Birrai ed animalisti salveranno il mondo?
Chi ha visto “Promised land”, di Gus van Sant, con Matt Demon, sa già cos’è il fracking, il mondo è affamato di energia, ci dicono, occorre cercarla dappertutto, a qualsiasi costo,
di Francesco Masala (*)
Nei nostri tempi moderni gas e petrolio stanno quasi sempre dietro le guerre (quella fra ucraini russofoni e ucraini non russofoni non sarà l’ultima), spesso la guerra si fa contro la natura, da parte di quelle imprese monstre che prendono gli incentivi, di tutti, come se producessero energie rinnovabili, sì, ma solo rinnovabili dei bilanci e dei depositi bancari di quelle stesse multinazionali.
potranno birrai, animalisti e comitati avere successo nel difendere quello che resta, sempre meno, di una natura schiacciata dalla nostra impronta (poco) ecologica?
La tecnica estrattiva che permette di sfruttare lo shale gas (impropriamente tradotto come “gas di scisto”) è la fratturazione idraulica o fracking. Si tratta della perforazione orizzontale, e non verticale, di uno strato roccioso nelle profondità del terreno (1500-6000 metri), estremamente permeabile e contenente gas naturale. Per estrarlo, vengono aperte delle fratture tramite piccole esplosioni, poi allargate pompando acqua e sostanze chimiche a pressioni elevate. Da lì, il gas confluisce nella condotta del pozzo e arriva in superficie. Una procedimento complesso, che richiede perforazioni e fratturazioni continue. E rischioso a causa di perdite di gas, sismicità indotta e contaminazione delle falde acquifere. Il principio di precauzione ha fin qui sconsigliato all’Europa di abbracciare questa tecnica, con poche eccezioni (in primis Polonia e Regno Unito). Ma la crisi ucraina ha evidenziato le controindicazioni geopolitiche derivanti da una eccessiva dipendenza dalla Russia. A dover affrontare la sfida maggiore è la Germania, locomotiva del Vecchio Continente nonché primo cliente di Mosca. E tra le ipotesi al vaglio c’è anche l’estrazione da shale, che ha reso gli Usa i maggiori produttori al mondo di gas. Se ne è discusso al G7 Energia e ora il governo di Angela Merkel sta preparando una proposta di regolamentazione a riguardo. Sia in Germania che negli stessi Usa le voci contrarie per gli impatti ambientali di questa tecnica sono molte. E In prima linea ci sono le fabbriche di birra.
È negli Stati Uniti che per la prima volta alcuni birrifici si sono opposti al fracking. La ragione? Sta nei rischi per la qualità dell’acqua, materia prima e ingrediente fondamentale per la fabbricazione della birra, dovuti agli agenti chimici impiegati e a sostante tossiche, come il metano, che si sprigionano dalle rocce fratturate e possono penetrare nelle falde. In diversi stati americani le perforazioni sono già iniziate da tempo e certamente aumenteranno. Non è un caso, dunque, che nel paese pionere dello shale gas l’attenzione sul fracking sia alta e che siano state già molte le manifestazioni di protesta, da ultimo il festival anti-fracking del Colorado. Proprio una fabbrica dello Stato più trivellato d’America, la Colorado’s Bew Blegium Brewery si è apertamente schierata contro la fratturazione idraulica, al punto di a finanziare la campagna Frack Free Colorado. Nello stato di New York, invece, a sentirsi minacciate dal fracking sono state la Ommegang Brewery di Middlefield e la Brooklin Brewery, che ha esposto le proprie ragioni nel video qui sotto. Più recentemente, diversi birrifici si sono uniti nella campagna “Brewers for Clean Water”, che ha fatto pressione sull’amministrazione Obama per aggiornare la normativa in sulla tutela delle acque, fornendo delle linee guida relative agli impatti dell’attività industriale per tutti gli Stati federali…
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Il fracking è il sistema estrattivo del momento, come molti avranno visto nell’ultima puntata di Report. Quello necessario a tirare fuori dalla roccia shale gas e petrolio. Ma non mancano rischi per la salute dei cittadini e l’ambiente, che i governi tendono ad ignorare. A dirlo stavolta, oltre alle organizzazioni ambientaliste, è un’indagine del Congresso americano. La notizia, rilanciata dall’Associated Press e comparsa solo su agenzie e giornali stranieri, ha come sfondo l’impegno del governo Obama per l’export di gas naturale liquefatto (Gnl). Mentre il partito repubblicano spinge sul fracking, proponendo di bloccare preventivamente le norme preventive che potrebbero varare i singoli stati. I giacimenti che il fracking permette di sfruttare si sono guadagnati l’appellativo di “non convenzionali”, proprio come è questa tecnica. La fratturazione idraulica consiste nella perforazione orizzontale, e non verticale, di uno strato roccioso nelle profondità del terreno (1500-6000 metri), estremamente permeabile e contenente gas naturale. Per estrarlo, vengono aperte delle fratture tramite piccole esplosioni, poi allargate pompando acqua e sostanze chimiche a pressioni elevate. Da lì, il gas confluisce nella condotta del pozzo e arriva in superficie. Una tecnica costosa, che richiede perforazioni e fratturazioni continue. E rischiosa a causa di perdite di gas, contamiazione delle falde acquifere e sismicità indotta, come raccontato dal film del 2012 Promised Land. Ma vale la pena, dicono analisti e petrolieri. Perché proprio le risorse fossili da shale ci permetteranno di utilizzare per decine di anni le fonti energetiche che credevamo in esaurimento…
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato (24 giugno 2014) un atto di intervento nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) relativo al progetto di indagine geofisica 2D nell’area dell’istanza di prospezione a mare “d.1 E.P.-SC” da parte della società di ricerche petrolifere Schlumberger Italiana s.p.a. (ENI)in una vastissima area del Mar di Sardegna ampia kmq. 20.922.
Sono stati interessati il Ministero dell’ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare(titolare del procedimento), il Servizio valutazione impatti (S.A.V.I.) della Regione autonoma della Sardegna, il Parco nazionale dell’Asinara, il Parco naturale regionale di Porto Conte, l’Area marina protetta del Sinis – Mal di Ventre e i Comuni rivieraschi (Alghero, Bosa, Cuglieri, Magomadas, Narbolia, Porto Torres, San Vero Milis, Sassari, Stintino, Tresnuraghes, Villanova Monteleone).
L’ampia area di mare interessata dal progetto (quasi 21 mila chilometri quadrati) riguarda il ben noto Santuario Pelagos, Santuario per i Mammiferi marini istituito come area marina protetta di interesse internazionalee area specialmente protetta di interesse mediterraneo (A.S.P.I.M.), in base all’Accordo internazionale sottoscritto a Roma il 25 novembre 1999, ratificato con legge n. 391/2001.
Da evidenziare che l’attività di prospezione, secondo quanto riportato nello studio di impatto ambientale (S.I.A.), consisterebbe in“spari” di aria compressa (airgun) per oltre 7.300 km. di tracciato complessivo per un periodo di 10 settimane. Questi “spari” avrebbero una cadenza di uno ogni 5-15 secondi, con intensità sonora variabile fra 240 e 260 decibel, intensità superata in natura solo da terremoti ed esplosioni di vulcani sottomarini.
Al contrario di quanto sostenuto nel S.I.A., il danno alle specie di Cetacei e di Tartarughe marine ben presenti nell’area marina interessata sarebbe devastante, sia sul piano uditivo che sotto il profilo dell’orientamento, come riportato dalla letteratura scientifica Altrettanto potrebbe ipotizzarsi per le specie ittiche, anche di interesse commerciale, con indubbi riflessi negativi sull’economia del settore della pesca….