Bo(h)nifica della Romagna: la terza puntata
di Davide Fabbri
ERRORI PROGETTUALI E ANOMALIE GESTIONALI DEI FONDI PUBBLICI DEL PIANO IRRIGUO NAZIONALE (PIN)
Con questa terza puntata, cerco di ricostruire una vicenda estremamente complessa e poco nota, che riguarda la realizzazione di impianti per la distribuzione delle acque ad usi plurimi, realizzati dal CER, dal Consorzio di Bonifica della Romagna e da Romagna Acque spa.
Con la legge finanziaria del 2001 fu assegnato al CER (ovvero Consorzio di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo) un cospicuo finanziamento di 140 miliardi di vecchie lire da parte del ministero dell’Economia, cui vennero aggiunti ulteriori 40 miliardi delle vecchie lire da parte di Romagna Acque (la società dei servizi pubblici locali) per la realizzazione dei cosiddetti usi plurimi. Ossia opere idriche per la irrigazione del territorio romagnolo e, nel caso di Romagna Acque, per il rifornimento del potabilizzatore NIP 2 della Standiana, alle porte di Ravenna, inaugurato nel settembre 2015.
L’impianto viene alimentato con le acque del fiume Po proveniente da una derivazione del Canale Emiliano Romagnolo, per cercare di rendere potabili 20 milioni di metri cubi l’anno di acqua dal Po.
Al costo di questa grande opera pubblica, ha partecipato – con una propria quota – l’allora Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale di Forlì-Ravenna, in un quadro di collaborazione integrata con Romagna Acque. Una collaborazione tecnica e finanziaria, nell’ambito dei cosiddetti usi plurimi.
Con questa inchiesta, desidero segnalare alcune criticità: errori di progettazione delle opere, localizzazioni sbagliate degli impianti, opere incomplete o mal realizzate.
A esempio: si evidenzia l’errore progettuale del cosiddetto “tubone” di adduzione (e cioè la condotta adduttrice all’impianto di potabilizzazione della Standiana denominato NIP2).
Questa condotta di alimentazione con le acque del Canale Emiliano Romagnolo dovrebbe garantire il rifornimento del potabilizzatore NIP2 a Ravenna e completare la gestione integrata delle fonti.
Si sarebbe dovuto realizzare una condotta stagna in adeguato materiale metallico o ceramico, per evitare infiltrazioni e perdite.
Al contrario si è realizzato uno scatolare in calcestruzzo (2,70 X 1,70 metri) a conci immaschiati (*) con giunti flessibili ogni 1,5 metri, con ben 24 paratoie, opera che non garantisce né l’impermeabilità né la tenuta statica. Ci ritroviamo nelle mani una “condotta colabrodo”: entra acqua di falda – con salinità eccessiva – in inverno; e si perde acqua del CER in estate. L’intrusione di acqua di falda a elevata salinità rappresenta un problema importante perché, com’è noto, anche i moderni impianti di potabilizzazione realizzati da Romagna Acque incontrano rilevanti criticità in fase di trattamento delle acque, per l’impossibilità di abbattere in misura significativa (per la salute umana) il cloro che si produce dalle acque ad alta salinità.
In definitiva: una condotta costosissima e ingestibile, sbagliata nella concezione, dai costi di gestione altissimi e insostenibili.
Pensate: il solo costo di realizzazione della condotta adduttrice al NIP2 è stato pari ad oltre 16 milioni di euro di risorse pubbliche.
Torniamo ai finanziamenti pubblici assegnati dal ministero dell’Economia al Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo. Il CER decise di non dare corso al prolungamento del canale emiliano romagnolo, bensì di realizzare – con la collaborazione in fase di progettazione e direzione lavori dei Consorzi di Bonifica – impianti di distribuzione irrigua delle acque a usi plurimi.
A seguito della manifestazione di interesse all’iniziativa espressa da Romagna Acque, fu sottoscritto un accordo che prevedeva una compartecipazione pubblico-privato al finanziamento dei suddetti progetti, con l’intervento finanziario obbligatorio esteso ai beneficiari degli allacci alla rete distributiva, ovvero da parte dei privati agricoltori cui fosse stata consegnata la derivazione irrigua.
La quota parte che i privati agricoltori avrebbero dovuto versare ammontava a 961.000 euro. Questa importante somma non venne riscossa da parte del Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale di Forlì-Ravenna (confluito nel 2009 nel Consorzio di Bonifica della Romagna). Non venne riscossa per tutta una serie di carenze. Soprattutto carenze di titolarità giuridica: non vennero mai sottoscritti gli impegni necessari e giuridicamente efficaci con i privati agricoltori; non erano stati fatti firmare i “contratti di fornitura”; il Consorzio di Bonifica non era pertanto in possesso del titolo giuridico che lo avrebbe potuto costituire creditore della correlativa entrata.
La quota parte di contributi dovuti dal Consorzio di Bonifica e dalle aziende agricole ammontava a circa 3,3 milioni di euro: contributi che in entrambi i casi non dovevano derivare da entrate tributarie ordinarie, poiché – com’è noto – i Consorzi di Bonifica non possono sostenere spese d’investimento ma solo spese per la manutenzione delle opere di bonifica, il funzionamento e l’esercizio. Dei tre milioni e trecentomila euro sopraddetti (riferibili agli interventi Ronco-Bevano 1 e 2 e Bevano-Fiumi Uniti 1 e 2) 961.000 euro non risultavano ancora incassati al 5 agosto 2010, tanto da suscitare l’interesse del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Ente che formulò una specifica interrogazione ai vertici dell’Ente stesso.
Pertanto vi è stato un mancato e importante gettito economico da parte dei privati agricoltori per la realizzazione di opere finalizzate a un uso prettamente privatistico.
Pare discutibile e non regolare la scelta intrapresa dal Consorzio di Bonifica di spesare a carico dell’intera contribuenza generale opere di infrastrutture irrigue che necessitavano obbligatoriamente di contributi privati da parte degli agricoltori coinvolti.
NELLA FOTO: l’area del potabilizzatore della Standiana di Ravenna denominato NIP2
(*) Ho chiesto a Davide Fabbri cisa si intende per «conci immaschiati» e mio hsa risposto: elementi scatolari, o tubi a sezione rettangolare 170 cm × 270cm e lunghezza 150 cm, assemblati tramite un giunto tipo maschio/femmina. Tali elementi scatolari in calcestruzzo vibrato sono stati appoggiati su sottofondo di pietrisco a formare un grande tubo, che riceve acqua dal CER in località Case Murate e serve il potabilizzatore della Standiana. Questo “tubone” è stato posato a una profondità di 4 – 6 metri. [db]