Brasile: il primo congresso dei Sem terra

Il 29 gennaio 1985, a Curitiba, i contadini senza terra si riuniscono e gettano le basi per la costruzione di una società non più sottomessa al neoliberismo

di David Lifodi

All’insegna della parola d’ordine Ocupação è a única solução, il 29 gennaio 1985 si apriva il primo congresso del Movimento Sem terra. L’occupazione della terra come forma di lotta rappresentava, e rappresenta tuttora, uno degli assi politici di questa organizzazione popolare, tra le più longeve, influenti e rispettate in America latina, insieme alla battaglia per la riforma agraria e per il socialismo.

In occasione del primo congresso, che si svolse a Curitiba (Paraná) fino al 31 gennaio 1985, i senza terra gettarono le basi per la nascita di quello che molti anni dopo sarebbe stato il movimento altermondialista, basato sulla costruzione di una società nuova, non sottoposta al modello economico imposto dalla globalizzazione neoliberista. Il 1985 per il Brasile è un anno cruciale: il paese esce da una dittatura militare lunga 21 anni, da quel 1964 in cui era stato rovesciato il presidente democraticamente eletto João Goulart. Del resto, è proprio negli anni Sessanta che hanno origine quelle leghe contadine da cui poi sorgerà il movimento dei senza terra. Le Ligas camponesas di Francisco Julião saranno l’alveo culturale da cui prenderà forma l’Mst, senza dimenticare, negli anni Ottanta, la profonda influenza della Pastorale della Terra (Cpt) e delle Comunità ecclesiali di base (Cebs), legate alla sponda progressista della Chiesa cattolica e da cui sorgerà il nucleo originale del Movimento dos Agricultores Sem terra, poi mutuato in Movimento Sem terra.

Tuttavia, il 1985 è un anno fondamentale non solo per il Brasile, ma anche per gli stessi senza terra, che sperano in una rapida applicazione del Plano nacional da Reforma agrária, che faceva intravedere una rapida attuazione dell’Estatuto della Terra e l’assentamento per quasi un milione e mezzo di famiglie. In realtà, sotto la presidenza Sarney, solo il 6% degli assentamentos fu assegnato alle famiglie, e solo grazie alla dura lotta intrapresa dall’Mst che, fin dalla sua nascita, capì sulla propria pelle cosa significava schierarsi contro il grande latifondo. Eppure, il primo incontro nazionale dei Sem terra, precedente al congresso e che si tenne a Cascavel, sempre nello stato del Paraná, nel 1984, si era svolto all’insegna della speranza per una possibile riforma agraria in pratica mai attuata e che il movimento ancora attende. L’occupazione della fazenda Annoni (municipio di Sarandi – Rio Grande do Sul), compiuta il 29 ottobre 1985 da oltre settemila Sem terra, non solo fu la più significativa dell’Mst, ma fece capire all’oligarchia latifondista che il movimento non era intenzionato ad arretrare. Nell’accampamento Encruzilhada Natalino risuonarono gli slogan che avrebbero fatto la storia del movimento: Sem reforma agrária não há democracia e Terra para quem nela trabalha.

Come dichiarò José Bové in un’intervista rilasciata a Pierluigi Sullo sul quotidiano il manifesto del 13 marzo 2001, dal titolo La marcia non è finita, i senza terra si fanno portavoce della rottura con la vecchia idea che “i contadini non sono capaci di reinventare il loro futuro”. Non a caso, fin dalla nascita, l’Mst scommette sulla costruzione di un nuovo rapporto tra potere e cittadino, su uno stretto legame con la società civile, ritenuta soggetto interlocutore e base d’appoggio dei movimenti e su un’istruzione basata sull’auto-organizzazione, a partire dalla pedagogia di Paulo Freire. Sempre sul quotidiano il manifesto, il 15 novembre 1998, uno dei leader storici dei Sem terra, João Pedro Stedile scrisse: “Vogliamo appena i diritti sociali elementari garantiti dalle innumerevoli e innocue dichiarazioni sui diritti umani, quelle che in molte società sviluppate sono diritti acquisiti dagli animali: il diritto di vivere con dignità, lavorare la propria terra senza dovere più vendere le proprie braccia ai latifondisti, avere un salario capace di mantenere la famiglia, una casa per vivere ed una scuola per i figli”.

Da quel 29 gennaio 1985 ad oggi il percorso dei Sem terra è stato caratterizzato da episodi drammatici (basti pensare al massacro di Eldorado dos Carajás), da un durissimo confronto politico, soprattutto all’epoca delle presidenze di Collor de Mello e Cardoso fino all’attuale golpista Temer, passando per la disillusione seguita alla presenza al Planalto di Lula e Dilma Rousseff, che alla fine non sono stati in grado di venire incontro più di tanto alle loro richieste, eppure il movimento ha sempre dato grandi lezioni di maturità e coerenza politica. “Siamo socialisti”, scrisse una volta Stedile, “abbiamo la certezza che la società socialista sarà una tappa superiore in cui le persone saranno più uguali, in cui ci sarà più giustizia. Ma ora abbiamo un problema, siamo nel capitalismo neoliberista. Per arrivare a questa società socialista che sogniamo e che, nella nostra lettura, è frutto di un lungo periodo storico di trasformazione delle strutture c’è un lungo cammino”.

Quel cammino che ancora oggi, al pari delle tante marce effettuate, i Sem terra continuano a percorrere in un contesto politico e sociale molto complesso, ma a testa alta e con la consapevolezza di rappresentare una guida e un esempio per i tanti movimenti sociali del continente.

NOTA: sono innumerevoli le pubblicazioni sui Sem terra degne di nota. Segnalo, in particolare, “Continuare a piantare alberi. Storia e progetto del Movimento Sem terra brasiliano”, capitolo scritto da Serena Romagnoli all’interno del volume curato da Aldo Zanchetta America latina. L’avanzata de los de abajo. Movimenti sociali e popoli indigeni (Massari editore, 2008).

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Un commento

  • Sono articoli come questi, che parlano di realtà così lontane, eppur vicine( per via dello sfruttamento cui sono oggetto gl’immigrati agricoli italici oggi e indigeni ieri), che ti rendono felice di essere albero nella foresta dell’isola Bottega.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *