Brasile: razzismo e sfruttamento nella grande distribuzione
Lo scorso 21 novembre ha fatto scalpore l’uccisione di João Alberto Silveira de Freitas ad opera di uomini della sicurezza privata di Carrefour e della polizia militare a Porto Alegre. Nel più grande paese dell’America latina sono molte le multinazionali della grande distribuzione, degli alimenti, delle bibite e della moda ad essere responsabili di episodi simili.
di David Lifodi
Foto: https://www.resumenlatinoamericano.org/
Lo scorso 21 novembre hanno fatto il giro del mondo le immagini delle videocamere di sicurezza di Carrefour che hanno ripreso un uomo del servizio di vigilanza mentre picchiavano, fino ad uccidere, João Alberto Silveira de Freitas, insieme a membri della polizia militare. Il fatto è accaduto in Brasile, a Porto Alegre, a seguito di una presunta lite tra l’uomo e un commesso del supermercato.
L’episodio ha fatto scalpore per tre motivi.
In primo luogo perché situazioni di questo tipo si ripetono spesso nelle favelas e nei quartieri più poveri delle grandi città brasiliane. Gli ultimi dati evidenziano che ogni 23 minuti, in Brasile, viene uccisa una persona di colore.
In secondo luogo, ha sottolineato il giornalista Eric Nepomuceno nel suo articolo Ser negro sul quotidiano argentino Página/12, in Brasile non è la prima volta che Carrefour è coinvolta in casi del genere.
Infine, in terza istanza, la stessa Carrefour, insieme alle altre due grandi catene della grande distribuzione tra le più diffuse in Brasile, Pão de Açúcar e Big-Walmart, vendono frutta raccolta sfruttando i lavoratori più poveri del paese, secondo quanto ha denunciato Oxfam Brasil, evidenziando condizioni di lavoro molto vicine alla schiavitù e particolarmente pericolose soprattutto per via delle sostanze agrotossiche presenti nei campi di raccolta.
Marques Casara, sul quotidiano on line Brasil de Fato, nell’articolo Racismo y muerte en Carrefour son la punta de iceberg que involucra multinacionales ha ripercorso i molteplici episodi di razzismo di cui si sono resi colpevoli i grandi marchi della grande distribuzione organizzata e non solo in Brasile, a partire proprio da Carrefour. Nel 2009 due dipendenti della catena francese, nella città di Osasco (stato di San Paolo), picchiarono un nero, Januário Alves de Santana, pensando che stesse cercando di rubare un’automobile, rivelatasi poi essere di proprietà dello stesso Januário.
E ancora, il 14 agosto 2020, a Recife, sempre in un supermercato Carrefour, la morte di uomo di colore che lavorava per una ditta a cui lo stesso marchio aveva appaltato alcuni lavori fu nascosta dietro una lunga fila di ombrelli aperti affinché il negozio potesse continuare a rimanere aperto.
Se nella sede principale di Carrefour, quella francese, il razzismo non è tollerato, perché in Brasile avviene il contrario? A chiederselo è proprio Marques Casara, giornalista specializzato nell’analizzare l’attenzione dei grandi marchi globali per il rispetto dell’ambiente, dei diritti umani e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tuttavia, Carrefour non è certo l’unica ad essere responsabile di episodi di questo tipo. L’utilizzo di lavoro schiavo e lavoro minorile, l’invasione di territori indigeni, la violazione dei diritti sindacali e la diffusione degli agrotossici accomunano tutte le grandi transnazionali presenti in Brasile, da Nestlé a Coca Cola, solo per citare alcuni dei marchi più noti.
È per questo che lo scorso 23 novembre, quando l’afrodiscendente João Alberto Silveira de Freitas, un saldatore di 40 anni, è stato ucciso da uomini della vigilanza privata di Carrefour e della polizia militare, centinaia di persone si sono radunate di fronte al supermercato di Porto Alegre per protestare al grido di “Vidas negras importam” e manifestazioni simili sono avvenute anche a Rio de Janeiro e San Paolo, ma il governo, come facilmente immaginabile, ha fatto di tutto per ridimensionare l’episodio e farlo passare sotto silenzio.
João Alberto Silveira de Freitas, bloccato da uno degli uomini della sicurezza, è stato picchiato per circa cinque minuti prima di essere immobilizzato e morire asfissiato.
Da parte sua Carrefour Brasile ha fatto sapere, tramite un comunicato, che si adopererà da ora in poi per combattere i pregiudizi e il razzismo strutturale presente nel paese e il direttore generale Alexandre Bompard, su twitter, ha definito quanto accaduto “un atto orribile” e le immagini delle videocamere di sorveglianza come “insopportabili”.
Spetta alla società civile e in particolare ai consumatori, scegliere cosa comprare e dove, ma gran parte dei grandi marchi, dalla grande distribuzione organizzata agli alimenti, dalla moda alle bibite, difficilmente deciderà di operare in maniera trasparente, equa e rispettando I diritti dei propri dipendenti e delle comunità su cui va ad impattare se l’opinione pubblica non chiamerà a fare “massa critica”.