Brasile: i legami pericolosi di Petrobras
All’epoca della dittatura (1964-1985) la compagnia petrolifera statale brasiliana collaborava attivamente con il regime, torturava e si scambiava informazioni con l’esercito sull’orientamento politico, sindacale e sessuale dei propri dipendenti. A riportarlo è un dettagliato lavoro di ricerca di Agência Pública, entrata in possesso di documenti esclusivi.
di David Lifodi
Immagine ripresa da Agência Pública
Petrobras andava a braccetto con il regime militare brasiliano e giocava un ruolo di primo piano nelle torture contro i suoi dipendenti. Coloro che erano classificati come “sovversivi” o “comunisti” nel migliore dei casi venivano licenziati.
A riportarlo è un dettagliato reportage di Agência Pública, entrata in possesso di documenti esclusivi che inchiodano la compagnia petrolifera statale brasiliana alle proprie responsabilità durante i ventuno anni in cui la dittatura brasiliana si è perpetrata al potere, dal 1964 al 1985.
Tra i luoghi di tortura viene indicata la raffineria di São Francisco do Conde, nel nord del paese, dove alcuni spazi destinati al riposo dei lavoratori furono trasformati nella sede dove venivano brutalmente picchiati gli oppositori politici. L’impresa petrolifera si avvaleva delle informazioni dei militari infiltratisi come spie tra i lavoratori per capire quali fossero le loro opinioni politiche.
Alla raffineria di São Francisco do Conde le violenze erano fisiche e psicologiche, dalle percosse alle finte fucilazioni nei confronti dei prigionieri che rifiutavano di trasformarsi in delatori e mettere così a repentaglio la vita dei propri compagni.
Su Petrobras pende inoltre l’accusa di aver stretto un forte legame con la dittatura pinochettista in Cile, nell’ambito dell’internazionalizzazione della repressione e della persecuzione politica, oltre a quella di aver partecipato attivamente ad alcune operazioni promosse dall’Esercito, tra cui la cosiddetta “Operação Pajussara”, condotta nel 1971 allo scopo di catturare Carlos Lamarca, uno dei maggiori esponenti della resistenza al regime militare e capitano dell’esercito brasiliano che scelse la strada della diserzione per aderire alla lotta armata contro il regime. In questo caso, Petrobras collaborò attivamente con l’esercito, mettendo a disposizione dei militari i dati e le informazioni di cui era in possesso, ma anche uomini e automezzi. Leader dell’organizzazione guerrigliera Vanguarda Popular Revolucionária, Lamarca fu fatto prigioniero e poi ucciso dall’esercito il 17 settembre 1971, dopo anni trascorsi dai militari a dare la caccia al rivoluzionario.
Non si trattò dell’unico caso di collaborazione tra esercito e Petrobras che, insieme, condussero indagini su almeno tremila persone considerate sospette da cui derivarono la messa in stato d’accusa per oltre settecento lavoratori e l’istituzione di circa millecinquecento processi, in particolare nei confronti dei sindacalisti. L’impresa petrolifera sosteneva che “la sicurezza nazionale non potesse essere oggetto di manifestazioni isolate di indisciplina”, così venivano definiti gli scioperi e, insieme alla dittatura, temeva la crescita delle organizzazioni sindacali e cercava di delegittimarle accusandole, di fronte al paese, di aver stretto contatti con l’Urss.
Tra gli organismi più temuti dai lavoratori vi era la Divisione di vigilanza e informazione (Divin), creata da Petrobras per controllare la frequenza delle entrate e delle uscite delle persone dal Departamento de Ordem Política e Social (Dops), il maggior centro di detenzione e tortura a cui avevano dato vita i militari brasiliani e citato più volte da Frei Betto anche nel suo libro “Battesimo di sangue”.
Le cosiddette “indagini politico-sociali” di Petrobras consistevano nel chiedere al Dops informazioni sull’iscrizione dei propri dipendenti a partiti e sindacati e contenevano spesso note che qualificavano i sovversivi come “elementi pericolosi per il regime democratico”, un vero e proprio paradosso poiché i ventuno anni di dittatura sono stati caratterizzati da pratiche ben lontane dalla democrazia.
Ad essere tenuto sotto controllo da Petrobras era anche l’orientamento sessuale dei lavoratori: almeno dieci di loro finirono nelle mani degli aguzzini proprio a causa della loro sessualità e vennero identificati con termini omofobi propri del Codice penale militare della dittatura.
Il lavoro di ricerca promosso da Agência Pública non ha soltanto lo scopo di non far perdere la memoria di quanto accaduto, ma intende sensibilizzare l’opinione pubblica affinché le imprese coinvolte con la dittatura siano costrette a risarcire le vittime delle torture. I documenti e le testimonianze raccolte sono state inviate al Ministero pubblico federale affinché possa intraprendere azioni legali contro le imprese stesse.