Brasile: archivi e documenti contro l’impunità della dittatura
Il prezioso lavoro dell’ex guerrigliero Aluízio Palmar
di David Lifodi
Alla fine del 2014 la Commissione nazionale per la verità ha pubblicato un’ampia e documentata relazione sui crimini di cui si è resa responsabile la dittatura militare brasiliana che rimase al potere dal 1964 al 1985. Il lavoro della Commissione è stato arduo e costellato da difficoltà, soprattutto per la guerra dichiarata di una lobby trasversale agli schieramenti politici del Congresso rimasta fedele e tuttora simpatizzante con il regime militare e individuabile principalmente nell’alta borghesia brasiliana.
È per questo motivo che Aluízio Palmar, giornalista, ma guerrigliero ai tempi del regime, ha deciso di pubblicare sul sito Documentos revelados circa 80mila documenti raccolti sulla repressione della dittatura nei confronti non solo delle organizzazioni che scelsero la strada della lotta armata, ma anche verso sindacalisti, attivisti per i diritti umani, militanti di sinistra e società civile. Il sito, online dal 2011, rappresenta tuttora il maggior archivio sulla repressione militare in Brasile nel ventennio in cui la dittatura è stata al potere. Palmar denuncia con amarezza i ritardi del Brasile nell’indagare sui crimini commessi dai militari rispetto a paesi come Cile e Argentina, soprattutto a causa della Legge di Amnistia che permette tuttora ai repressori di allora di farla franca. Studente di Scienze sociali presso l’Università Federale Fluminense, Aluízio Palmar è stato tra i fondatori del movimento rivoluzionario “8 ottobre” e della Vanguardia Popular Revolucionaria, dopo aver girovagato, come esiliato politico, tra Cile, Argentina e Paraguay per otto anni. Se i parenti delle vittime della dittatura utilizzano il sito di Palmar per ricostruire le storie dei loro familiari desaparecidos ed individuare i complici della dittatura, al tempo stesso i responsabili delle torture cercano di sfruttare l’archivio per scagionarsi dalle loro responsabilità, lamenta Palmar, che pure si augura che il suo sito aiuti soprattutto l’intera società brasiliana a riflettere sullo stato di polizia instaurato dal regime e a stimolarla nella difesa dei diritti democratici fondamentali. Il lavoro della Commissione nazionale per la verità, durato tre anni, ha evidenziato una violazione sistematica dei diritti umani ai danni di lavoratori, contadini, indigeni, omosessuali, studenti universitari e cristiani legati alle comunità di base e alla Teologia della Liberazione. Ne è emerso un quadro caratterizzato soprattutto dalla connivenza dei vertici della Chiesa con i militari, sia per quanto riguarda la persecuzione di religiosi e laici noti al regime per il loro impegno progressista sia per il ruolo di delazione praticato nei confronti degli oppositori nel nome di un viscerale odio anticomunista. Se il lavoro di Palmar è forse più orientato sul versante della controinformazione in merito alla repressione contro le formazioni guerrigliere che cercarono di difendere il paese dalla deriva totalitaria, la Commissione nazionale per la verità ha denunciato le responsabilità del regime nel perseguire una vera e propria politica di sterminio contro gli omosessuali, ritenuti un pericolo per la famiglia, e le comunità indigene, a partire dalla violazione delle terre che hanno sempre abitato, trasformate in territorio di conquista per le multinazionali. L’archivio della Commissione nazionale per la verità, così come il sito di Palmar, punta il dito contro le Forze Armate, responsabili di aver torturato, tra gli altri, anche l’attuale presidenta Dilma Rousseff che peraltro, pur complimentandosi per il grande lavoro svolto dalla stessa Commissione, ha già fatto capire che non potrà fare molto. Buona parte dei familiari dei desaparecidos ancora oggi non sanno dove si trovano i corpi dei loro capi e tuttora, fatto assai sconcertante, in Brasile strade ed edifici pubblici sono intitolati a repressori e torturatori, tra cui oltre cinquecento scuole. Il lavoro della Commissione nazionale per la verità rischia, dunque, di avere un ruolo rilevante solo a livello di memoria, non tanto per mancanza di volontà di Dilma Rousseff, ma quanto per la presenza di un sistema troppo forte da sconfiggeree tuttora protetto da una zona grigia che non ha mai nascosto le sue simpatie per il regime, altrimenti non si spiegherebbe la totale impunità di cui godono personaggi come Jair Bolsonaro, deputato federale dello stato Río Grande do Sul, che difende a spada tratta i militari coinvolti con la dittatura e ancora con incarichi pubblici, oltre ad essere strenuo difensore dei gruppi paramilitari.
Memoria, verità e giustizia restano ancora traguardi difficili da raggiungere per il Brasile, ma al tempo stesso sono necessariamente imprescindibili per un paese dove l’impunità continua a farla da padrone nonostante l’impegno generoso di tanti militanti sul fronte della giustizia sociale.