Boia di Stato: Alabama, Florida e Iran… sempre peggio
Articoli ripresi dal «Foglio di informazione» del Comitato Paul Rougeau. A seguire presentazione e sommario del numero 310, con le informazioni per chi vuole impegnarsi contro la pena di morte.
L’ALABAMA SPERIMENTERÀ UN NUOVO METODO DI ESECUZIONE CAPITALE
Kenneth Eugene Smith, cinquantottenne condannato a morte in Alabama, sarà una cavia umana in quanto sarà il primo condannato a respirare l’azoto puro, una pratica mai utilizzata nella centenaria storia della pena capitale in America. Nel 2022 Smith era stato sottoposto all’iniezione letale, ma quattro ore di tentativi non erano bastati per infilargli gli aghi nelle vene.
Kenneth Eugene Smith
L’Alabama vuole mettere in atto un nuovo metodo per giustiziare i condannati a morte e lo utilizzerà per la prima volta su Kenneth Eugene Smith.
Il 25 agosto 2023, il procuratore generale dell’Alabama Steve Marshall ha chiesto alla Corte Suprema dello Stato di fissare una data per l’esecuzione di Kenneth Smith utilizzando l’ipossia da azoto, un metodo che non è mai stato usato in nessuno Stato. A seguito di diversi errori nell’esecuzione delle sentenze capitali e della carenza di farmaci per l’iniezione letale, l’Alabama a partire dal 2018 ha autorizzato l’uso dell’ipossia da azoto nella pena capitale. Da allora lo Stato sta lavorando per stabilire un protocollo per le esecuzioni con questo metodo. Anche l’Oklahoma e il Mississippi hanno statuti che autorizzano l’uso dell’ipossia da azoto, ma l’Alabama sarebbe il primo Stato a tentare di utilizzare questo metodo. Benché i sostenitori dell’ipossia affermino che la pratica sia indolore, gli oppositori sottolineano che ciò non può essere garantito in quanto il metodo non è stato testato.
Kenneth Eugene Smith, cinquantottenne condannato a morte in Alabama, sarà dunque una cavia umana in quanto sarà il primo condannato a respirare l’azoto puro, una pratica mai utilizzata nella centenaria storia della pena capitale in America
Già nel 2022 Smith era stato sottoposto all’iniezione letale, ma quattro ore di tentativi non erano bastati per infilargli gli aghi nelle vene delle braccia, dei piedi e delle gambe. Dopo quattro ore di agonia, Smith, sotto shock, fu riportato in cella.
Smith, è detenuto da 35 anni nel braccio della morte. Nel 1988 era stato assoldato, insieme a un altro sicario, per uccidere Elizabeth Senneth, per conto del marito, il predicatore Charles Senneth, per un compenso di mille dollari. Il mandante si era poi suicidato, mentre il complice fu giustiziato nel 2010.
Smith, si dice “terrorizzato” e accusa che lo stanno “ammazzando due volte”.
I sostenitori dell’ipossia da azoto affermano che “renderà rapidamente il soggetto incosciente, con la morte che sopraggiungerà nel giro di pochi minuti”, come ha scritto il professore di legge della Columbia University Bernard Harcourt sul New York Times, avvertendo però che “ci sono molte cose che potrebbero andare storte”, come ad esempio maschere mal adattate che, lasciando entrare l’ossigeno, potrebbero prolungare la morte o addirittura portare a danni cerebrali a lungo termine piuttosto che uccidere la vittima.
Come ha spiegato a La Repubblica il professor Davide Chiumello, direttore della struttura di Anestesia e rianimazione dell’Ospedale San Paolo di Milano, “l’azoto è presente all’interno dell’aria che respiriamo, di cui rappresenta più del 70%. Di per sé è un gas inerte, inodore e indolore. Il problema è che allo stato puro induce una totale saturazione dell’ossigeno, e la perdita di coscienza può subentrare anche dopo molti minuti. Qualora l’azoto non venisse preventivamente associato a un barbiturico sedativo, il condannato andrebbe incontro a iperventilazione e fame d’aria. Morirebbe letteralmente soffocato, e sarebbe una morte orrenda”.
Ora sulla questione si dovrà pronunciare la Corte Suprema, a maggioranza repubblicana, che dovrà decidere se l’ipossia di azoto rappresenti o meno “una punizione inumana e degradante” ai sensi dell’ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
Una volta eseguita la sentenza Smith sarà il settantaduesimo detenuto giustiziato in Alabama dalla reintroduzione della pena di morte nel 1976, con un rapporto di esecuzioni capitali rispetto alla popolazione superiore anche a quello del Texas.
UNA SECONDA CHANCE
articolo di Federica Massoli
24 agosto 2023: mi sono svegliata stamattina e sullo schermo del mio telefonino c’era un tweet di Ron De Santis, attuale Governatore della Florida e candidato Repubblicano alle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti:
“I believe in a culture of life.
One of the most impactful moments of my life was when I heard the heartbeat of my oldest daughter and saw the sonograms of all three of my kids.
As president, I will always support life”.
“Credo in una cultura della vita.
Uno dei momenti di maggior impatto nell’arco della mia vita è stato quando ho sentito il battito del cuore di mia figlia maggiore e ho visto le ecografie di tutti e tre i miei figli.
Come presidente, sosterrò sempre la vita“.
Il tweet è risuonato subito particolarmente fastidioso alle mie orecchie, visto che solo una settimana fa, il 17 agosto 2023, lo stesso Governatore ha firmato un nuovo provvedimento per disporre la sesta morte dell’anno, l’ottava dall’inizio del suo mandato, tramite iniezione letale.
Il 17 agosto, infatti, Michael Duane Zack, un uomo di 54 anni condannato per aver ucciso due donne nel 1996 e detenuto nel braccio della morte della Florida, si è visto presentare le guardie davanti alle sbarre della sua cella per leggergli il mandato di esecuzione che De Santis aveva firmato poco prima, pianificando la sua morte per il prossimo 3 ottobre.
Appena due settimane prima, il 3 agosto 2023, la Florida aveva portato a termine la quinta esecuzione, uccidendo un uomo di 61 anni, James Barnes, condannato per avere ucciso la sua ex moglie e un’altra donna e dopo aver confessato – sembrerebbe – altri due omicidi per i quali, tuttavia, non è stato mai incriminato.
Le dichiarazioni pro-life di De Santis devono ricondursi alla sua posizione politica in tema di aborto, che lo ha portato a firmare, ad aprile 2023, un disegno di legge che ne vieta la pratica dopo le sei settimane di gravidanza. La legge in questione prevede alcune eccezioni al divieto di interruzione di gravidanza, consentendola sino alla quindicesima settimana per le vittime di stupro, incesto e tratta di esseri umani, a condizione tuttavia che la paziente ne fornisca prova, quale per esempio un rapporto della polizia. Ciò, a conferma del fatto che la ratio delle disposizioni normative approvate mira comunque a scoraggiare, anche solo di fatto, il ricorso all’aborto.
La sacralità della Vita, come anche il riconoscimento di un feto come persona capace di provare dolore a partire da un determinato stadio di sviluppo, sono tutte argomentazioni che vengono portate avanti da anni dalle associazioni anti-abortiste e la legge approvata dalla Florida, a seguito dello storico ribaltamento della decisione Roe v/Wade avvenuto nel 2022 ad opera della Corte Suprema degli Stati Uniti, sembra volerle soddisfare.
Ma se così è, delle due l’una: o la Florida e il suo Governatore credono nella sacralità della Vita – e allora dovrebbero essere anche contrari alla pena di morte – oppure è evidente l’incoerenza di un Paese che si professa pro-life per il tramite del suo Governatore – peraltro cattolico -, ma continua a portare avanti vergognose esecuzioni di morte, nei confronti – per lo più – di persone affette da gravi disturbi mentali al tempo dei crimini per i quali sono state condannate, perciò non nel pieno possesso delle loro capacità e azioni.
Se un feto ha il diritto di vivere e di non patire dolore, un criminale, o supposto tale, non ha invece gli stessi diritti, perché a sua volta ha procurato dolore e ucciso qualcun altro, perciò la pena capitale è vista come risarcimento per il male arrecato alla vittima, alla sua famiglia e all’intera comunità: queste, in spiccioli, le tesi americane a favore della pena di morte. Il criminale, o supposto tale, non ha il diritto di continuare a vivere e vedersi riconosciuta una seconda chance, proprio in quanto “criminale”.
Le teorie retributive a cui sembrano ancora (troppo) affezionati gli Americani per giustificare la pena di morte, infatti, prevedono che quest’ultima rappresenti l’equa punizione rispetto al male commesso; essa si fonda, sempre secondo la cultura americana, sul concetto di proporzione, in quanto è necessario che l’intensità della risposta sanzionatoria dello Stato sia corrispondente alla gravità del reato.
Ma come si fa a ritenere “proporzionato” un omicidio per mani di un apparato statale, un omicidio lucido, programmato, addirittura procedimentalizzato, come risposta ad un omicidio commesso, invece, il più delle volte da una persona gravemente disturbata o traumatizzata, senza vedere l’abnormità della sanzione?
Se l’omicidio per il quale una persona viene condannata è qualcosa di ingiusto procurato alla vittima e alla famiglia della vittima, come può essere “giusto” ucciderla a sua volta, per mano di uno Stato?
Cesare Beccaria diceva “Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.
“Il fine delle pene – scriveva sempre Beccaria – non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso.”
Lo Stato secondo lui, lungi dall’agire per passione, dovrebbe essere “il tranquillo moderatore delle passioni particolari“, perciò il legislatore dovrebbe restarne scevro e non stabilire le pene come reazione emotiva e passionale al delitto, cedendo a quei sentimenti di vendetta e di crudeltà che l’efferatezza di certi crimini può ingenerare invece negli animi della gente comune.
Ebbene, la giustizia retributiva degli Stati Uniti d’America sembra farsi portavoce proprio di queste passioni particolari.
Non è un caso che politici e media americani continuino a diffondere l’idea della pena di morte come una promessa di closure – così viene definita la pena capitale – per i familiari delle vittime, come momento di chiusura del dolore a loro inflitto in conseguenza della perdita subita.
Finché l’opinione pubblica americana di maggioranza non cambierà in maniera più significativa, fino a quando non si realizzerà, compiutamente, un cambiamento culturale che renda evidente l’inutilità della pena capitale anche sotto questo profilo, i detenuti nel braccio della morte, proprio perché accusati dei più atroci delitti, non saranno considerati meritevoli di una seconda chance. La pena di morte, al contrario, continuerà ad essere uno strumento di scambio politico utilizzato da tutti coloro che vedono in essa un’opportunità per portare avanti i propri interessi e soddisfare i propri bisogni, facendo leva sulle emozioni della popolazione e delle singole persone e su un’errata quanto retrograda interpretazione della Bibbia, ancora molto diffusa in quegli Stati appartenenti all’area della Bible Belt, tra cui la Florida.
Posso testimoniare che molti detenuti nel braccio della morte hanno fatto un enorme percorso di crescita e rinascita interiore, scegliendo di cambiare e di dimostrare a sé stessi e agli altri di aver capito quale Vita voler vivere nonostante le sbarre e regalandosi un’altra opzione, dopo quella che li ha visti inciampare violando una regola familiare, sociale o giuridica. Un percorso di autoanalisi che li ha fatti arrivare ad essere gli uomini maturi, saggi, miti, spesso molto religiosi che sono oggi…
Una seconda chance. Una seconda vita, in attesa di essere messi a morte: il che suona tragicamente beffardo. Loro peraltro, questa seconda vita, sono stati costretti a darsela da soli. Dov’è quindi, per loro, la coerenza di un Governatore che continua ad affermare “Credo in una cultura della vita”?
Esecuzioni di donne in Iran
Il regime iraniano è il detentore del record mondiale di esecuzioni di donne. La media è di 15 donne messe a morte ogni anno.
Il Comitato delle donne del Consiglio nazionale della resistenza iraniana ha inserito i nomi di queste donne in una lista partendo dal maggio 2007. Il Comitato delle donne del CNRI raccoglie dati sulle esecuzioni di donne in Iran dal materiale pubblicato dalla stampa statale iraniana. Raccoglie anche informazioni da attivisti per i diritti umani e da fonti private in contatto con la Resistenza iraniana.
Le cifre reali sono più alte, poiché il regime iraniano porta a termine la maggior parte delle esecuzioni segretamente senza che nessuno lo sappia, tranne coloro che le eseguono.
L’elenco non tiene conto delle decine di migliaia di donne giustiziate in Iran per motivi politici.
Nel 2019, il regime dei mullah ha impiccato 16 donne in concomitanza con la crescente repressione.
Solo nel dicembre 2019, sei donne sono state giustiziate dal regime in varie prigioni iraniane.
Il regime ha anche giustiziato 18 donne nel 2021, sette dal 22 novembre al 21 dicembre 2021.
Molte donne sono attualmente in attesa di esecuzione in carcere. Alcune di queste sono detenute nella prigione di Qarchak nel braccio della morte. Queste donne sono per lo più madri e hanno diversi figli.
PRESENTAZIONE E SOMMARIO DEL FOGLIO DI INFORMAZIONE DEL “COMITATO PAUL ROUGEAU”
Anche questo numero è dedicato in gran parte degli Stati Uniti d’America, Paese da cui ci giunge un’informazione ampia e dibattuta.
Non possiamo fare a meno di scrivere qualcosa sull’Iran, Paese in cui dilaga la pena capitale.
Un articolo parla del Vietnam, Paese che compie esecuzioni dopo processi ingiusti in cui vengono presentate confessioni ottenute con la tortura.
Pubblichiamo volentieri anche un articolo della nostra nuova amica e collaboratrice Federica Massoli.
Vi ricordo la pagina Facebook Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau contro la pena di morte. Nella pagina trovate articoli scritti da organizzazioni abolizioniste in tutto il mondo, nonché appelli che potete firmare e diffondere, condividendoli.
Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau
FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 310 – settembre 2023 (*)
SOMMARIO
Ucciso Anthony Sanchez che ha sempre sostenuto la sua innocenza
Scott Panetti non potrà essere messo a morte perché pazzo
L’Alabama sperimenterà un nuovo metodo di esecuzione capitale
Una seconda chance
I gruppi per i diritti umani chiedono al Vietnam di fermare l’esecuzione di Nguyen Van Chuong
IRAN Prigionieri uccisi con narcotici e sedativi nella prigione centrale di Karaj in Iran; In Iran arrestati i familiari dei martiri della libertà alla vigilia dell’anniversario delle proteste a livello nazionale; Il corpo di Javad Rouhi; Esecuzioni di donne in Iran.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 30 settembre 2023
(*) I numeri arretrati del Foglio di Collegamento si trovano nel nostro sito:www.comitatopaulrougeau.org/fogli-di-collegamento-precedenti
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Ottima pubblicazione!