Calvario a Parma e uomini sui barconi

Due storie molto scomode messe “a testa in giù” da Annamaria Rivera (*) e da Alessandro Ghebreigziabiher (**). Ma cosa hanno in comune queste due vicende in apparenza tanto diverse?

        L’UOMO SBAGLIATO
Le forze di polizia nostrane e britanniche stanno affrontando in queste ore l’accusa di aver confuso un noto trafficante di migranti, Medhane Yehdego Mered, con un innocente rifugiato, Medhanie Tesfamariam Berhe, arrestato in Sudan. Se fosse l’uomo sbagliato…

Scusaci, sai?
E’ che siete tutti uguali, ai nostri occhi, vi assomigliate, che vuoi farci.
Io l’avevo pure detto che forse non eri tu, guarda un po’.
“Ma siamo sicuri?” ho dichiarato testualmente, mi raccomando, signor giudice, metta agli atti.
Ah… non c’è alcun giudice?
Facciamo come ci pare?
Come volete.
Anzi, come vogliamo.
Che poi, si fa presto a dire innocente.
Anzi, è tutto il contrario, ci mettiamo praticamente nulla a dire colpevole.
E altrettanto a dimenticare.
L’innocente.
Che poi, si fa presto a scoprire gli scheletrini nell’armadio.
Cosa?
Ho capito, non ce l’hai proprio l’armadio.
Ma gli scheletrini…
No, non mi riferisco ai vostri figli, emaciati allo stremo, con cui tentate di impietosirci.
Mi riferisco alle tue malefatte.
Non dirmi che hai la coscienza linda, dai.
Altrimenti, perché fuggi dal tuo paese?
Altrimenti, perché vieni proprio da noi?
Ah… non eri neppure qui da noi, quando ti abbiamo arrestato?
Ho capito, ma questo è solo un trascurabile particolare.
Sempre da noi, sei giunto, non importa come.
Vedi, non è un fatto personale, perché qui entrambe le cose non implicano alcunché di buono.
Se scappi e vieni da noi, vuol dire che hai rubato qualcosa.
O che, una volta arrivato, qualcosa ruberai.
E se vieni da noi, significa che ci vedi migliori di quello che siamo.
Addirittura migliori te.
Questo, credimi, non depone affatto a tuo favore.
A ogni modo, forse sei l’uomo sbagliato.
Ma il forse vale per una sola accezione: non sei l’altro.
Al contempo, lo sei di certo per un’infinità di altre ragioni.
Hai sbagliato specie, convinto di aver trovato quella umana.
Hai sbagliato a nascere, non dirmi che non l’hai mai pensato.
Hai il colore sbagliato, non dirmi che non te l’hanno mai detto.
Hai pure il nome sbagliato, vuoi mettere con Luigi, Fabio e perfino Pasquale?
Capisci?
Non è colpa nostra.
Se, qualunque cosa tu possa dire o fare.
Sarai sempre.
L’uomo sbagliato…

UominiECC

I LATI OSCURI DI UN CALVARIO

di Annamaria Rivera

Un mese fa, a Basilicagoiano, frazione a pochi chilometri da Parma, un cittadino tunisinosui trent’anni,Mohamed Habassi, veniva ucciso nel modo più atroce – con sevizie, mutilazioni, torture – da quello che, solo per l’analogia nel modus operandi, ho definito una sorta di squadrone della morte: concordato e capeggiato, dicono finora le indagini, da due “insospettabili” benestanti parmigiani ultraquarantenni, rei confessi, a loro volta spalleggiati da quattro operai romeni, reclutati per il raid mortale.

Numerosi sono i nodi che l’inchiesta giudiziaria ha da sciogliere: non da ultimo quello del lungo calvario inflitto alla vittima senza che alcuno intervenisse, nonostante le grida laceranti; se non i carabinieri, ma tardivamente, quando la morte era ormai sopraggiunta dopo una non breve agonia.

Oltre lo schema anomalo

Tuttavia, uno dei misteri di questo caso resta il silenzio glaciale dei media nazionali: solo parzialmente spiegabile, come ho già scritto, con lo schema “anomalo” del delitto, che vede “l’extracomunitario” nel ruolo della vittima e due cittadini italiani nel ruolo dei principali carnefici. Eppure l’oggettiva ferocia dell’assassinio avrebbe dovuto farne una notizia degna di qualche attenzione su scala nazionale.La notizia ha potuto varcare i confini della cronaca locale solo il 25 maggio scorso, allorché questo giornale (il manifesto, ndr) ha voluto ospitare l’articolo a mia firma: subito ripreso da MicroMega-online, comparso, anche in francese, in vari siti e blog, ampiamente condiviso dai social network [è anche in “bottega”: Parma: uno squadrone della morte ….]. Poco dopo, a occuparsi del caso sono state Radio 3, con Tutta la città ne parla e Radio Radicale. Infine, ilfattoquotidiano.it gli ha dedicato il titolo di apertura dell’edizione del 1° giugno scorso, sia pur con ventuno giorni di ritardo.

Qualche reazione c’è stata

Sul versante politico-sociale, qualche reazione c’è stata, a Parma, sebbene tardiva e inadeguata alla gravità dell’accaduto. Lo scorso 28 maggio, nel corteo promosso dal Coordinamento antifascista e antirazzista (nato per iniziativa dell’Anpi), un gruppo di cittadini tunisini sfilava con uno striscione che chiedeva giustizia e verità per Mohamed. Nel contempo, il collettivo «Rete Diritti in Casa» pubblicava e diffondeva un comunicato dal titolo «Morire di sfratto: quando il valore di una vita vale meno di un affitto».Nonostante questi sussulti di attenzione, ciò che è prevalso, e prevale ancora, è la tendenza a ignorare, minimizzare o banalizzare un caso che pure rappresenta uno degli omicidi più feroci che siano mai stati concepiti e compiuti, in Italia, da persone ritenute insospettabili e ben integrate nella società. Perfino à la page, si potrebbe dire dei due rei confessi, Luca Del Vasto e Alessio Alberici: il primo, il vero ideatore, è titolare del ben noto Buddha Bar di Sala Baganza e il secondo è grafico e fumettista di una certa fama locale.Ricordo che il movente addotto risiederebbe nel fatto che la vittima non pagasse la pigione del piccolo appartamento in cui abitava, di proprietà della compagna del primo. Che questo sia oppure no il vero o il solo movente (cosa di cui c’è ragione di dubitare), il fatto stesso che i due carnefici lo abbiano pensato come credibile e commisurato a un’esecuzione così feroce rivela la loro miseria morale e una percezione distorta, se non delirante, della realtà. Ma forse i due non sono che gli interpreti, sia pur estremi, di quel senso comune degradato, costituito da razzismo, cinismo, prevaricazione, individualismo proprietario, inconsapevolezza del male, che percorre la nostra società. E che favorisce la negazione dell’umanità dell’altro, ancor più se l’altro è una non-persona per la stessa società.

Senso comune degradato

È il medesimo senso comune che trapela – sia pur su scala minore e virtuale – dalla gran mole di commenti al pezzo de ilfattoquotidiano.it già citato: qui il tema largamente dominante (per fortuna, non l’unico) è «la latitanza delle istituzioni» che non tutelano «il diritto dei cittadini alla proprietà privata». «La proprietà è sacra, eccome», chiosa qualcuno senza un filo d’ironia. Un tale, che si nasconde dietro uno pseudonimo macabro, si dice dispiaciuto per la morte della compagna italiana di Habassi, «ma non per quella di quest’individuo che non pagava l’affitto». Un altro si chiede: «Cosa ci faceva in Italia uno spacciatore di droga tunisino, che occupava abusivamente una casa senza versare un centesimo al proprietario?». Una commentatrice ne trae la morale: «Non conviene affittare, non sai mai chi ti metti dentro», signora mia. C’è perfino chi si spinge fino al classico: «La vittima se l’è cercata». E chi conclude in modo che vorrebbe essere icastico: «Nessun innocente, nessuno stinco di santo, nessuna vittima, manco il morto».

Banalità del male

Come si vede, l’universo culturale e morale dei due assassini (e forse anche dei quattro operai romeni) è in sintonia col senso comune che si esprime in questi commenti a dir poco cinici. Che neppure l’efferatezza estrema dell’omicidio – il quale, ricordiamo, ha reso doppiamente orfano un bambino – valga a suscitare emozione, pietas, orrore, sgomento o almeno inquietudine è indizio di quanto il male si sia banalizzato. Non c’è bisogno di scomodare Hannah Arendt per dedurre che, in fondo, la “normalità” dei commenti indignati per le rate di affitto non pagate dalla vittima (anzi, dalla non-persona divenuta perciò non-vittima) è in qualche misura simmetrica all’”anormalità” del feroce assassinio. Nel comunicato-volantino della «Rete Diritti in Casa» si stigmatizza la «mancanza di pudore di chi prova a giustificare, di chi cerca attenuanti, di chi getta fango su chi ormai non si potrà più difendere». Ed è vero che, anche tra i solerti giornalisti cui spetta il merito di aver garantito almeno l’informazione su scala locale, è prevalsa e prevale, con qualche eccezione, la tendenza a mettere in cattiva luce la vittima, piuttosto che indagare sul lato oscuro dei due principali attori dell’orrendo supplizio.

Insospettabili precedenti

Sebbene qualificati come insospettabili, i due avrebbero «piccoli precedenti per spaccio», secondo parmapress24.it e qualche altra fonte minore. E non solo. Sarebbe bastata una rapida ricerca in rete per scoprire che i due amici inseparabili, anche nell’orrore, nel 2004 parteciparono insieme a un corso di «esplosivistica di base», ottenendone la licenza di «fochino», cioè di maneggiatore di esplosivi. Si ammetterà che non è consueto che dei cittadini non destinati a fare i minatori si specializzino in esplosivi. Certo, quest’ultimo è solo un dettaglio, sicuramente secondario. E tuttavia esso ci rivela come su questo delitto estremo aleggi un’Ombra, per dirla in termini junghiani, rimossa e perciò non sublimata: il lato oscuro della Parma borghese, ma in fondo della nostra intera società, riflettendosi sul piano degli umori e delle condotte individuali, può far sì che l’altro divenga il bersaglio della proiezione del rimosso. Delle volte, come in questo caso, fino al martirio.

RIPETO LA DOMANDA INIZIALE: COS’HANNO IN COMUNE QUESTE DUE VICENDE?

(*) L’articolo di Annamaria Rivera è stato pubblicato venerdì 10 giugno dal quotidiano «il manifesto» e poi ripreso da vari blog e sociali; io lo recupero – con l’illustrazione di IGOR MOSKI – da «Comune Info».

(**) E’ il numero 1363 di «Storie e Notizie» che Alessandro Ghebreigziabiher così presenta: «Il blog Storie e Notizie ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso la fine del 2008 e contiene racconti e video basati su reali news prelevate dai maggiori quotidiani e agenzie di stampa on line, al seguente motto: “Se le notizie sono spesso false, non ci restano che le storie”. L’obiettivo è riuscire a narrare le news ufficiali in maniera a volte fantasiosa, con l’auspicio di avvicinare la realtà dei fatti più delle cosiddette autorevoli fonti di informazione. La finzione che superi la verità acclarata nella corsa verso la comprensione delle cose è sempre stata una mia ossessione. “Storie e Notizie” ha un canale Youtube, una sua pagina Facebook e anche la versione in lingua inglese, Stories and News. A novembre 2009 ha debuttato l’omonimo spettacolo di teatro narrazione». RICORDO che qui in bottega «Storie e notizie» viene ospitato – scorrete il colonnino e lo troverete – a ogni uscita. (db)

IMMAGINE tratta da Magnet.xataca: è “Il lato oscuro della buona società” nella interpretazione dell’artista polacco Igor Morski.

 

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