Bombardamenti, droni killer e fame: la campagna di sterminio di Israele nel nord di Gaza
Testimoni del brutale assedio al campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, descrivono massicci assalti aerei e terrestri, compresi droni killer quadcopter, che stanno distruggendo le infrastrutture e causando condizioni umanitarie catastrofiche.
di Qassam Muaddi (*)
L’offensiva israeliana contro il nord di Gaza continua per il dodicesimo giorno consecutivo, imponendo un brutale assedio a un’area che ospita almeno 200.000 palestinesi. L’offensiva, iniziata all’inizio di ottobre, ha come obiettivo la città e il campo profughi di Jabalia, oltre a Beit Lahia e Beit Hanoun, ed è stata caratterizzata da un massiccio assalto aereo e terrestre per distruggere le infrastrutture rimaste in queste aree.
L’esercito israeliano ha ordinato ai residenti del nord di Gaza di andarsene, indicando un solo percorso attraverso Salah al-Din Street, che si estende dal nord di Gaza al sud. Questo impedisce soprattutto ai residenti di fuggire verso Gaza City e di rimanere a nord di Wadi Gaza. Jabalia, in particolare, ha ricevuto il peso maggiore dell’attacco israeliano. Testimonianze oculari condivise con Mondoweiss indicano che lo strangolamento di Jabalia da parte dell’esercito israeliano ha avuto l’effetto di un assedio all’interno del più ampio assedio del nord di Gaza.
Durante il recente assalto, il campo è stato bombardato con artiglieria pesante e attacchi aerei, mentre i residenti palestinesi sono stati presi di mira anche con droni quadcopter. Giovedì 17 ottobre, un attacco aereo israeliano ha preso di mira la scuola maschile di Abu Hussein, nella Jabalia occidentale, dove si erano rifugiati migliaia di palestinesi. L’attacco, condotto con due missili aerei, ha ucciso almeno 28 palestinesi, tra cui bambini, e ne ha feriti oltre 50.
Il 14 ottobre, droni israeliani hanno aperto il fuoco contro i palestinesi che si erano radunati in un sito di distribuzione di aiuti delle Nazioni Unite per ricevere cibo; hanno ucciso 10 persone, mentre l’artiglieria israeliana ha bombardato due scuole che ospitavano civili oltre a diverse case a Jabalia, uccidendo 20 persone.
L’attuale offensiva su Jabalia è la terza invasione israeliana del campo profughi nell’ultimo anno, a dimostrazione dell’importanza strategica della città e del suo campo profughi come roccaforte della resistenza palestinese, dove le forze israeliane hanno combattuto alcune delle loro battaglie più dure durante l’attuale guerra. Ma l’attuale invasione è diversa, poiché le truppe israeliane hanno ora isolato completamente Jabalia dal resto della parte settentrionale di Gaza – in un apparente tentativo di attuare il “Piano dei Generali”, un presunto complotto israeliano per svuotare la parte settentrionale di Gaza dei suoi abitanti attraverso la fame deliberata e i massicci bombardamenti.
Cinture di fuoco, droni d’attacco e fame
Najah, una palestinese di 40 anni residente a Jabalia che ha chiesto di mantenere anonimo il suo cognome, continua a vivere a Jabalia con la sorella e le due figlie. Gli altri membri della sua famiglia sono fuggiti nel sud della Striscia nelle prime settimane di guerra e non possono tornare al nord, insieme a un milione di altri palestinesi sfollati dal nord al sud.
“A Jabalia, da due settimane viviamo in casa”, racconta Najah a Mondoweiss. “Se usciamo dalle nostre case, rischiamo di essere colpiti dai quadcopter dell’occupazione”.
“Quadcopter e cecchini aprono il fuoco contro chiunque attraversi la rotatoria di Abu Sharkh, nel centro di Jabalia, e le persone rischiano la vita per attraversarla e raggiungere altri membri della famiglia”, ha spiegato la donna. “Un collega di mio fratello è stato colpito mentre attraversava la rotatoria ed è stato colpito alla gamba e alla vita, e sua figlia di 12 anni è stata ferita leggermente da un proiettile nel collo, ma ha sanguinato molto”.
L’assedio su Jabalia e sul nord di Gaza ha riportato alla luce i timori di una nuova carestia che ha colpito il nord nel giugno scorso, quando almeno 34 palestinesi, per lo più bambini, sono morti per malnutrizione.
“Finora siamo sopravvissuti con cibo in scatola e farina, che avevamo prima dell’inizio dell’assedio, ma non c’è carne né verdura”, ha detto Najah.
“Gli aiuti che rimangono e che vengono distribuiti alle persone non sono sufficienti. Quando una famiglia di 20 persone riceve un pollo, preferisce venderlo per avere denaro per altri beni più importanti, il che fa salire alle stelle il prezzo della carne e delle verdure”, ha spiegato. “Un pollo, se trovato, può costare fino a 350 shekel [93 dollari], e un pomodoro può costare fino a 40 shekel [10 dollari]”.
“La fame bussa di nuovo alle nostre porte”.
Nel mezzo dell’assedio, i palestinesi sono stati sottoposti a condizioni umanitarie catastrofiche. “Paura, ansia, ma soprattutto fame”, ha dichiarato a Mondoweiss Muhammad al-Sayed, un residente di Jabalia, descrivendo l’assedio in corso.
“Un giorno di assedio vuol dire passarlo tutto alla costante ricerca di cibo”, ha detto al-Sayed. “I bombardamenti iniziano con cinture di fuoco molto pesanti. Il loro suono è terrificante. Tutto trema e i bambini si mettono le dita nelle orecchie e urlano”.
Le cinture di fuoco sono una serie di attacchi aerei consecutivi sul perimetro di un’area limitata, con l’obiettivo di isolarla dai suoi dintorni attraverso esplosioni multiple e massicce. Israele ha usato intensamente la strategia della “cintura di fuoco” durante l’assalto a Gaza, soprattutto nei primi mesi della guerra, quando l’esercito israeliano ha raso al suolo interi isolati residenziali nella città di Gaza per “liberare” le aree in vista di un’invasione di terra.
Muhammad al-Sayed ha continuato a descrivere la campagna israeliana in corso a Jabalia. “Poi sono arrivati i fumogeni e i bombardamenti sulle aree popolate”, ha detto. “Sentivamo il rumore dei quadcopter che sparavano ovunque”.
“Io e la mia famiglia, compresi mia moglie e i miei figli, viviamo in una casa zinko a Jabalia”, ha detto al-Sayed, descrivendo un tipo di abitazione di fortuna che utilizza come tetto lamiere d’acciaio ondulate. “La nostra vita quotidiana sotto assedio è fatta di paura e orrore, soprattutto per i bambini”.
In mezzo ai bombardamenti, le squadre di soccorso palestinesi hanno incontrato difficoltà nel raggiungere in sicurezza le aree bombardate per evacuare i feriti. Muhammad Sharif, un altro residente di Jabalia, ha raccontato a Mondoweiss che “dopo l’attacco alla scuola di giovedì, gli equipaggi delle ambulanze sono stati presi di mira all’ingresso della Porta dello Yemen a Jabalia, e non hanno potuto raggiungere molti dei feriti all’interno”.
“Gli attacchi si stanno concentrando sulla parte occidentale del campo, dove l’occupazione bombarda o fa esplodere gli edifici”, ha detto Sharif. “Jabalia sta vivendo una distruzione totale. Il rumore degli attacchi aerei o dei droni non si ferma mai. È ovunque”.
“Ci si aspetta che ogni ora sia l’ultima, e in più la fame bussa di nuovo alle nostre porte”, ha aggiunto.
L’offensiva israeliana su Jabalia è entrata nel suo tredicesimo giorno, mentre ci si aspetta che Israele cerchi di spopolare completamente il nord di Gaza, secondo il cosiddetto “Piano dei Generali”. L’assalto israeliano alla zona ha ucciso almeno 380 palestinesi al momento in cui scriviamo, secondo il Ministero della Sanità di Gaza.
(*) Tratto da Mondoweiss, 17 ottobre 2024. Traduzione a cura di AssoPacePalestina.
Immagini:
Dipinto di Muftah Elsheref: Il Campo di Jabalia.
Foto di Anas Al-Sharif: Più di 22 martiri e decine di feriti nell’attacco dell’occupazione alla scuola Abu Hussein nel campo di Jabalia, a nord della Striscia di Gaza”. 17 ottobre 2024.
Per restare informati sulla situazione a Gaza, si consiglia di seguire anche aggiornamenti di S.O.S Gaza. Questo è l’ultimo, sulla terribile situazione del Nord della Striscia.
Buon giorno, mandiamo questo breve aggiornamento necessario, vista la situazione terrificante che in questo momento c’è a Gaza, sopra tutto al Nord.
L’assedio dell’esercito occupante è quasi definitivo. A Beith laya hanno sfollato e arrestato, tutti e tutte quelli che trovavano. Sono centinaia i palestinesi caricati seminudi e bendati sui camion e portati chi sa dove. Anche alcuni dei nostri compagni sono stati arrestati. Non scriviamo i nomi, ci chiedono riservatezza e questi post sono pubblici. Ma molti mancano all’appello e sicuramente qualcuno è stato preso nei rastrellamenti e portato via. Hanno portato via tutti i maschi dai 13 anni in su. Le notizie sono di umiliazioni pesantissime e cadaveri ovunque nelle strade.
Jabalia è quasi interamente sfollata. Fiumi di persone si dirigono verso il mare, per salvarsi la vita.
Come SOS GAZA abbiamo mandato 3 mila euro la scorsa settimana al nord, per cercare di aiutare più famiglie possibile. Abbiamo perso i contatti con la persona che si occupava della distribuzione, al momento non sappiamo se sia viva o no. Sono giorni di attesa, messaggi senza le ”due spunte” da troppo tempo, non sappiamo se li rivedremo.
Al Nord è probabile che nessuno riesca più a tornare. E’ probabile che l’invasore decida di stabilirsi in pianta stabile e occupare la terra definitivamente. Non sappiamo dirvi altro, queste sono le parole dei nostri compagni che riusciamo a sentire in questi ore e che si trovano tra nuseirat e Khan younis.
Il lavoro di SOS Gaza, nel centro e sud della striscia di Gaza, continua senza sosta. Con difficoltà sempre più grandi, dovute all’arrivo del freddo e alla mancanza di camion che entrano.
Nelle foto potete vedere il lavoro di Mohammad Alamareen che insieme al suo team cucinano pasti tutti i giorni, spostandosi nelle zone dove c’è più bisogno e nelle zona dove arrivano gli abitanti del nord.
Jasmine lavora sul cinemaincamp, hanno deciso di fermare le proiezioni, e di trasformare il progetto in spettacoli teatrali, per dare la possibilità alle compagnie di teatro, che sono ferme dal 7 ottobre 2023, di esibirsi e proporre nuovi spettacoli, per bambini e per adulti.
Il progetto ve lo manderemo appena Jasmine avrà completato le verifiche per aprire uno spazio fisico dove poter fare le prove e le rappresentazioni.
Mohammad Almasdalawi, ha trovato il terzo tendone per le scuole di Khan youni e di Dehir al Balah, i corsi ci sono tutti i giorni. A fare lezione sono un gruppo di insegnanti che ha deciso di proporci questo progetto, ”per dare normalità ai bambini e ai ragazzi” ci scrivono spesso dalle tende dove stanno svolgendo le lezioni.
Randa Taghreed e il gruppo delle donne è sempre impegnato nella distribuzione di assorbenti e box igienici per famiglie bisognose, ovvero tutte. Stiamo cercando altri tendoni per aprire nuovi punti di distribuzione e anche di ascolto per le donne in cinta e con problemi di vario tipo.
L’attenzione è ormai scesa, la normalizzazione delle stragi è una cosa visibile da tutti e tutte. Anche dai palestinesi, che se ne rendono conto molto bene e questo crea in loro ulteriori difficoltà, che spesso non sappiamo come affrontare.
Amici, amiche, compagne e compagni, troppo spesso non sappiamo cosa rispondere, quando ci chiamano. Abbiamo versato tante lacrime in questi mesi, come tutti e tutte voi, lo sappiamo, lacrime versate di nascosto, senza mai farci sentire da chi è sotto le bombe. Per rispetto, ma sopra tutto per la volontà di essere sempre positivi e dare forza. Ma spesso, troppo spesso, rimaniamo senza nessuna parola di conforto. Non è una lagna, è la cruda realtà di chi segue giorno e notte le emergenze nella striscia di Gaza.
In questi mesi la raccolta fondi è rallentata, come normale che sia. Per questo stiamo lavorando per aprire nuovi progetti che riescano a finanziare le attività che svolgiamo ormai da tanti mesi. Chiediamo anche a tutti e tutte voi di darci una mano, nelle prossime settimane sulle nostre pagine verranno sponsorizzati lo shop on line e la vendita del libro di Gaza freestyle.
probabilmente non saremo in grado di mandare sempre 20 mila euro al messe, ma non possiamo fermarci. Stiamo rimodulando i finanziamenti in modo da poter continuare il lavoro nei prossimi mesi, speriamo di trovare preso un finanziatore grande che possa coprire tutti o progetti e dare respiro alle donazioni di privati ed iniziative, che non possono essere constanti tutta la vita. Ne siamo consapevoli, ci stiamo attrezzando.
L’aggiornamento è finito, ci siamo dimenticati di scrivere della distribuzione di acqua, che Mona continua a fare tutti i giorni, potete vedere dalle foto.
Vi ricordiamo che per qualunque domanda potete scriverci in privato sulla pagina facebook, vi ringraziamo per il sostegno e sopra tutto per la fiducia.
Andiamo avanti, non molliamo.
Palestina libera.
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