Brasile: organizzarsi, occupare e resistere
A São Bernardo do Campo, storico polo industriale, una delle più grandi occupazioni del paese di fronte a disoccupazione e recessione economica
di David Lifodi
Nel Brasile della recessione economica galoppante e della disoccupazione in continua crescita, da alcuni mesi è in corso una delle più grandi occupazioni della terra, quella nello storico polo industriale di São Bernardo do Campo, nell’Abc paulista: circa seimila persone hanno scelto di rispondere così alla dilagante speculazione immobiliare favorita da una classe politica corrotta e dedita solo ai propri interessi. A sostenere l’occupazione, promossa dal movimento urbano dei Sem teto, Aldo Santos, ex consigliere della città, che ha sottolineato l’enorme contrasto tra la popolazione più ricca della città, che diventa sempre più ricca, e le fasce sociali più povere, condannate ad una progressiva marginalità. Di fronte a tutto ciò, ha dichiarato Santos al Correio da Cidadania, l’unica soluzione è “organizzarsi, occupare e resistere”.
La mega occupazione di São Bernardo do Campo, spiega Santos, è una risposta di fronte allo Stato che ha abbandonato al suo destino milioni di lavoratori. Lo stesso nome dell’occupazione, Povo sem medo, sta a rimarcare che la popolazione è stufa delle provocazioni dei propri amministratori. Orlando Morando, esponente della socialdemocrazia brasiliana, che in Brasile si colloca a destra, aldilà del nome, ha bollato gli occupanti come “invasori”, con il sostegno del governatore dello stato di San Paolo João Dória. In realtà, l’esperimento di Povo sem medo chiama il Brasile alla costruzione di una società libera, democratica ed egualitaria. Divenuta in breve tempo la seconda occupazione della terra dopo quella di Vila Nova Palestina, nella zona sud di San Paolo e abitata da circa ottomila persone, Povo sem medo non è un’invasione, come tengono a sottolineare gli occupanti. Il terreno dove è sorta l’occupazione appartiene all’impresa immobiliare Mzm. Nel 2014 l’amministrazione della città, allora a guida petista, aveva chiesto all’impresa di smobilitare perché su quel terreno Mzm non adempiva ad alcuna funzione sociale. Tuttavia, non appena è avvenuta l’occupazione, l’impresa chiese alla giustizia di autorizzare l’immediato sgombero dell’intera area tramite l’intervento della polizia militare. Povo sem medo è divisa in diciannove gruppi: ciascuno ha un proprio coordinatore, una cucina comunitaria e strutture costruite dagli stessi occupanti. Alimenti e altro sono frutto di donazioni private da quella parte della città che non è ostile all’occupazione. Circa quindicimila persone hanno sostenuto, all’inizio, l’occupazione della terra, con buona pace di Orlando Morando, che rifiuta di aprire un canale di dialogo, ma soffia pericolosamente sul fuoco della protesta anti-occupanti, in particolare quella dell’autoconvocato Movimento Contra Invasão em São Bernardo do Campo, peraltro fortemente critico verso lo stesso prefeito a causa del suo presunto immobilismo.
Quando l’occupazione ebbe inizio, lo scorso 1 settembre, la foto aerea dell’occupazione fece rapidamente il giro di internet: i cinquecento senza tetto che irruppero sul terreno di proprietà dell’impresa Mzm divennero rapidamente il simbolo della crisi sociale brasiliana. Attualmente in Brasile ci sono circa 14 milioni di disoccupati, gran parte dei quali vittima delle politiche di austerità dovute alla recessione economica, a partire dalla mancanza di politiche adeguate per quanto riguarda la questione abitativa a seguito del taglio dei fondi del programma Minha Casa Minha Vida. Al tempo stesso, in tutto il Brasile, le occupazioni sono in continua crescita a partire dal 2013. Tra il 2004 e il 2014 milioni di brasiliani erano usciti dalla povertà e il paese era divenuto un esempio per il mondo intero. Materie prime e risorse petrolifere erano state utilizzate per finanziare i programmi sociali, ma questa tendenza si è drammaticamente invertita negli ultimi anni e gran parte delle persone che erano uscite dalla povertà, comprese quelle che, seppur con difficoltà, avevano fatto il loro ingresso nella classe media, hanno compiuto un pericoloso balzo all’indietro.
Ogni giorno, per gran parte dei brasiliani, è una lotta per sopravvivere. Tra i programmi che hanno subito una decisa sforbiciata anche il Bolsa Familia che, seppur in chiave principalmente assistenzialista, aveva permesso a milioni di persone di poter usufruire di un aiuto fondamentale per tirare avanti. Contro le occupazioni si scagliano però altri poveri: ad esempio, a contestare Povo sem medo, sono operai qualificati, professori e altre categorie rimaste improvvisamente senza niente in mano, oltre che a condividere con gli stessi occupanti lo sfruttamento e l’esclusione sociale provocata dal grande capitale e dalla speculazione immobiliare in una guerra tra disperati sulla quale si avvantaggiano esclusivamente l’oligarchia e le multinazionali.
come sempre, rimango colpita dalla capacità dei latinoamericani di non demordere di fronte alla globalizzazione. Forse la nostra solidarietà dovrebbe poi trasferirsi in capacità di costruire a casa nostra reali alternative concrete