stanze corridoi anfratti e stanze segrete, dialoghi intenzioni retropensieri e incroci inaspettati, ove sesso e crimine la fanno da padroni. L’unico vero poliziotto sembra Capuzzo, pure alle prese con primi cellulari e computer portatili. In copertina la significativa terrazza di Ravello, a picco sull’acqua. Il fulcro narrativo ed emotivo è Balistreri, una straordinaria cupa capacità di fare introspezione e connessioni, insieme al permanente successo con le donne, in quei giorni dell’estate 1990 apparentemente ne sedusse almeno quattro, perlopiù false e furbe: Silvana Beldon e Clara, rispettivamente bella compita assistente e mite moglie del magistrato; Francesca Cruciani, magnifica esuberante sorella della fidanzata di Umberto; la stessa Elide, piccola e allenata, leggermente strabica e molto dominatrice, maschiaccio che si eccita solo con sangue e dolore. L’amico Angelo Dioguardi una volta gli disse: “in certi casi o ti uccidi o riesci a guardare te stesso da molto lontano, dimostrando ogni giorno di essere meglio di ciò che eri…” (da cui il titolo). Chiacchierando col boss Sabatino Merola allo stadio, Mike osserva la meraviglia di Maradona nel palleggio. Quando trova i primi morti sulla barca, lo stordiscono e in ospedale la dottoressa gli consiglia di leggere Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood (1985); anche Silvana lo aveva da parte; pur se lui resta sempre ossessionato dalle ultime pagine di L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera (1984). Vino rosso argentino (Clara) o brunello (le due sempiterne innamorate)? Mike ascolterebbe di continuo Cohen, Elide invece Rachmaninov suonato al piano da Yuja Wang, tutti gli altri le musiche delle notti magiche del tempo, da Madonna a Bennato; e qualcuno ora balla pure la zumba.
Gino Marchitelli
Milano non ha memoria. Il commissario Lorenzi indaga a Lambrate
Frilli
220 pagine per 10,90 euro
Milano est. Primavera di qualche anno fa. Nel campo di rugby un panettiere egiziano (migrante sui barconi messosi in regola) viene ammazzato di botte, era marito di Layla, padre di Kaled (11), Alì (10), Luna (8). Il vedovo commissario Matteo Lorenzi, due figli universitari, innamorato di Cristina Petruzzi, bella intraprendente giornalista di Radio Popolare, è reduce dall’indagine a Carovigno, nel Salento, e vorrebbe indagare anche ora. S’intrecciano altre misteriose storie e partono depistaggi che coinvolgono agenti e servizi deviati. Non sarà facile. Il bravo scrittore militante (con tanti lavori energetici alle spalle) Gino Marchitelli (Milano 1959) dal 2012 usa il noir per raccontare come la destra continui a inquinare corpi dello Stato ben dopo Resistenza e Liberazione, condizionando appunto la storia del nostro paese. “Milano non ha memoria” è il quarto dell’avvincente serie, ne sono seguiti altri due (oltre a narrazioni diverse), da poco in libreria “Il covo di Lambrate”.