Buon viaggio Enrico
Un brutto scherzo quello che mi hai fatto Enrico ad andartene così presto. Adesso con chi litigherò? Con chi andrò in Congo (o chissà dove) per qualche folle impresa di speranza?
Brutto scherzo davvero quello che ci hai fatto Enrico, alle tante e ai tanti che ti vogliono bene, a lasciarci qui in un momento così difficile: di cose sensate e di pazzie ce ne sono un mucchio («a nastro» avresti detto tu alla sarda) e sarà più dura farcela senza di te. E poi “scappi” a così breve distanza da Ignazio Onnis, da Luigino Scricciolo, da Riccardo Mancini (che hai conosciuto solo nei miei racconti): ma dove state andando tutti? C’è un concerto di John Coltrane da qualche parte e state correndo lì senza di me?
So che prima o poi – non in fretta però – il dolore passerà Enrico e che un po’ alla volta prevarrà la dolcezza dei ricordi, una strana forma di presenza nell’assenza. Poi io sono un “pagano”, come te del resto, un po’ ateo e un po’ animista; dunque sono sicuro che ti ritroverò presto in una foglia, nella pioggia, nella montagna in lontananza. Di certo ti incontrerò in tanti libri e non solo in quelli che hai scritto tu. E ti sentirò nell’aria come una musica. Quella frase che mi piace tanto e che ripeto a ogni (s)proposito e tu mi hai pure preso in giro: c’è sempre una musica nell’aria così bella che anche i sordi la possono sentire. E’ così, ne sono certo. Chissà se sarà pure vero che noi africani (ad honorem, è ovvio) la sentiamo talvolta per primi.
Sai cosa ho fatto stamattina Enrico, quando ho saputo che il tuo cuore aveva di nuovo – e stavolta per sempre – ceduto? Da buon animista ho celebrato un rito che ti sarebbe piaciuto. Prima ho tirato sassi in aria (come sempre) e senza colpire nulla (come quasi sempre). Poi ho preso un sigaro – sì, uno dei “tuoi” Garibaldi – l’ho tagliato a metà, li ho accesi tutti e due e li ho fumati con te. Quello che avevo in bocca io mi ha fatto un po’ piangere (sai, il fumo va negli occhi) e il tuo sembrava mi sorridesse come a dirmi «non si fa così»; si è spento un paio di volte ma l’ho riacceso. Ci siamo fumati insieme un altro sigaro. Sì, non fa bene ma ogni tanto ci vuole. Dopo un po’ mentre mi bagnavo (pioveva forte stamattina su San Marino dove ero per il convegno del Cem, una di quelle cose che ti avrei volentieri raccontato … brutto mangiapreti che non sei altro) mi è venuto da sorridere ripensando a quei due sigari su una panchina dove, in apparenza, c’era una persona sola. Sai perché? Era una citazione anche quella: senza accorgermene ti avevo salutato quasi nello stesso modo (lì era un bicchiere, no?) con il quale Philip Marlowe nel romanzo «Il lungo addio» saluta il suo amico Terry. So che ti piace Chandler, dunque avrai apprezzato il mio inconscio.
Non riuscirò a venire in Sardegna a darti un altro saluto (non l’ultimo per me) con altre persone care. Mi piace pensare qualcosa di irriverente anche per questo giorno così triste, come nel “testamento” di Enzo Baldoni (che non ti era capitato di leggere e proprio io te l’ho raccontato e – pensa Enrico- ricordo pure l’esatta occasione). Enzo Baldoni ha scritto all’incirca così: “mentre mi seppellite, o mi cremate, non piangete ma fatemi il regalo di dare una festa, di ridere per me e con me; vorrei che in quel momento si accendesse un innamoramento folle o che, proprio a due passi da dove mi salutate, due improvvisamente decidessero di fare l’amore”.
Sarà un problema per me avere qualcuno (o qualcuna) con cui litigare con lo stesso piacere, la stessa intensità con la quale io e te abbiamo stra-litigato. Solo i veri amici ci riescono. Tu per me eri uno schiiiiiiifoso riformista e avevo quasi sempre ragione; io per te ero il solito, folle estremista e qualche volta avevi ragione (altre volte invece era la situazione ad essere “estrema”, una differenza che non hai mai voluto capire capoccione di un sardo). E poi io dovevo farti innamorare del bridge e tu dovevi reinsegnarmi a giocare (bene) a scacchi. E poi c’erano un sacco di cose da fare ancora, mannaggia a te che sei andato in vacanza così presto.
Sai la cosa, amico mio, che forse più mi dispiace? Di non averti conosciuto 30-35 anni prima. Forse avrei potuto aiutarti (lo sai, a volte sono presuntoso) a non infettarti di una delle peggiori malattie delle quali la sinistra ha sofferto: il craxismo, persino più brutta del già insopportabile leninismo. Però, senza che tu te ne accorgessi (o forse si?) ti stavo “curando” i postumi. Lascia strascichi pesanti il craxismo ma mi pare che stavi guarendo. magari anche grazie a me. E sbuffami pure il fumo negli occhi ma lo sai che te lo dico perché ti voglio bene.
Grazie per un’infinità di cose (sulla metà ovviamente abbiamo litigato) e moltissimo grazie per avermi fatto conoscere Pinella e i tuoi due bei figli.
Grazie per la sardità. Mi piaceva che tu trovassi la Sardegna anche in Congo (potrei dire diversamente? sono un sardo ad honorem, un “sardo dentro” come recita la maglietta che tu mi hai regalato) ma ovviamente ti prendevo per il culo: “se arriva un disco volante scommetto che Enrico lo trova somigliante a un nuraghe”. O a una pipa… sì, anche a quella. Strane cose, si sa, volano nei cieli.
Volevo dirti altre due cose che molte volte ti ho ripetuto ma forse non abbastanza: grazie e ti voglio bene.
Daniele
molto bella e commovente questa lettera di “addio”,se non sono indiscreta , mi piacerebbe sapere chi e’ (era ) Enrico…
grazie ….Marina
Per il bene che ho voluto ad Enrico, non posso che scrivere di getto – senza rileggere – perchè l’emozione possa liberarsi senza mediazioni di nessun tipo, restituendoti un po’ della tua schiettezza. Mannaggia a chi ti ha voluto togliere a noi. Mannaggia sì, e mi viene da dire ben altro, perchè sono incazzato con il cielo e con la terra, perchè non ho avuto modo di stare di più con te, non ho potuto parlarti del tuo ultimo libro nel quale c’erano cose che non mi piacevano, ma c’era una intensità e una passione civile, un amore traboccante che mi piaceva e mi prendeva. Adesso come faccio, con ilsignor arkadin che dovevamo tenere un anno per uno per tenerci più salda una amicizia fresca, con te e quel somaro del nostro daniele che si divertiva a giocarci e a ridere con noi favorendo fraternità e scambio. Anche tu, allora, che non ci sei ma vorrei che ci fossi per incazzarmi con te e venirti vicino, con la faccia da bulletto di periferia e dirtene quattro, che mi hai portato via un amico, che mi hai inferto un dolore che non mi merito. Fortuna che non ci sei. In fondo non sarebbe poi bello mandarti all’inferno. Non riesco a togliermi questa spina, scusate. Un abbraccio, Pili, un abbraccio, che la tua amata terra ti accolga e che possa il tuo ricordo farmi compagnia, come il vecchio Orson ti abbordi nei cieli di accoglienti galassie.
Una sera che pioveva (sempre lui la mandava) fortissimo ci trovammo a Milano per la presentazione del libro, in Calusca, o quel che ne rimaneva. Chiusi in un mausoleo di libri dei nostri anni, tra mura di libri, tu e il poeta col quale intrecciavi acrostici volanti. Anche allora, Daniele, eri con noi. Da lontano osservavi, ridevi sotto i baffi, salutavi nelle parole di alcuno. Pioveva dentro, dico pioveva sui libri aperti sul tavolo, ma nessuno se ne curava. Le tue parole, Enrico, occupavano degnamente brandelli di aria vissuta, condivisa forse da Primo, ma sicuramente pregna della nostra vicinanza. E nessuno, dico nessuno, si curava di aprire un ombrello.
Sono ancora sotto shock, caro Daniele. Sei riuscito a salutare il tuo amico in un modo commovente. La mia scrivania è piena di ricordi dalla Sardegna (tutti regalati da Enrico e da Pinella) Ci ha lasciato così,Enrico, senza avvertimenti, chissà se non sia perché possiamo pensare che lui ancora è qui tra di noi e da un momento all’altro arriverà una sua mail o ci verrà a trovare o ci regalerà un nuovo libro. Nel funerale di Luigino, ho rappresentato Enrico che non poteva venire a Roma; domani, nel funerale di Enrico, ti rappresenterò, Daniele perché non puoi andare in Sardegna. Fernando Pessoa diceva che gli amici morti continuano sulla nostra stessa strada,non li vediamo perché vanno avanti e hanno girato la curva. Ma sono con noi. Grazie, Enrico di continuare a camminare con con noi!
Io non lo conoscevo, ho all’attivo solo un paio di mezzi litigi con lui, a distanza, ma conosco la stima che hanno avuto di lui coloro che lo hanno frequentato. Dai quei finti battibecchi avevo intuito lo spessore e l’umanità della persona. Sono vicino al dolore dei suoi amici. ciao Daniele
Ridatemelo. Subito.
Diamante
di Enrico Pili
Vent’anni, trenta, sempre…
Dopo il non essere
L’essere
Dopo l’essere, chissà
Vent’anni, trenta
E finalmente una poesia
Ammesso che vivere insieme
Vent’anni, trenta
Non lo sia stato, non lo sia
E’ vero, poesie a porci e cani
e persino a fedifraghi, traditori, avanzi di galera
bianchi, neri, maschi e femmine
tutte persone amate, però
semmai come non di più
perché quando si ama,
si ama e basta,
non c’è né un più né un meno,
perché amare non vuol dire sottrarre
vuol dire dare
In vent’anni, trenta
Amare è diventato un
Miscuglio di umori e sentimenti,
di perpetuate intese,
di sottintesi e malintesi,
di comprensioni tardive e rapidi rinfacciamenti,
di silenzi, disattenzioni e puntualizzazioni
ma anche di scambi di felicità
e condivisione di gioia
e di dolori.
Una quotidianità, un’abitudine
E, dicono, l’abitudine non si addice alla poesia
Ma il continuo specchiarsi negli occhi
Color del mare della Mezzaluna
Ove aleggiano gli accipitri
E della terra arata di fresco
pascolata dai gabbiani
E riversare il seme
E riceverlo nelle mani o nel grembo
E fornicare con la violenza degli amanti
Creare nuove vite
Fantasie di mare e di terra
E andare in ansia per un’attesa
O una sigaretta di troppo
E prendersela con chi tutti i giorni
Gioca a non fare del bene
Tutta questa abitudine
Che altro è se non poesia?
Che altro è se non amore?
Vent’anni, trenta,
una vita, la vita
Una cosa che dura nel tempo
Come, incastonato in un metallo ossidabile,
un diamante.
accidenti Enrico. E Lisa a darmi la notizia, quella Lisa con cui tanto hai litigato a suo tempo. Incredula. Ora mi tocca di fare una cosa che aborro, eliminare il tuo numero di telefono dal mio cellulare…
Grazie per tutti quei “ti voglio bene” che mi hai scritto, alludendo alla mia presunta presenza nel tuo ricovero… vero… ero presente in un certo senso ma, da brava gelida lombarda comasca, non mi era facile risponderti “ti voglio bene anche io”. Maledetta educazione. Non ti dirò che stavo per telefonarti, in questi giorni, anche se è vero. Da tutto ciò imparo che non è mai il caso di rimandare quando si tratta di amici e simpatia. E’ andata così… ma tanto tu ci vedi….
Caro Daniele,
ho letto il tuo saluto a Enrico.
Ti mando una cosa a cui mi ha fatto pensare il tuo scritto. Spero che, mentre leggerai, le parole si trasformeranno in un caldo abbraccio e sentirai Enrico vicino a te, che ti saluta, ride e ti fa uno sberleffo.
Un abbraccio
Mariuccia
Disse:
“Quello che è importante, non lo si vede…”
“Certo…”
“È come per il fiore. Se tu vuoi bene a un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite”.
“Certo…”.
“È come per l’acqua. Quella che tu mi hai dato da bere era come una musica, c’era la carrucola e c’era la corda. ti ricordi… era buona”.
“Certo…”.
“Guarderai le stelle, la notte. È troppo piccolo da me perché ti possa mostrare dove si trova la mia stella. Meglio così. La mia stella sarà per te una delle stelle. Allora, tutte le stelle, ti piacerà guardarle… Tutte, saranno tue amiche. E poi ti voglio fare un regalo…”.
Rise ancora.
“Ah! ometto, ometto mio, mi piace sentire questo riso”.
“E sarà proprio questo il mio regalo… sarà come per l’acqua…”
“Che cosa vuoi dire?”.
“Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse. Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide. Per altri non sono che delle piccole luci. Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi. Per il mio uomo d’affari erano dell’oro. Ma tutte queste stelle stanno zitte. Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha…”.
“Che cosa vuoi dire?”.
“Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!”.
E rise ancora.
“E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere… E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo. Allora tu dirai: “Si, le stelle mi fanno sempre ridere!” e ti crederanno pazzo. T’avrò fatto un brutto scherzo”.
E rise ancora.
“Sarà come se t’avessi dato, invece delle stelle, mucchi di sonagli che sanno ridere… Sarà bello, sai. Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere… Sarà talmente divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonagli, io avrò cinquecento milioni di fontane…”.
Tratto da: “Il piccolo principe” – Antoine de Saint-Exupéry
se dovessi morire un giorno lontano, vorrei che qualcuno scrivesse per me una lettera come questa.
ti abbraccio, Daniele.
Tutto troppo in fretta è avvenuto, solo nell’anima del cuore dell’universo è custodito il segreto della vita e della morte… E ora che sai Enrico, accostati la sera al nostro letto e raccontaci in sogno qualcosa di bello che vedi di là.
Con sincera commozione ti salutiamo e ti continueremo a leggere,
maria e gianni
La Scuola Sarda Editrice saluta per l’ultima volta Enrico Pili, mancato nella notte tra domenica 29 e lunedì.
Se ne va uno scrittore di raro talento, un uomo di straordinaria cultura, lealtà, generosità e, soprattutto, se ne va un amico indimenticabile.
Alla sua famiglia, un abbraccio fortissimo.
..La morte si alzò, aprì la borsa che aveva lasciato in salotto e prese la lettera di colore viola. Si guardò intorno come se stesse cercando un posto dove lasciarla, sul pianoforte, infilata fra le corde del violoncello, oppure lì, in camera, sotto il guanciale su cui riposava il capo dell’uomo. Non lo fece.
Andò in cucina, accese un fiammifero, un umile fiammifero, lei che avrebbe potuto distruggere il foglio di carta con lo sguardo, ridurlo ad una polvere impalpabile…
e invece era un semplice fiammifero, il fiammifero di tutti i giorni, che faceva bruciare la lettera della morte, quella lettera che solo la morte poteva distruggere.
Non rimasero neanche le ceneri.
La morte tornò a letto, si abbracciò all’uomo e, senza ben capire quel che le stava succedendo, lei, che non dormiva mai, sentì che il sonno le faceva calare dolcemente le palpebre.
Il giorno seguente non morì nessuno
da “Le intermittenze della morte” di José Saramago
Grazie Daniele per avermi dato la possibilità di conoscere Enrico.
E grazie Enrico per la tua amicizia e per aver condiviso con tutti noi la bellissima esperienza congolese.
Adiosu amigu, nosi ausu a torre bie una die in atteru logu.
Sandra
Si, mi chiamo Pili, ma non sono lui. Anche se l’idea che potesse rispondervi mi piacerebbe. Io sono Giangiuseppe, il figlio maggiore che lo ha amato e, si, venerato.
Mio padre è morto e, non tornando, ha lasciato un biglietto per tutti coloro che gli volevano bene. Tutti. Perché lui voleva bene all’Umanità e a ciascuno dava il suo.
Mi parlava spesso del Blog di Daniele e mi rincuorava sapere che ancora aveva voglia di discutere, come faceva lui. Mi accusava “di non saper discutere” e ultimamente ne aveva tanto bisogno. Grazie a voi, a coloro che lo hanno fatto discutere e a coloro che ci hanno solo pensato, grazie a tutti voi.
Enrico,
ho saputo oggi da Marco che ha scritto su questo
blog parole di cordoglio che più forti non potreb
bero esserci. Sono basita. Dovevamo incontrarci vi
cino Pisa per un convivium su Robert Walser. Poi
non se ne è fatto nulla. Ma io ed Enrico ci eravamo
scritti via e-mail e avevo potuto apprezzare il
suo garbo, la sua galanteria…perchè no? Il suo
coltivato e allo stesso tempo spontaneo senso
dell’umorismo.
Addio Enrico. Ti abbraccio. Terrò le tue e-mail per
ricordo.
Eppure continuo a vederti.
Non disteso, in una buia anonima bara, non così. Davanti ai miei occhi riesco a vederti solo con quel tuo sorriso sornione, lo sguardo di chi la sa lunga sulla vita. La tua mitica pipa, diventata celebre con uno dei tuoi romanzi. Mancherà a tutti noi la tua creatività, la tua cultura, il tuo essere semplicemente tu.
No, non riesco ancora ad immaginarti così… senza vita
Mi sembra di essere in forte ritardo, sapendo solo oggi che Enrico è andato via.
L’ho conosciuto a Firenze in occasione del Premio Terzani, nel dicembre 2008.
Abbiamo trascorso insieme quella sera. Poi ci siamo visti a Milano, circa un anno dopo, serata già ricordata da altri, per la presentazione del suo Finis Sardiniae; e il giorno dopo siamo tornati insieme a Lucerna, dove vivo. Due giorni insieme a mostrargli piccole cose e tratti della Svizzera di cui era molto curioso, e a scambiarci acrostici e risolvere rebus e crittogrammi, con me, mia moglie e mia figlia. Poi l’ottobre scorso in Sardegna a casa sua. Così abbiamo conosciuto Pinella e Wolfi. Ci rimane da conoscere Giangiuseppe: un abbraccio a voi che, più di tutti, dovrete convivere con il peso della sua assenza.
Avevamo programmato per l’inizio di giugno un piccolo convivio su “La passeggiata” di Robert Walser, con altri amici, in Toscana. Purtroppo non si è potuto fare; proprio meno di un mese fa, si diceva di fissare un’altra data. E ci saremmo dovuti rivedere a inizio ottobre, in Sardegna.
E tra queste occasioni e incontri, in mezzo, una fitta corrispondenza di mail sui suoi libri, sul sardo, sulla scrittura, sul cinema, su progetti. Mi sembra che lo conoscessi altro che da meno di due anni.
Conoscere lui – oltre a scoprire comuni amicizie – è stata un’occasione per me – gliene sono molto grato – di entrare in contatto con altre persone interessanti. Credo che un suo bel tratto fosse proprio quello: di volere raccogliere tanti intorno a discussioni, progetti, grandi o piccoli, per fare, comunque, delle cose insieme, sempre interessanti e volte a costruire qualcosa, soprattutto l’amore, la comprensione e l’attenzione per gli altri.
Cuna sa Mamma Nòsta Manna de su Célu i de sa Tèrra sìasta.
Marco Piras Keller
> Ciao ragazzi.
> Sono tre giorni che mi aggiro come un fantasma tra le mie attività
> quotidiane, senza riuscire a combinare niente.
> C’ero anch’io tra le 300 persone al suo funerale. Anche io non
> riuscivo a smettere di piangere, anche se so che a lui non sarebbero
> piaciute tutte quelle lacrime.
> Ho pianto quando suo figlio ha letto un post-it trovato sulla
> scrivania di Enrico. Parlava di un cuore, il suo cuore, che, talmente
> allenato ad elargire amore senza chiedere niente in cambio, non si
> sarebbe mai potuto spezzare, nè avrebbe mai potuto essere posto nella
> condizione di smettere di battere, per quanto chiunque cercasse di
> calpestarlo.
> Ho pianto quando ho visto la coreografia attorno a lui, casualmente
> allestita in vista dell’imminente festa campestre: bandierine,
> bancarelle e tavolini pronti per il pic nic. Nessuno sfarzo di fiori
> inutili, nè inutili insegne. Una cassa semplice, pronta per essere
> avviata alla cremazione. Tutto dignitoso e spartano, come lui.
> Solo Enrico, protagonista di uno dei suoi racconti meglio riusciti.
> Attorno a lui tanti amici e tanto amore. Non so se si sia avverato
> ciò che avrebbe desiderato, come riferisce Daniele nel suo bel ricordo,
> ma certamente qualche piccolo miracolo (posso testimoniarlo
> personalmente) lo ha già compiuto.
> Eppure il vuoto è proprio grande. E’ troppo forte L’eco della sua
> risata spezzata per sempre.
> Mi piacerebbe poter descrivere in un racconto, a modo nostro, la
> serata di ieri sera: niente affatto scontata, come mai scontato è stato
> Enrico Pili.
> Daniela Petricci
Caro Daniele,
tu sei coraggioso con tutto l’amore che hai per Enrico a riuscire a scrivere. Ti ringrazio in nome di Enrico, ma io non mi sono rimessa, non ho finito di piangere.
oggi sul quotidiano “il manifesto” è apparsa questa lettera IN MEMORIA DI ENRICO PILI
Chi ha il cuore molto grande finisce per trascurare il proprio. Così Enrico Pili se ne è andato prima che potessimo finire con lui tanti discorsi iniziati. Il destino ha voluto che la sua ultima fatica di scrittore, “7171” edito da Carta d’Imbarco, fosse dedicata alla disavventura giudiziaria di un altro amico scomparso recentemente, il sindacalista Luigino Scricciolo. Enrico, che lascia la moglie e due figli, ha avuto una vita molto intensa. E’ stato segretario della Cgil-fp di Cagliari, attivo nelle associazioni di volontariato, osservatore internazionale alle prime elezioni democratiche del Congo, ha fatto il segretario comunale per alcuni Comuni di quella Sardegna di cui era un figlio orgoglioso. Tutte queste esperienze, condensate spesso in polemiche vigorose sull’uso degradato della lingua e sulla perdita d’identità, hanno sempre fatto parte della sua esperienza letteraria, permeata di umanità proprio perchè sempre immersa negli ambienti, nei climi e nelle persone con cui veniva a contatto. Dalla poesia al giallo al reportage giornalistico, Enrico ha attraversato con le sue parole molte possibilità di espressione ma avendo sempre come orizzonte il riscatto degli ultimi contrapposto alla superficialità dei primi, di coloro che degradano la lingua così come la politica e la società. Forse la chiave per comprendere la complessità e raffinatezza di Enrico sta nella sua grande passione oltre gli scacchi, quella del fumo lento di pipa, che gli ha fatto vincere competizioni regionali. Una forza di volontà racchiusa in quella pazienza certosina di guardare il mondo da dietro il fumo, fra un tiro e l’altro, con gli occhi socchiusi e un sorriso ironico e dolce che adesso ci manca tanto.
GIANLUCA CICINELLI, BARBARA ROMAGNOLI e tute le amiche e gli amici dell’Associazione Luigi Scricciolo
Pinella scriveurno
non so quanto ne abbiamo oggi e non so che ora è.
Mi ero sempre chiesta da chi fosse popolato questo mondo, spesso notturno,di fantasmi coi quali mio marito condivideva insonnia,idee e spunti.
Come nostra abitudine, ci scambiavamo a cena le news del giorno e capitava che mi riferisse di discussioni interessanti a volte accese(non mi meravigliavo data la sua testa di coccio)con i suoi amici di tastiera che spesso diventavano amici conosciuti in carne e ossa.Dai vostri commenti mi sembra che abbiate colto la sua vera “essenza” e perciò vi considero un altro dei suoi regali.
Ringrazio Daniele per avermi ospitato nel suo blog e sfrutto ancora lo spazio per abbracciarvi con Enrico.
P.S.
per Christiana e Pierangela :GRAZIE GRAZIE GRAZIE
per Daniela P. i dati ufficiali dicono che eravamo 351 e se hai pianto chiedigli scusa odia le donne che piangono.Non c’erano fiori perchè stiamo raccogliendo i fondi per il suo figlioccio Enrico che abita in Zambia e che stiamo facendo studiare.
per Walter grazie per la fiducia accordata e per l’affetto
per Marco Piras Keller il tuo vaso troneggia in soggiorno e aveva dentro una bellissima sorpresa:due nuove amiche
per Ribka ci sei mancata! Ti avrei chiesto di fare il trillo. E se si svegliava?
Cara Pinella, quando piango i trilli non vengono, le mani sopra la tastiera tremano. Ma come dice una canzone eritrea: “Chi vuole partire con il morto!? …visto che nessuno vuole andare bisogna camminare con chi è rimasto”. Sarà dura entrare a casa di Enrico ad accendere quel fuoco…ma si farà in sua memoria…
Ribka
Per Daniele:
tu leggerai prima di inserire l’intervento. Non sono esperto di blog e simili, per ci non so se un intervento simile, di tipo ‘organizzativo’sia adeguato. Vedi tu.
Dimmelo senza problemi e farò viaggiare il messaggio altrimenti, per esempio con l’indirizzario “Fa-volare” aggiungendo altri indirizzi.
Carissimi,
ho buttato la pietra e non nascondo la mano: ho vagamente proposto agli amici di fa-volare che ciascuno avrebbe potuto scrivere una pagina come occasione di ripensare a Enrico, così da farne una piccola raccolta. Credo che l’invito sia da estendere a tutti gli amici, fa-volare o non fa-volare.
Giorgio Noli (che non conosco)sembra gli sia arrivata questa idea e propone di metterla in pratic per un appuntamento in Sardegna a metà settembre. Forse troppo presto.
Due questioni:
– scrivere a tema? Ognuno scrive quello che vuole? (una poesia, come ha fatto Ghery, per es. un ‘rimprovero’ a Enrico, come ha fatto Daniele? un acrostico, un racconto, semplicemente un ricordo?).
Forse a Enrico piacerà leggere di tutto, quello che l’estro di ciascuno suggerirà.
– chi fa da rigferimento-coordinatore? In una mail che ho ricevuto da Daniele, lui si esclude per ‘congenita’ inadeguatezza al compito, io vorrei escludermi per altri motivi, oltre a quello.
Se posso pemettermi, chiederei a Christiana di farlo lei. Se lei non legge questo blog, comunque, glielo suggerirò direttamente al suo indirizzo.
Forse la cosa non è da discutere sul blog ma in un altro circuito.
A voi.
Marco Piras Keller
Cara Pinella, dopo tanti anni ci siamo ritrovate a Cagliari e ti chiedo ancora scusa se non ti ho riconosciuta subito. Purtoppo anche tu e i tuoi figli avete provato questo grandissimo dolore e perdita di una persona tanto importante e insostituibile. Per me sono trascorsi più di nove anni ma il mio grande Amore, Sandro, lo sento sempre accanto. Ti cercavo sul P,C. e sono entrata in questa pagina; ho letto tutte le lettere dedicate al tuo Enrico e ho capito di quale spessore fosse tuo Marito. Ho voglia di abbracciarti. …Il tuo cell. non è attivo!
Chiamami: 0115817136
Barbara Pizzoccheri da Torino