Bologna: suicidio al carcere Dozza
L’ennesima vittima… non fa quasi notizia. Politiche di prevenzione all’anno zero
di Vito Totire (*)
Un giovane di 27 anni, Costantin Fiti, è l’ennesima vittima della assenza totale di una politica di prevenzione.
Un quotidiano di Bologna informa, il 23 novembre, del suicidio. Stando al monitoraggio di Radiocarcere sarebbe il 43° suicidio nelle carceri italiane del 2019 a fronte di un numero totale di 114 persone decedute.
I commenti registrati dalla stampa sono nel segno della rassegnazione e dell’impotenza. Parrebbe, da alcuni commenti, che la prevenzione fondi soprattutto – o eslusivamente – sulla vigilanza fisica che ovviamente è molto difficile con gli indici di affollamento delle carceri italiane; oppure che la prevenzione si basi solo sulla capacità di capire se e quando privare la persona di lacci e lenzuola. Nel caso dell’ultimo suicidio (prima di questo) abbiamo inviato un esposto alla Procura della Repubblica di Bologna che non ha ritenuto di sentirci sulla vicenda né ha probabilmente aperto alcun fascicolo sul filone di indagine che abbiamo proposto.
Riteniamo doveroso insistere: occorre assolutamente valutare l’eventuale omissione colposa con previsione di misure di prevenzione.
Come per il tragico episodio che ha riguardato Stefano Monti ribadiamo le nostre istanze:
- Occorre valutare l’esistenza di un piano generale di prevenzione
- Occorre accertare quali attività di prevenzione siano state adottate ad personam e con quali mezzi per monitorare, prevenire e contrastare pulsioni suicidarie; è stato valutato il rischio dell’adozione di condotte autolesive con la presa in carico da parte di esperti della prevenzione (psicologo e/o psichiatra coadiuvati, se occorre, da mediatori culturali)?
- Esistono cenni e riscontri di questa attività nella cartella clinica di Costantin Fiti?
Sappiamo che il tema è difficile e che non è mai stato affrontato adeguatamente fin dai primi tempi dell’apertura di un carcere che ha visto una sequenza impressionante di eventi suicidari e parasuicidari, senza dimenticare l’evento verificatosi in Questura nel 2017 rispetto al quale le indagini si conclusero – incredibilmente – senza alcuna attribuzione di responsabilità.
Evidentemente le istituzioni considerano questi suicidi inevitabili o peggio li considerano eventi “normali”.
Al contrario. Considerato che una politica di prevenzione è possibile, considerato che i fattori di rischio sono prevedibili e studiati da molti decenni, chiediamo che la Procura della repubblica di Bologna apra un’indagine approfondita sulla eventuale «omissione colposa con previsione di misure di prevenzione» e sull’eventualità di abuso di mezzi di correzione. E su questo ultimo luttuoso evento del carcere di Bologna – punta dell’iceberg di una condizione di disagio cronicizzata e diffusa – invieremo un esposto anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il carcere è un problema di tutti. Le istituzioni continuano da decenni a tacere su una situazione di illegalità che – se verificata in qualunque altra struttura recettiva – ne comporterebbe la chiusura immediata. Per la Dozza e per le altre carceri invece “si chiude un occhio” il che viola i prìncipi elementari di giustizia e di equità ed è fonte di grave dissonanza cognitiva, paradossale per un luogo che pretende di rappresentare l’affermazione della norma sulla devianza da reprimere. Le istituzioni inoltre insistono nel respingere istanze di partecipazione e finalizzate alla trasparenza. Da tempo abbiamo chiesto di poter visionare il progetto del “nuovo padiglione” del carcere -un progetto che noi riteniamo da respingere – ma dopo la prima, la seconda e la terza istanza (a interlocutori diversi) aspettiamo dal 1° novembre 2019 (quando sono scaduti 30 giorni) una risposta che non arriva…
Il carcere di Bologna è un luogo di morte e va demolito, altro che nuovo padiglione! Va integralmente ristrutturato per rispondere a una nuova politica di gestione delle pene che presuppone un ribaltamento della politica sbagliata e retrograda del governo attualmente in carica, evidentemente ignaro (oppure ostile?) nei fatti dei prìncipi costituzionali.
Bologna, 25.11.2019
(*) Vito Totire è portavoce del coordinamento Chico Mendes e del Centro Francesco Lorusso