Bolivia: tra Morales e Arce vince la destra

Il conflitto interno al Mas – Movimiento al Socialismo, il partito di governo, è scoppiato definitivamente lo scorso agosto. La disputa tra l’ex presidente Evo Morales e l’attuale, Luis Arce, ha assunto toni sempre più aspri che si ripercuotono all’interno dei sindacati e al Congresso, dove il partito si è diviso tra evistas ed arcistas. L’opposizione ringrazia e guarda con fiducia alle presidenziali del 2025 per riprendersi il paese: per la Bolivia sarebbe un enorme passo indietro e per le sinistre latinoamericane anche.

di David Lifodi

 

 

In Bolivia, dallo scorso mese di agosto, Evo Morales e Luis Arce sono ai ferri corti. All’interno del Mas – Movimiento al Socialismo, la situazione resta tesa, ma soprattutto fa male al paese, alla sinistra boliviana e, più in generale, al progressismo continentale.

Due mesi fa Evo Morales è tornato ad accusare l’attuale governo boliviano di aver predisposto un piano per incarcerarlo. Su twitter Evo ha attaccato l’attuale ministro della Giustizia, Iván Lima, tacciandolo di “tradimento e opportunismo” ed ha denunciato i tentativi di cacciare i suoi sostenitori dal Mas.

Non si tratta di accuse nuove da parte di Morales che, da tempo, paragona il governo di Arce a quello della ex presidenta de facto Jeanine Añez, la golpista, sottolineandone gli stessi metodi persecutori.

È forte il rischio che il partito finisca per dividersi in due correnti, quella fedele ad Arce e quella evista, che, secondo Morales, sarebbe stata invitata a presentarsi sotto le insegne di un altro partito in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2025.

La denuncia di Morales riguarda, inoltre, presunti attacchi ad hoc rivolti ai suoi simpatizzanti sui social network, ma si spinge fino a segnalare tentativi di incarcerare lui stesso e i suoi sostenitori, proprio come faceva la destra. Da parte sua, in più di una circostanza, Lima ha invitato Morales a cercarsi un buon avvocato per averlo diffamato.

La minaccia di processare Morales, ha precisato Lima, è a titolo personale e non coinvolge il governo, ma è evidente che la spaccatura interna al Mas, se non si ricomporrà, provocherà solo danni al paese

La Direzione nazionale del Mas, che ha interrotto le relazioni con l’attuale presidente Arce con la lapidaria quanto significativa dichiarazione “aquí acabó todo”, sostiene che un eventuale processo contro Evo Morales significa cercare di rendere impossibile una sua candidatura in occasione delle prossime presidenziali.

Da parte dei vertici del Mas, se c’è qualcuno che vuol ricandidarsi, ma con un altro partito, dovrebbe essere proprio lo stesso Arce, di cui Evo Morales, dopo un buon inizio, ne ha denunciato una crescente deriva di destra, la cosiddetta “derechización”.

La crisi interna al Mas si trascina almeno dall’inizio del 2023 ed è culminata prima con una serie di espulsioni dell’area “rinnovatrice” e poi con la creazione di due gruppi separati all’interno del Congresso, quello evista e quello arcista.

Secondo Morales i responsabili della divisione interna al Mas, oltre ad Arce e Lima, sono, tra gli altri, i ministri dell’Economia Marcelo Montenegro e delle Opere pubbliche Édgar Montaño, ma, per l’ex vicepresidente Álvaro García Linera, a risolvere la disputa devono essere esclusivamente Evo e Luis.

Tra scioperi convocati contro il governo e alcuni scontri tra evistas e arcistas, la situazione, da alcuni mesi a questa parte, ha rischiato più volte di degenerare, soprattutto quando il governo, in relazione al commercio della droga, ha affermato che la maggior parte di quella che fa ingresso nel paese si ferma nel Chapare. A questo proposito, Morales, ha parlato di criminalizzazione, da parte dell’esecutivo, del movimento cocalero che, in larga maggioranza, resta schierato dalla sua parte. Inoltre, ad esacerbare ancor di più gli animi, l’accusa, rivolta ad Arce, ogni volta che si dice aperto al pluralismo ideologico, di accentuare il processo di “derechización” all’interno del partito.

Le parole di Morales sembrano esser condivise da gran parte delle organizzazioni sociali che aderiscono al Mas, tuttavia la crisi interna al partito è deflagrata anche in ambito sindacale all’interno della Confederación Sindical Única de Campesinos de Bolivia, dove gli scontri tra evistas e arcistas si sono conclusi con oltre 400 feriti e l’intervento della polizia. Da ambo le parti ricorre l’accusa di tradimento, ma la situazione è definitivamente sfuggita di mano a seguito della denuncia del ministro della Giustizia Iván Lima nei confronti di Evo Morales per diffamazione, dopo che l’ex presidente aveva reso noto che lo studio del ministro, amministrato dal fratello, difendeva un’impresa la quale, a sua volta, aveva fatto causa allo Stato per 35 milioni di dollari. Da parte degli arcistas, gli evistas sono definiti come “radicali” e accusati di aver stretto rapporti con il narcotraffico.

In una situazione così complessa una cosa è certa: la crisi non mette a repentaglio solo la governabilità, ma offre alla destra un assist per capitalizzare al massimo la divisione interna al Mas, che governa il paese da quasi venti anni, e tornare a Palacio Quemado. A fine settembre Evo Morales si è candidato alle prossime presidenziali, ma chissà se il Mas arriverà al 2025?

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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