Canapa: deliri UE
Il comunicato di EIHA, Associazione europea della canapa industriale
La Commissione Europea pronta ad uccidere il settore della canapa: secondo una posizione preliminare, gli estratti naturali di canapa sarebbero una droga, contro ogni logica e senza tenere in conto la letteratura scientifica più recente e delle ambizioni ecologiche dell’UE.
Bruxelles – Poco prima delle vacanze estive, la Commissione Europea ha deciso di esprimere il suo parere preliminare sullo status giuridico della Cannabis sativa L. ai sensi della legislazione UE. L’organo esecutivo dell’Unione Europea ha congelato tutte le applicazioni degli estratti di canapa e dei cannabinoidi naturali sottoposti alla regolamentazione Novel Food, considerandoli come narcotici. Se questa posizione verrà confermata, vi è il rischio di infliggere il colpo di grazia al settore, privando gli agricoltori non solo di una cultura di rotazione virtuosa che contribuisce alla crescita verde, ma soprattutto di un’importante fonte di reddito. Il cannabidiolo rimarrebbe sul mercato, ma solo nella sua forma sintetica, prodotto attraverso processi manufatturieri chimici.
Dopo una consultazione fra i servizi, la Commissione Europea é giunta alla conclusione preliminare che gli estratti di varietà industriali di canapa Cannabis sativa L. – e quindi del CBD – si qualificano come “droga” nel quadro della legislazione comunitaria. Tale analisi è stata comunicata alle aziende, operanti sul mercato europeo, che hanno presentato una richiesta “Novel Food” ai sensi dell’articolo 10 del Regolamento 2283/2015. La decisione sembra avere carattere politico, piuttosto che puramente legale, e sicuramente non è basata sulla letteratura scientifica più recente né sulla realtà dei testi delle Nazioni Unite.
«Questa visione preliminare è contraria a qualsiasi logica e non è altro che ingiusta. L’intero settore della canapa sta lavorando molto duramente ed ha pianificato un investimento di 3,7 milioni di euro per commissionare studi senza precedenti su THC e CBD nell’ambito del regolamento Novel food, in piena trasparenza e sotto il monitoraggio dell’EFSA» afferma Lorenza Romanese, direttore generale dell’EIHA (European Industrial Hemp Association ovvero l’Associazione europea della canapa industriale). «Altri Paesi come gli Stati Uniti, il Canada, la Cina o la Svizzera stanno facendo progressi enormi in materia. Mi chiedo se l’Europa saprà essere abbastanza coraggiosa da perseguire una politica basata sulla realtà dei fatti, o se invece sceglierà di restare a guardare il resto del mondo che va avanti».
L’EIHA ricorda che la canapa industriale e i suoi prodotti derivati non sono né stupefacenti né psicotropi. La canapa è esentata dal campo di applicazione della Convenzione unica delle Nazioni Unite del 1961, i cui autori hanno fatto una chiara distinzione fra le varietà di Cannabis coltivate per la produzione di narcotici (che rientrano nel campo di applicazione dei trattati) e quelle coltivate per altro uso (cioè le varietà a basso tenore di THC). Inoltre l’EIHA afferma che non tutti gli estratti di canapa sono da considerare come novel food, ma solamente quelli arricchiti e quelli isolati. L’EIHA ha raccolto numerose prove che dimostrano chiaramente che gli estratti naturali di canapa sono stati ampiamente utilizzati come alimento per secoli. Tali prodotti dovrebbero quindi essere considerati come alimenti tradizionali secondo le norme alimentari, al contrario degli estratti ottenuti tramite nuovi metodi di produzione, i quali dovrebbero ricadere nel campo di applicazione del regolamento sui nuovi prodotti alimentari (UE) 2015/2283.
«Negli anni ’70 la canapa industriale è finalmente regolamentata dal Consiglio CEE come coltura e diventa addirittura eleggibile di sovvenzioni nell’ambito della PAC. Nel 1997 viene anche confermato dalla Commissione che qualsiasi parte della pianta di canapa non è “novel”, mentre nel 2019 alcune delle sue parti diventano improvvisamente “novel”. Ora si parla di droghe. Sembra una decisione deliberata di uccidere il settore piuttosto che il perseguimento di una politica trasparente e basata sulla scienza» aggiunge il presidente dell’EIHA Daniel Kruse.
Vale la pena sottolineare che le domande per l’autorizzazione di cannabinoidi sintetici sono già state accettate nell’ambito del regolamento Novel Food. Autorizzare gli estratti sintetici ma non i naturali è un controsenso dal punto di vista scientifico oltre che ambientale. Da un lato, perché il prodotto finale dal punto di vista della composizione chimica è lo stesso e, dall’altro, perché i processi chimici che vengono effettuati richiedono l’utilizzo di prodotti inquinanti e non immagazzinano carbonio. Inoltre l’autorizzazione dei soli estratti sintetici priverebbe gli agricoltori e gli operatori del settore alimentare di un’opportunità di mercato che è destinata a generare un reddito importante in questi tempi di crisi. Rinunciare all’applicazione commerciale più redditizia della canapa impedirà necessariamente lo sviluppo parallelo di catene di valore per la valorizzazione dei coprodotti (fibre e canapuli) che possono essere utilizzati per la produzione di carta, materiale da costruzione, tessile, cosmetica e bioplastiche.
L’EIHA ritiene che classificare gli estratti naturali come narcotici danneggerà inevitabilmente l’intero settore e faciliterà la proliferazione di un mercato illegale di prodotti che non sono fabbricati e commercializzati secondo gli standard di sicurezza alimentare e la normativa sull’etichettatura europea. In un mondo ideale la Commissione dovrebbe collaborare con il settore e con le altre istituzioni europee per garantire, in piena trasparenza, un mercato equo per gli operatori e un prodotto sicuro e di qualità.
«Oggi non soltanto il settore della canapa ma l’Europa intera è sul punto di perdere una battaglia. In quanto cittadina europea sono delusa che la Commissione non stia lavorando con un approccio costruttivo ma al contrario stia sabotando un settore che, se datagli l’opportunità, potrebbe contribuire a velocizzare la transizione verso un’economia zero emissioni, biobased e sostenibile e che potrebbe rappresentare un introito aggiuntivo per i nostri agricoltori, spina dorsale della filiera alimentare europea. Se gli estratti di canapa fossero considerati come droga, non sarebbero gli agricoltori e le PMI a beneficiare del successo dell’industria della canapa ma solamente quelle grandi compagnie che possono permettersi di produrre prodotti chimici di sintesi. Un assurdità che non possiamo permetterci né accettare» conclude Lorenza Romanese.