Bird Logistic: distress, scioperi, denunce
Lettera aperta al Prefetto di Bologna
di Vito Totire (*)
Probabilmente alcuni organi di informazione a cui abbiamo notificato la nostra posizione [vedi qui sotto] ci avranno considerato intrusi. Intendiamoci: la vicenda della Bird Logistic non è una questione privata; il gestire più o meno correttamente le relazioni lavorative si ripercuote sempre a livello sociale.
Per questo riteniamo congruo “interferire”. Con una prima proposta: il Prefetto convochi al tavolo di mercoledì primo febbraio anche i servizi territoriali di vigilanza per monitorare il livello di distress che l’organizzazione ha indotto nei lavoratori. Da quanto è di dominio pubblico deduciamo (salvo “rettifiche”) che sui lavoratori ha gravato un carico orario settimanale enorme.
L’Unione Europea da tempo ha così “fotografato” il distress lavorativo:
- un fattore di rischio morbigeno che connota un’organizzazione lavorativa fondata sulla prassi della privatizzazione dei profitti e della socializzazione della perdite;
- un fattore di rischio che aumenta quando all’aumento dei carichi corrispondono anche una scarsa autonomia e una insufficiente “ricompensa” (intesa non solo in senso economico).
In altri termini gli effetti morbigeni del distress (malattie cardiovascolari, disturbi psicosomatici e psicologici) gravano sulla salute del lavoratore e sulla collettività.
Le informazioni in nostro possesso circa gli “straordinari” effettuati, o meglio imposti, presso la Bird Logistic inducono – secondo i dati della letteratura scientifica – un evidente rischio cardiovascolare (che è significativamente aumentato quando si superi stabilmente un eccesso di 50 ore di straordinario al mese).
Se i lavoratori rispondono a questa condizione di costrittività con uno sciopero pare evidente essere di fronte a un comportamento fisiologico; lo sciopero andava sì evitato ma nel senso che doveva essere prevenuto da una adeguata valutazione del “rischio distress” ai sensi dell’articolo 28 del decreto 81/2008.
Voglia signor Prefetto acquisire la valutazione del rischio a questo proposito; ciò contribuirebbe a valutare meglio chi, in questa vicenda, sia l’agnello e chi il lupo. Ci si consenta la metafora che cade in un momento in cui la nostra associazione sta facendo il “tifo” per i lupi (non metaforici) contro i ventilati e iniqui piani di abbattimento.
Cordialità.
Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, portavoce «circolo Chico Mendes – associazione per l’ecologia sociale» e direttore «Centro studi per il benessere lavorativo»
Bologna, 30.1.2017
UNA PRECEDENTE LETTERA di Vito Totire AL PREFETTO
Messe da parte le previsioni utopistiche di affrancamento dal lavoro manuale (grazie alla magnifica progressione delle tecnologie) sopravvivono incredibili sacche di superlavoro. Siamo in un contesto certo diverso dal Giappone che ha dovuto fare una legge per cercare di limitare i danni causati dalla “sindrome di karoshi” ma la situazione è preoccupante anche in Italia.
Veniamo ai “facchini” e al loro contenzioso con la Bird Logistic.
Quando le relazioni lavorative sono morbigene si rischia spesso di slittare verso il versante giudiziario. Nessuno poteva impedire a Bird Logistic di denunciare i lavoratori per “violenza privata”. La magistratura si pronuncerà su quanto accaduto. Diventa invece impossibile accettare che la “sentenza” venga subito scritta dal datore di lavoro con l’adozione di provvedimenti disciplinari.
La vicenda richiama alla mente la favola del lupo e dell’agnello; chi intorbida l’ acqua?
I lavoratori denunciano: lavoriamo 70 ore alla settimana! Il contratto ne prevede 39.
Diversi anni fa il sindacalista Sergio Cofferati, persona insospettabile di eccessi di operaismo – invitò gli italiani ad andare al mare piuttosto che votare per l’estensione dell’articolo 18 alle piccole aziende – scrisse la prefazione a un libro molto istruttivo, «Lavorare in Giappone». Il libro descriveva (anche) i danni alla salute causati da organizzazioni lavorative troppo rigide e troppo faticose; si faceva riferimento a un parametro temporale per argomentare che, superato stabilmente un eccesso di 50 ore di straordinari al mese, si entrava in una condizione non solo di distress occupazionale ma anche di rischio cardiovascolare.
Facciamo un semplice conto: 31 ore di straordinario alla settimana fanno circa 120 al mese. Se poi il surplus orario non ti viene pagato decentemente come straordinario si entra in una condizione di ancora maggiore distress.
Il distress lavorativo infatti ruota su tre variabili: carico, autonomia, ricompensa.
Vorrei dire al signor Prefetto, nel caso egli entrasse nella vicenda come mediatore: siamo oltre ogni limite di accettabilità. Dunque poiché un approccio ragionevole alle conflittualità deve tener conto del prima e del dopo, pare incongruo “demonizzare” i comportamenti dei lavoratori il giorno dello sciopero senza risolvere le cause a monte del loro comportamento il quale peraltro sono convinto, è rimasto nei limiti della più totale e lampante legalità e non-violenza.
Consiglio una lettura ai dirigenti di Bird Logistic: «Guida europea alla prevenzione del distress lavorativo», UE, Bruxelles 1999.
Vero è che in Italia è consuetudine “nazionale” intervenire il giorno dopo (inclusi terremoti e nevicate) e anche male (persino senza gasolio). MA E’ ORA DI METTERSI NELL’OTTICA DI INTERVENIRE IL GIORNO PRIMA.
Solidarietà ai lavoratori, “buone letture” ai dirigenti (che si consultino anche con il loro medico aziendale, con il SPP – cioè il Servizio Prevenzione e Protezione del CNR – e con la medicina del lavoro della Ausl su come applicare meglio l’articolo 28 del decreto 81/2008.
E ancora una volta: chi ha intorbidato l’acqua del ruscello?
Bologna, 26.1.2017
LE DUE VIGNETTE, scelte dalla redazione, sono di GIULIANO SPAGNUL.