Bologna: dati 2016 amianto nell’acqua “potabile”
Fra qualche decennio gli storici si chiederanno: ma davvero nel 2016-2017 si mangiava in stoviglie di amianto?
di Vito Totire (*)
La procura della Repubblica ha aperto un fascicolo: contribuiamo ad aggiornarlo. Hera, troppo impegnata a fagocitare qua e là aziende e aziendine fuori dell’E-R, tra un bocconcino e l’altro, insiste a usare le tubazioni in cemento/amianto per la erogazione dell’acqua “potabile”. Il tutto avviene con il consenso del sindaco e della maggioranza del Consiglio comunale di Bologna (per non parlare degli altri Comuni…).
I fatti; ieri pomeriggio – mentre eravamo a discutere a Roma al ministero della Salute della esposizione ad amianto dei macchinisti delle ferrovie – è giunto dalla Ausl, dopo reiterate richieste, l’aggiornamento dei dati amianto/2016.
Come consuetudine i dati sono ridotti all’osso e minimali rispetto a quelli che chiediamo periodicamente. Comunque se quelli comunicati in precedenza (relativi ai primi otto mesi del 2016) evidenziavano 4 positivi su 38, quelli totali sono 11 positivi su 64. Vuol dire il 17,1% di positivi. Più alto il picco massimo (parliamo sempre del 2016) che era stato di 2035 (sui primi 4) e che giunge a 6104 fibre.
I dati comunicati sono incompleti. CHE BISOGNA FARE PER AVERLI TUTTI IN MODO TEMPESTIVO?
Prima di arrivare alle conclusioni, un confronto con altri dati disponibili.
A naso la situazione parrebbe migliorata rispetto all’anno orribile (2015) in cui i positivi furono 36% con picco di 11197 fibre in via Castiglione. Ma con la frammentarietà dei dati a disposizione è difficile parlare di miglioramenti e/o peggioramenti.
E’ chiaro che a Bologna si continua ad erogare acqua inquinata da amianto: giunge nelle cucine, nelle abitazioni , nelle lavastoviglie, nelle lavatrici, nei servizi igienici…
CI RISULTA CHE IL FASCICOLO APERTO IN PROCURA SIA CONTRO IGNOTI.
Noi che non siamo nel “palazzo” non comprendiamo: ignoti in che senso? La foto e l’indirizzo del sindaco sono sui quotidiani locali tutti i giorni; quella del dirigente Hera quasi tutti i giorni, o almeno tutte le volte che Hera agguanta un “bocconcino” o si commentano i dati delle quotazioni in Borsa.
La propaganda ci dice che i conti di Hera vanno bene e che quindi le risorse per bonificare ci sarebbero.
Che poi i dati riassuntivi del 2016 fotografino la punta dell’iceberg lo abbiamo detto e ripetiamo i perché:
- Ausl campiona dove ritiene opportuno e mai ha voluto discutere pubblicamente i criteri di scelta dei siti;
- nel computo dei positivi/negativi finiscono anche controlli fatti a breve distanza nello stesso sito; è ovvio che, essendo il rilascio di fibre di amianto non continuo, un esame fatto subito dopo un positivo, soprattutto se preceduto da una azione di spurgo, ha scarso significato; di conseguenza la percentuale dei positivi potrebbe essere più alta;
- i siti più a rischio sono stati sistematicamente evitati: pianura, aree terremotate, ecc. LO ABBIAMO DETTO DECINE DI VOLTE; ha prevalso il timore di trovare dati simili a quelli di Carpi???
- COSA SUCCEDE IN OCCASIONE DELLE ROTTURE, vedi quella recente che ha riguardato 7 comuni della pianura bolognese: san Pietro in Casale, Galliera, ecc.? Dalla Ausl vorremmo (e non abbiamo ricevuto) informazioni, per episodi analoghi, benché le informazioni richieste riguardassero solo la natura dei materiali rotti (dato ben facilmente ricostruibile accedendo alle comunicazioni obbligatorie per legge e certamente fatte da chi interviene per le riparazioni);
- i metodi analitici usati: da qualche anno non possiamo più sapere se le fibre rinvenute siano crisotilo o anfiboli; perché? dice la Ausl che chiedere la differenziazione costa di più; ora sappiamo che gli amianti sono tutti cancerogeni ma gli anfiboli (crocidolite e amosite) sono più aggressivi; quanto può costare di più un esame chiesto all’Arpa?
- Il METODO ANALITICO; da tempo immemorabile la linea istituzionale è: amianto ce n’è ma poco! Negli Stati Uniti, bla-bla-bla… Ribadiamo solo un dato: quando in E-R si è fatta la ricerca con la microscopia elettronica (TEM) si è arrivati a contare un picco di 2.500.000 di fibre (Ravenna 1995);
- infine: gravemente lacunose le informazioni ricevute sugli organo-alogenati; 66 esami, dice la Ausl, tutti negativi; non ci siamo; la Ausl sa bene che “non ci fidiamo” dei limiti inventati dai governi italiani (10 mcg. per gli organo-alogenati di origine industriale, 30 mcg. per gli organoalogenati totali); constatiamo ancora una volta che non c’è disponibilità ad avviare un dialogo concreto su un tema di estrema importanza, anche alla luce del fatto che la UE non propone su questi inquinanti un limite soglia ma un limite ottimale a cui tendere (che è 1 mcg.); viviamo davvero in una città (Bologna) in cui la discussione per migliorare l’acqua non vede un vero interesse da parte istituzionale; pare che il problema sia solo di stare – acriticamente – entro i cosiddetti limiti… Ma torneremo sull’argomento;
Hera e i Comuni soci di Hera devono smettere di usare le tubazioni di cemento-amianto e devono avviare immediatamente piani di bonifica.
Oggi stanno erogando una acqua potenzialmente nociva per la salute e potenzialmente cancerogena; stanno vendendo una merce di cui è vietata la commercializzazione in quanto vietata la vendita di amianto e materiali che lo contengono (legge 257/92).
L’acqua di amianto ne contiene; forse non è un ”materiale”? Salvo che si voglia dare a bere ai cittadini che il divieto riguardi solo l’amianto “intenzionalmente aggiunto” come l’astuto legislatore italiano ha pensato di argomentare per rendere lecita la vendita di immobili con amianto insinuando una chissà quale differenza di pericolosità fra l’amianto aggiunto dal venditore e quello comunque presente.
Ma a tutto c’è un limite: qualcuno vuole seriamente adagiarsi sulla foglia di fico dell’intenzionalmente aggiunto? Certo e piuttosto un nesso con FICO c’è nonostante l’assordante silenzio che ha circondato la nostra tesi: IMPOSSIBILE UNA CITTA’ DEL CIBO IN UN TERRITORIO CON 1650 KM.DI CEMENTO AMIANTO (qualche centinaio di metri in meno…) NELLE CONDUTTURE dell’acqua “potabile”. Vorremmo essere chiari: non stiamo facendo il tifo per spostare FICO in un’altra città: salvo trovarne una indenne da amianto nelle tubazioni…
Che dire poi dell’Università? di recente la laurea ad honorem ad uno chef… Al momento “sorvoliamo”. Ma se il signor rettore facesse una telefonata alla Ausl comunicando che l’Università ha possibilità di effettuare le analisi in TEM?
Alla Procura della Repubblica, in settimana, chiederemo formalmente di essere sentiti.
Basta con l’acqua all’amianto, basta con la violazione delle leggi che tutelano la salute pubblica.
Bologna, 7.2.2017
(*) Vito Totire è medico del lavoro e presidente AEA (Associazione esposti amianto). Sul tema dell’amianto nell’acqua di Bologna trovate spesso in “bottega” le sue documentate analisi, accuse e proposte alle quali Palazzi e istituzioni varie rispondono come le “tre scimmiette”; da qui la scelta dell’immagine di oggi. Come è evidente a chi frequenta la “bottega” noi la pensiamo all’opposto: w dunque le scimmiette “partecipative” che tengono gli occhi spalancati, le orecchie bene aperte e quando parlano cercano un buon megafono….[db]