Buenos días México!
Sconfitta l’interminabile alternanza panista-priista. Andrés Manuel López Obrador è il nuovo presidente del paese
di David Lifodi
La vignetta è di Vincenzo Apicella
Andrés Manuel López Obrador è il nuovo presidente del Messico: troppo ampio il vantaggio sugli altri due candidati espressione del sistema, il priista Meade e il panista Anaya, perché fossero possibili i temuti brogli che in altre circostanze hanno tolto Los Pinos ad Amlo.
Inutile dire che per il Messico si tratta di un risultato storico. Per la prima volta la sinistra ha conquistato la presidenza di un paese occupato ininterrottamente dal partito dinosauro Partido Revolucionario Institucional (Pri) e dal Partido Acción Nacional (Pan). La chiusura della campagna elettorale di Amlo, in uno stadio Azteca stracolmo, aveva rafforzato le speranze di vittoria di una sinistra che torna ad alzare la testa nel continente, dopo una lunga serie di sconfitte elettorali (ad eccezione del Venezuela chavista) e colpi di stato. All’estabilishment non è bastato negare lo Zócalo di Città del Messico al futuro presidente, mentre Anaya e Meade erano costretti a terminare il loro tour elettorale in luoghi chiusi, segno del forte distacco rispetto alla grande maggioranza dei messicani e del ripudio della società civile verso quel Pacto por México ratificato tra le elites imprenditoriali del Pri, del Pan e dell’altrettanto screditato Prd.
Il voto di punizione ai partiti tradizionali, trasformatosi in un plebiscito per Morena (Movimiento Regeneración Nacional), la creatura politica a cui ha dato impulso Amlo, si è basato soprattutto sull’impegno di quest’ultimo a dare battaglia alla corruzione, ormai diventata da anni pratica comune di panismo, perredismo e priismo. Addirittura pare che Cambridge Analytica, nota per aver utilizzato informazioni personali degli utenti di facebook per influenzare il risultato delle elezioni negli Stati uniti a vantaggio di Trump, abbia offerto oltre sette milioni di dollari al Partido Revolucionario Institucional per creare le condizioni propizie per favorire Meade e screditare in tutti i modi Amlo. Queste informazioni provengono dal New York Times, che ha avuto accesso ad un documento riservato, e non da qualche organo di controinformazione o militante.
Obrador, che aveva sfiorato la presidenza nel 2006 (quando Calderón si appropriò in maniera fraudolenta di Los Pinos) e nel 2012 (in quell’occasione Peña Nieto era diventato il nuovo mandatario del paese), in realtà è dovuto scendere ad alcuni patti per giungere alla guida del paese, come del resto era stato costretto a fare Lula in Brasile nel 2002, non a caso ha utilizzato per la sua campagna elettorale lo slogan Amor y Paz, lo stesso su cui era stata incentrata la vittoria dell’ex inquilino del Planalto in occasione del suo primo mandato. Ad esempio Valeriano Suárez, presidente della confindustriale Confederación Patronal, si è compiaciuto delle dichiarazioni anticorruzione di Amlo e lo stesso Financial Times ha scritto che il nuovo presidente non è così pericoloso come molti immaginano. Inoltre, il Partido Encuentro Social, di ispirazione evangelica, si è tranquillizzato per la contrarietà di Amlo all’aborto, così come ad una parte dell’oligarchia non è dispiaciuta la promessa di Obrador di non mettere in discussione la contestata Ley de Seguridad Nacional, approvata nel 2017 e volta a mantenere la presenza dei militari nelle strade aumentando i poteri e le prerogative in loro possesso.
Eppure, in un paese dove lo scorso 10 giugno il numero di omicidi di dirigenti politici aveva raggiunto quota 112 in una delle campagna elettorali più violente del Messico, il successo elettorale di Obrador rappresenta comunque una ventata di freschezza e di novità. Le aspettative su di lui sono alte, anche perché Amlo ha preso pubblicamente posizione, più volte, contro le stragi più recenti della storia del paese (Ayotzinapa, Tlatlaya e Nochistlán) e la vasta rete di corruzione apertasi intorno alla multinazionale Odebrecht, ha espresso la propria contrarietà alla costruzione del nuovo aeroporto di Città del Messico e a favore della cancellazione della riforma dell’energia e di quella dell’istruzione. Al tempo stesso, occorre che tutta la sinistra, anche quella che si era identificata nella candidata anticapitalista e zapatista Marichuy, esclusa dalla competizione elettorale per il mancato raggiungimento del numero minimo di firme ottenute invece in maniera fraudolenta da altri partecipanti alle presidenziali, sostenga e appoggi Amlo affinché possa mettere in pratica un programma politico radicale. Scendere a patti con le elites, infatti, non è una garanzia per il mantenimento della presidenza, si pensi ad esempio alle manovre di Claudio X Gonzalez, del Consejo Mexicano de Negocios e di Juan Pablo Castañón, del Consejo Coordinador Empresarial, che hanno fatto di tutto per delegittimare in tutti i modi Amlo.
Per Amlo e Morena adesso comincia un’altra sfida, quella di restituire dignità ad un paese nelle mani del narcotraffico e di una grande imprenditoria divisa, ma comunque fortemente pericolosa. Se Obrador non porterà a termine la sua rivoluzione, lo scenario politico potrebbe pendere verso un estallido social dagli sviluppi imprevedibili.
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Ecco ve lo racconto io, questa notte mentre dormivate io e tanti vegliavamo il nostro computer in attesa di scoprire se il Messico i Messicani eravamo riusciti a recuperare la democrazia, durante gli ultimi anni avevamo smesso di credere che potevamo lottare contro un sistema che “permetteva” l’acquisto del voto, la manipolazione informatica o manuale dei risultati o le bugie delle intense campagne mediatiche che bombardano per mesi e mesi il paese, allora cosa è cambiato questo anno?
Il formato era scaduto questa volta siamo più coscienti che non tutto quello che leggiamo è vero, abbiamo imparato a questionare, a informarci, a credere nel potere del voto, abbiamo capito che se votavamo in tanti gli effetti delle solite pratiche per manipolare le elezioni sarebbero state inutili perché allora sarebbe stato più chiaro che mai che avevano perso la democrazia e magari questa volta non solo si andava ad accampare al Zocalo della città di Messico perché il discontento si era accumulato. non ha soltanto votato per cambiare un governo incapace di difendere la soberania e la dignità dei Messicani, abbiamo votato come strumento per mandare un segnale chiaro, non vogliamo più che la politica messicana basi le fondamenta su le necessita dei più poveri, comprando un voto per 25 euro, a cambio de un governo di 6 anni che continua a concentrare ricchezza su pochissimi e dimenticando il 50% del Messico in Povertà. Queste pratiche si sono ripetute sempre, ma questa sarebbe stata la terza volta che Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO) provava a candidarsi per la presidenza convinto di avere un progetto e una squadra capace di cambiare le triste statistiche del nostro paese. La prima volta nel 2006 il governo o la mafia del poder come la chiama lui, hanno orchestrato una frode elettorale a tutti livelli ma anche una campagna pubblicitaria conosciuta in Messico come le campagne della Paura, nelle quali si screditava il candidato e hanno dato la presidenza nazionale a Felipe Calderón con un margine virtuale di 0.7%, un margine cosi volatile che dopo la quantità di denunce sulle irregolarità delle elezioni sarebbe sparito, ma loro hanno governato cosi.
Nel 2012 era ancora Andres Manuel il candidato da battere, ancora una campagna mediatica di scredito e di avvertenze sul pericolo che era per il Messico, questa volta perse con un 8% contro Enrique Peña Nieto.
E siamo arrivati nel 2018 con un governo che accumula violenza, corruzione, e incapace di risolvere i problemi del Messico e tanto meno alla altezza delle circostanze internazionali. La proposta 5 candidati, Margarita Zavala, moglie del presidente che inizio la lotta contro il narco e che porto il Messico ad essere una fossa comune ma le viene viene tolto il supporto del suo partito Accion Nazional, dove Ricardo Anaya era presiedente e dove Lui stesso si presento come il candidato, Margarita si presenta come indipendente, ma con poche probabilità, per conto del partito Revolucionario institucional, partito che governa da sempre e che la maggioranza non vogliamo più il candidato Jose Antonio Meade.
E poi Andres Manuel questa volta pero tutte le bugie dette su di lui sono state smentite e 12 anni dopo tanti sono curiosi di sapere cosa ha da dire, e perché il governo non vuole un outsider del sistema, che propone educazione, lavoro, riforme energetiche, pensioni, lavoro per i giovani, soluzioni pacifiche per la sicurezza nazionale, etc. dicono che diventeremo la Venezuela del norte ma ora che tutti sappiamo chi è AMLO ce la sentivamo di darle una opportunità e questa opportunità era anche dedicare tempo per capire se le notizie erano fake news come lo erano quasi sempre e per quelli in Messico il compito era anche diffondere ogni volta che il Pri faceva le solite truffe, sappiamo che sarà il presidenti del Messico più controllato, sappiamo tutto su di lui, anche quanti vestiti ha. Questa opportunità se la è buscata lui ma dopo 12 anni gliela stiamo dando noi con una approvazione di più del 50%, abbiamo capito che il voto lo possiamo far valere se siamo in tanti e anche dal estero come è il mio caso. Con esperanza por Mexico.
Il candidato del partito di sinistra ha promesso “profondi cambiamenti” e “senza dittatura”. Ecco sette cose da sapere sul nuovo uomo forte del paese, lungi dall’essere un nuovo arrivato nella politica messicana.
Quella che il Messico ha soprannominato “AMLO” con le sue iniziali, è nata nel 1953 a Tepetitan, un piccolo villaggio rurale di 1.400 abitanti situato nello stato di Tabasco, nel sud del paese. Secondo di sette figli, è cresciuto in una famiglia della borghesia provinciale. Suo padre e sua madre sono entrambi commercianti.
Appassionato di baseball, gioca un ruolo centrale nella squadra locale e ha sempre sostenuto i Cardinali di Saint-Louis – per un po’ immagina fare carriera nello sport.
La sua infanzia è segnata da una tragedia: la morte del fratello maggiore, ucciso mentre giocava con una pistola.
“El Peje”, politica e indiani
Nel 1973, Andrés Manuel López Obrador entrò nell’università, da dove si laureò in scienze politiche nel 1976. Solo più tardi completò il suo curriculum accademico di dottorato.
A 23 anni, il giovane si unì ai ranghi del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), il partito egemonico al potere, inizialmente di sinistra e gradualmente scivolato al centro destra. Nominato presso l’Istituto di popolazioni indigene dello Stato di Tabasco, Andrés Manuel López Obrador – soprannominato “El Peje” in riferimento al Pejelagarto, un enorme pesce locale – si distingue per i suoi programmi sociali per gli indiani.
Una tempra ecologica e antisistema
La sua prima delusione politica arrivò nel 1983, quando si dimise da PRI Regional Manager. In quel momento, la sua ambizione e il suo desiderio di rendere un po ‘più trasparente il funzionamento del partito fanno rabbrividire i leader.
AMLO poi diventato capo dell’Istituto Nazionale dei consumatori e guadagnando notorietà nazionale attraverso l’organizzazione di manifestazioni su scala nazionale contro la compagnia petrolifera nazionale messicana Petroleum Company (PEMEX), accusata di numerosi disastri ambientali.
Pubblica anche diversi libri, tra cui uno sulla frode massiccia durante la campagna per le elezioni locali a Tabasco nel 1988. Il 25 novembre 1991, lanciato una marcia chiamata “L’esodo per la democrazia”, che parte dal capitale di Tabasco per raggiungere città del Messico, l’11 gennaio 1992. La guiderà durante i due mesi.
Punta della politica anti-corruzione
Dopo essersi unito al Partito della rivoluzione democratica (PRD), fondato nel 1989 dai ribelli di sinistra del PRI, Andrés Manuel López Obrador fa carriera politica. Nel luglio 2000 è eletto sindaco di Città del Messico, dove impone un programma di sicurezza per ridurre il crimine -chiede -ingenuamente- aiuto al sindaco di New York Rudy Giuliani. Diventa la punta di diamante di una politica anticorruzione, che ribattezza “guerra contro la mafia del potere”.
Introduce anche l’assegno “Per il bene di tutti, in primo luogo i poveri”, che fornisce un sostegno finanziario alle madri single, una rivalutazione delle pensioni basse, programmi educativi, o la riqualificazione delle infrastrutture di trasporto delle megalopoli.
La sua popolarità è forte, ma gli scandali di corruzione colpiscono alcuni dei suoi dipendenti. Nel 2004, Andrés Manuel López Obrador è sotto processo di impeachment, ma accusa il governo di voler impedirgli di candidarsi alle elezioni presidenziali. Un milione di suoi sostenitori percorrono le strade di Città del Messico nel 2005 e la procedura viene infine abbandonata.
Due fallimenti elettorali cocenti
Eletto candidato alle presidenziali dal PRD nel 2006, AMLO lascia il municipio del Messico. Di fronte a lui, Felipe Calderon conduce un’intensa campagna anche mediatica. Data la perdita in tutti i sondaggi, Felipe Calderon infine vince per 0,56 punti, causando proteste per diverse settimane per un nuovo conteggio dei voti in un contesto di sospetta frode. Il ballottaggio è convalidato.
Per rilanciare la sua carriera politica sceglie la canzone El Necio (testardo), del compositore cubano Silvio Rodriguez,
Un’immagine di protesta accattivante
Il 9 settembre 2012, AMLO rilancia una nuova partenza lasciando il PRD, e fondando, poche settimane dopo, il Movimento di rigenerazione nazionale (Morena), che è diventato un partito nel 2014. Intende placare la sua immagine di protesta e circondarsi di tre dei suoi figli per la campagna.
Unito ad alcune forze di sinistra, il candidato si oppone all’accordo di libero scambio nordamericano – e tratta Donald Trump come un “bruto irresponsabile”. Soprattutto, afferma che la corruzione “la più grande piaga del Messico”; invita i suoi concittadini ad adottare uno stile di vita più onesto e promette un “governo austero”.
Recuperando “denaro dai corrotti”, che stima a 21 miliardi di euro l’anno, AMLO intende finanziare il suo ambizioso programma di lotta alla povertà: grandi opere, sanità gratuita e istruzione, borse di studio, aiuti agli agricoltori , aumentando il salario minimo (3,70 euro al giorno nel 2017), riducendo la retribuzione degli alti funzionari, incluso il proprio …
La fine di un’egemonia
Accreditato del 40% nei sondaggi, AMLO vince le elezioni con circa il 53% dei voti e mette fine all’onnipotenza del partito di centrodestra, il PRI (creato nel 1929), al potere dal settantesimo sette anni.
Andrés Manuel López Obrador ha già annunciato che, una volta eletto, vivrà nel suo appartamento a Città del Messico, desiderando trasformare la residenza presidenziale, un simbolo di eccessi politici, in un museo e in una sala da concerto pubblica.