Brasile: incendi in favelas…
… l’ombra della speculazione immobiliare
di David Lifodi
A cidade è nossa (la città è nostra), gridano i favelados del Moinho, una delle baraccopoli più estese di San Paolo, durante le loro periodiche manifestazioni volte a sensibilizzare la società, ma soprattutto i palazzi della politica, sull’impressionante sequenza di incendi che dall’estate ad oggi ha devastato numerose favelas della città paulista. E invece le mani sulla città ce l’hanno loro, gli speculatori immobiliari, amici della maggior parte dei membri della commissione d’inchiesta che dovrebbe indagare sugli incendi in favelas e invece arenatasi perché il numero legale non viene mai raggiunto: fanno mancare appositamente il quorum in modo tale da affossarla, poiché i mandanti morali dei roghi sono gli stessi speculatori.
Avete capito bene, si tratta di incendi di stato, un sistema utilizzato dal prefeito di San Paolo Gilberto Kassab per fare pulizia sociale nelle favelas di San Paolo sorte a ridosso dei quartieri abitati dall’alta borghesia paulista: su quei terreni speculatori e grandi imprese (Oas, Camargo Correa, Odebrecht) intendono costruire quartieri di lusso, o comunque opere di riqualificazione dell’area per permettervi l’installazione in loco delle fasce sociali medio alte. È la cosiddetta gentrification, dicono. Gli attuali componenti della commissione d’inchiesta sono sodali di Kassab, legati alle lobbies del settore immobiliare, dalle quali sono lautamente finanziati: basta questo per far capire come i lavori della commissione si riducano ad una farsa. Una delle poche volte in cui si è riunita la commissione d’inchiesta i lavori si sono conclusi dopo nemmeno venti minuti. Nei primi nove mesi del 2012 hanno preso fuoco ben 34 favelas, tutte nelle zone della città dove era prevista una riqualificazione dal punto di vista immobiliare. Il Moinho ha avuto la sfortuna di essere collocato in un’area della città a metà tra la periferia ed il centro, una zona residenziale perfetta, devono aver pensato gli speculatori. Una volta distrutto in buona parte dal fuoco, Kassab ne ha avallato subito lo sgombero. Si, perché il Moinho, come altre favelas, nel frattempo si era trasformato in un luogo di resistenza sociale, umana, politica e artistica: quale migliore occasione per metterlo a tacere? Due sono i fatti singolari che si ripetono ad ogni incendio, denotano il Frente de Luta pela Moradia ed il Movimento dos Trabalhadores Sem Teto: i militari intervengono per evitare che la gente torni nelle baracche a prendere le poche cose scampate alle fiamme e nel giro di poco la polizia si attiva, su ordine del prefeito, per radere al suolo la favela. È successo così in quella di Real Parque: dopo l’incendio è stato eretto un muro affinché agli abitanti non venisse in mente di installarsi di nuovo in quella zona. Altro particolare non trascurabile: i pompieri arrivano spesso in ritardo, quando l’incendio è ormai divampato, e spesso senza acqua a sufficienza per domarlo. Eppure tra il 2001 ed il 2004 i favelados erano stati responsabilizzati grazie al progetto di Marta Suplicy, prefeita petista durante quel periodo. Per ogni favela erano stati formati degli abitanti che avevano ricevuto due estintori ciascuno e svolgevano un ruolo di controllo e prevenzione che era riuscito a scongiurare la serie di incendi di vastissime proporzioni ripetutasi negli ultimi anni. Il progetto è stato sospeso dalla successiva amministrazione, quella di José Serra, appartenente come Kassab al Partido Social-Democrático brasileiro (Psdb). Nel 2010 sono state avvolte dalle fiamme 95 favelas e nel 2011 78, ma nonostante tutto anche i partiti oppositori di Kassab hanno fatto ben poco. Il Partido dos Trabalhadores (Pt) e il Partido Comunista do Brasil (PCdoB), ad esempio, hanno giustamente definito la commissione d’inchiesta una farsa, ma hanno commesso un grave errore rinunciando a nominare i tre membri che pure spetterebbero loro di diritto, lasciando così campo libero ad una destra pericolosa e dichiaratamente razzista. La comunità afrobrasiliana di San Paolo è quella che sta pagando il prezzo più alto a causa delle politiche abitative escludenti di Kassab. L’estrema destra paulista, segnalano gli afrobrasiliani, negli ultimi anni ha mostrato il suo vero volto: gli incendi nelle favelas non sono casuali, ma volti ad espellere dal tessuto sociale urbano la popolazione nera, povera e proveniente dalle periferie. Raquel Rolnik, urbanista e docente universitaria di Architettura a San Paolo, spiega che la questione abitativa rischia di trasformarsi in una bomba ad orologeria per il legame tra la politica e la speculazione immobiliare. Solamente sotto la gestione Kassab gli incendi nelle favelas hanno raggiunto quota cinquecento. Rede Globo, che rappresenta un vero e proprio impero mediatico in Brasile, ha attribuito ai favelados la responsabilità degli incendi, a causa di allacci di fortuna alla rete elettrica e alla mancanza di prevenzione. Alla disinformazione della grande stampa si unisce l’irresponsabilità delle istituzioni che, invece di proteggere i cittadini o comunque tentare di risolvere il problema, li minacciano e rifiutano di difendere i loro diritti fondamentali. Del resto Kassab ha capito che il sottoproletariato urbano che abita nelle favelas potrebbe rappresentare un ostacolo concreto ai progetti di speculazione immobiliare su cui hanno già investito le imprese immobiliari, per cui reagisce criminalizzando la protesta. Le preoccupazioni del prefeito non sono infondate: la questione abitativa, al pari dell’edificazione di grandi opere e infrastrutture, sta occupando sempre di più la scena politica brasiliana. Un esempio concreto viene dai comitati popolari sorti spontaneamente nelle città che ospiteranno i mondiali di calcio del 2014: da tempo denunciano un crescente stravolgimento del territorio per far posto ad alberghi di lusso, centri commerciali, nuove stazioni ferroviarie. Non è un caso che il Brasile sia ai primi posti nella classifica dei paesi latinoamericani con il tasso più alto di speculazione edilizia. Buraco Quente, São Miguel, Alba, Piolho, Vila Prudente e Paraisópolis, sono alcune delle favelas maggiormente sotto attacco, quelle in cui le fiamme hanno fatto i danni peggiori.
Eppure, nonostante gli incendi degli ultimi mesi abbiano messo a dura prova la vita dei favelados, i legami comunitari e sociali non sono stati cancellati, ma addirittura si sono rafforzati. Su un muro del Moinho è rimasta intatta la scritta Kassab salafrário (mascalzone), una sorta di monito degli abitanti della favela al prefeito: se pensi di liberarti di noi così facilmente ti sbagli di grosso.