Breviario 18 – Repubblica (delle banane)

Mauro Antonio Miglieruolo (*) scrive in ritardo – o forse in anticipo – al capo del vecchio/nuovo governo ovvero Mario Draghi

Prìncipi e princìpi della Repubblica (delle banane)

Esiste una differenza non banale che separa i grandi pensatori italiani del Rinascimento da quelli posteriori del Settecento francese. Che i secondi ammettevano che la libertà (in quanto espressione della verità) potesse avere due facce, una pubblica l’altra privata, esclusiva del proprio interiore (libertinismo, credo che qualcuno lo definisca). E gli italiani (Machiavelli, Guicciardini, Campanella ecc.), il cui pensiero inclina spesso inconsciamente a assumere modi curiali (sostengono i francesi), paradossalmente utilizzavano una faccia unica nell’affrontare e analizzare l’esistente.

Prendiamo Machiavelli, del quale si è detto tutto il male possibile, pur riconoscendo ch’era un grande pensatore. Ma detto ingiustamente: non c’è chi non sappia (se lo vuol sapere) che il Machia non ha fatto altro che descrivere la pratica politica dei grandi della Terra. Gli stessi, tramite i loro chierici, che poi si concedevano e si concedono di denigrarlo.

Forse in ragione della coerenza del grande pensatore, virtù insopportabile per gli intellettuali di parte borghese. Il Machiavelli, fondatore della teoria politica borghese, della politica della crudeltà e dell’inganno, non nascondeva questo “vizio” dietro virtù apparentati strettamente con l’ipocrisia. Nessuna doppia verità. Ma la “verità” che lo stato nuovo è possibile solo producendo l’inferno della ferocia e del crollo etico. Possibilità che apre le porte alla legittimazione morale. Al reale che diventa fondamento della morale.

Non tutte le imprese tendenti alla fondazione di uno stato “novo” sono per lui legittimabili. Può esserlo l’impresa massima della fondazione di uno stato che sia anche fondazione di un popolo. Unica eccezione dunque (l’eccezione per altro è tale quando è unica: quando è vera singolarità) la creazione di un Principato che unisca l’Italia e difenda gli italiani “dalli” altri Principati europei. Questo il motivo che lo spingeva a approvare i metodi del Valentino; scommettendo su un uomo che, per quanto valido, si è mostrato non in grado, da solo, senza la protezione del papa e quello ancor più solido della “fortuna”, di portare a compimento l’impresa.

Per dare completezza al discorso bisogna comunque osservare che in Machiavelli sussiste una diversa concezione della politica, anch’essa coltivata e detta nella trasparenza. Mi soffermo brevemente su quest’ultima, spinto proprio dalla necessità di confermare che non costituiva il retroscena segreto della prima. Ma un differente modo di vedere le cose in tutti i casi in cui non fosse in ballo il possibile risveglio “dell’antico valore italico”.

Altra differenza non banale è quella che separa l’immoralità del Machia (che equivale alla sostanza della moralità borghese) è data dalla sfacciataggine con la quale si conducono politici grandi, medi e piccoli (per lo più piccoli piccoli), sfacciataggine tollerata e persino promossa dai chierici del Capitale, sostenuta dall’immoralità di ispirazione cattolica prima e protestante poi. Fondata sulla menzogna sistematica. Lo scopo ultimo del pensiero borghese è di nascondere alle masse la natura dei “veri scopi che si prefigge”.

Nella loro visione non c’è spazio per i bisogni delle masse. Delle quali si ricordano esclusivamente a ridosso delle scadenze elettorali. E allora sono blandizie da cortigiane incallite. Al contrario del Machiavelli il quale reputava fosse compito preminente del Prìncipe badare al benessere dei sudditi. Un Prìncipe, per essere tale, alla necessità di essere temuto (la violenza dei tempi lo prescriveva), accoppiava quella di essere rispettato e amato.

Si tratta dell’obiettivo principale che dovrebbe guidare i comportamenti degli uomini politici che ci governano. Tutti, anche quelli osannati, ma dal nome minaccioso. I quali, chiamati ad alti incarichi, non operano in favore del bene collettivo, ma per quello dei Prìncipi che li hanno voluti (Marchionne una volta ha dichiarato: Renzi è stato messo lì proprio per fare quello che sta facendo). Si dovrebbe essere prìncipi non solo per regnare, ma per non lasciare un popolo alla merce degli aguzzini. Interni ed esterni. Americani, ad esempio. Della finanza, altro esempio…

Non praticare dunque la doppia coscienza di cui all’inizio. Le menzogne pubbliche, le verità private. Vogliono esser potenti, gloriosi salvatori della patria? si comportino con coerenza.

Per quel che è loro possibile, naturalmente, ma anche un pochino oltre il possibile. A costo della carriera. Che acquisisce senso solo se nella propria attività, volendo essere prìncipi, si accede alla dimensione degli incarichi e obblighi da cui è investiti. In caso contrario non si è prìncipi, anche se in tale modo si viene definiti; ma vassalli. Forse persino valvassori, se non valvassini; o, più probabilmente SEGRETARI DEI VALVASSINI.

Voglia dunque la Signoria Vostra che guida l’attuale governo mostrarsi di pasta differente (e più salda coscienza) di costoro. Umilmente le chiedo, anzi no: la imploro; di dare addio alla doppia coscienza dei francesi; e di sapersi affrancare dalla servitù e diventare lei stesso grande: grande per i suoi. Signor Draghi, per favore, dica qualche no ai Padroni del Mondo (finanzieri e Americani). Non tanti: qualcuno. Si guadagnerà la gratitudine lunga di milioni di esseri umani.

Italiani e non italiani.

(*) Avete presente il vecchio film «Cinque pezzi facili»? Il nostro Mauro Antonio ci ha regalato 10 pezzi facili. Evviva. Anzi 15. Evviva bis. I “breviari” sembravano finiti ma ora ne sono arrivati altri 4 – questo è il secondo – e poi…chissà. Qui in “bottega” ci siamo talmente emozionati (in buon italiano: incasinati) con la numerazione che dal 14 siamo saltati al 16 ma ormai è tardi per rimediare. O forse siamo pigri e dadaisti.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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