Canna-caos e Speranza (inutile) nella…

 

politica italiana su droghe e farmaci

di Enrico Fletzer

A seguire: l’appello delle ONG ai popoli del mondo (sostiene in maniera critica le proposte del Comitato esperti tossicodipendenze dell’OMS) per la conferenza del 2-4 dicembre

In vista della «Conferenza sulle droghe» delle Nazioni Unite – che si riconvocherà online dal 2 al 4 dicembre – un vasto schieramento di ong ha fatto suo un documento proposto da organizzazioni di tutto il mondo dei pazienti cannabis rivolto alle 53 nazioni e ai 12 stati membri dell’Unione europea chiamati a pronunciarsi dopo una mezza dozzina di fumate bianche sulla riclassificazione della cannabis proposta dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In Italia l’appello è stato firmato tra gli altri da ENCOD, Forum Droghe, Canapa Cura Sicilia e La società della ragione.

Nonostante le raccomandazioni del comitato degli esperti ONU a favore di una riclassificazione e della apertura agli utilizzi terapeutici, pur mantenendo la canapa fra le sostanze come eroina e cocaina, alle incertezze si aggiunge la discussione tutta italiana di un ministro della Salute che, come quelli che lo hanno preceduto, non ha avuto il coraggio di demolire il famigerato Dipartimento Politiche Antidroga che si oppone a ogni forma di progresso e di apertura.

All’assoluta opacità di questo apparato – che si trasforma come un cancro e si relaziona solo con le forze della repressione – si aggiunge una cecità mentale quasi abissale nella mente del ministro Roberto Speranza il quale, nel bel mezzo della pandemia, ha recentemente congelato il suo discusso e discutibilissimo tentativo di equiparare il cannabidiolo (un cannabinoide presente in percentuali variabili in tutte le varietà di canapa e che è utilizzata in medicina per prevenire le crisi epilettiche e non solo). Si sa che una multinazionale spinge per far passare il suo farmaco a base di cannabinoidi mentre il decreto metterebbe sul lastrico circa diecimila produttori e negozianti di canapa legale.

Un ministro che ignora il principio base della medicina moderna istituito da Teofrastus Bombastus von Hohenheim – volgarmente chiamato Paracelso – cioè «solo la dose fa il veleno. In natura tutto è veleno» e che pare intenzionato a favorire una multinazionale mentre apre in pompa magna il suo quartier generale in Italia. Con un trucchetto abbastanza meschino. Essendo il Cbd di sintesi alla purezza del 99% privo di prodotti vietati che nel cannabidiolo sono rappresentati quindi in una infinitesima parte di quel prodotto con un quantitativo ancora più microscopico di tetra-idrocannabinolo. Siamo alla follia.

Se aggiungiamo la beffa denunciata dal farmacista Marco Ternelli – poi impugnata al Tar del Lazio – nel recente webinar proposto da Forum Droghe che il ministero blocca la spedizione a domicilio delle medicine a base di cannabinoidi proprio in tempi di pandemia allora la frittata è fatta.

Per non parlare della fallimentare accoppiata militari-sanitari a Firenze che nel caso della cannabis è stata un vero e proprio flop costato miliardi sostanzialmente per affossare i diritti di decine di migliaia di pazienti. Oltre che escludere di fatto ditte private da gare di appalto per la fornitura rispetto a fabbisogni stimati per lo meno dieci volte il quantitativo fornito dall’Istituto Farmaceutico Militare.

Il balletto continua fra le politiche estrattivistiche delle multinazionali e la inanità dei partiti politici.

Anche a Bruxelles la situazione è analoga: semra che la canapa sia una pianta scoperta l’altro ieri in qualche zona sperduta del pianeta e non un componente millenario delle nostre tradizioni e anche della nostra dieta. Invece canapa come novel food, una favola da raccontare ai nipoti (anzi no: ai nonni).

Ecco la traduzione dell’appello delle ONG ai popoli del mondo per sostenere in maniera critica le proposte del comitato esperti tossicodipendenze dell’OMS

La cannabis è stata una medicina tradizionale fin dagli albori della civiltà. Nel 1902, e poi nel 1929 le medicine a base di cannabis erano state discusse presso la Conferenza internazionale per l’uniformazione delle Formule farmacopeiche per le Medicine Efficaci che provvedevano delle linee guida per armonizzare le medicine a base di cannabis e provvedere i pazienti con medicine sicure e standardizzate per i loro trattamenti. In quel periodo la cannabis era ben accetta nelle pratiche cliniche e riportata nelle farmacopee di Austria, Belgio, Francia, Ungheria, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti d’America come pure Messico e Spagna.  Nel 1958 le Nazioni Unite riportavano che la cannabis era inoltre presente nelle farmacopee di Argentina, Brasile, Cina, Egitto, Finlandia, India, Portogallo, Romania, URSS e Venezuela. 

Molte preparazioni di cannabis sono incluse nell’antico testo che compone la Farmacopea Ayurvedica come la Charaka Samhita, la Sushruta Samhita e la Shargandhara Samhita, come pure nelle tradizioni farmacopee mediterrane di Umdat at-tabîb, Jami’ al-mufradat, Hadîqat al-azhâr o Tuhfat al-ahbâb. La cannabis é pure presente nella medicina tradizionale cinese da 神農本草經 (Shennong Bencaojing) e costituisce una antica pianta medicinale della Russia e dell’Asia centrale.

Un rapporto dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) del 1997 ricorda come “guaritori tradizionali in Tanzania sono noti per l’utilizzo di un estratto della pianta della cannabis per il trattamento del dolore agli orecchi. La cannabis é una sostanza psicoattiva tradizionale nell’Africa sub-sahariana, utilizzata principalmente per scopi rituali o medici […] In alcuni Paesi asiatici la cannabis è anche aggiunta al cibo come condimento ed utilizzata nelle medicine erboristiche.

La cannabis e i suoi derivati si son dimostrati utili per molti cittadini di tutti i continenti che soffrono di ansia, depressione, disturbi da stress post-traumatico, glaucoma, pruriti, asma, ADHD, morbo di Crohn ed è particolarmente utile per il sollievo del dolore neurologico persistente.

La cannabis è utilizzata come trattamento per il dolore, “somministrata come una aggiunta agli oppioidi per il dolore cronico”. Uno dei risultati più noti caratteristici della cannabis medica in questi casi é un “effetto di risparmio sulle pillole” che può aiutare a ridurre il rischio di overdose e morte da oppioidi.

E’ inaccettabile che così poca ricerca sia stata fatta per esplorare ulteriormente queste potenzialità. L’attuale collocazione nei trattati della cannabis ha penalizzato la ricerca e i molti Stati (che sono intervenuti recentemente per sostenere le raccomandazioni dell’OMS perché esse “promuoverebbero la ricerca”) stanno implicitamente in sintonia con questa premessa.

Forse la più grande tragedia è che quei Paesi che più si oppongono alle raccomandazioni dell’OMS stanno subendo “crisi di overdose da oppioidi” che la ricerca sull’interazione cannabinoidi-oppioidi potrebbe aiutare. Per ironia i Paesi che si oppongono al risultato basato sulla evidenza scientifica dell’OMS soffrono di deficit di medicine per trattare alcune fra le condizioni per la quale la cannabis si è rilevata utile. Ulteriore tragedia è che molti di quei Paesi (dall’Eurasia alle Americhe e all’Africa) lo fanno a scapito dei loro usi tradizionali e minano la loro sovranità disprezzando al contempo la loro stessa cultura, eredità, storia e sviluppo economico.

Dato che l’utilizzo della cannabis medica si sta espandendo nonostante le pastoie create dalla Convenzione, un fallimento nell’implementare le raccomandazioni dell’OMS renderebbe insignificanti le Convenzioni dimostrando come non siano all’altezza di assicurare l’accesso alle medicine né in grado di adeguarsi basandosi su evidenza inoppugnabile. Il trattato – in carenza di una base di evidenza – diventerebbe incapace a proteggere la salute e il benessere del genere umano.

Pazienti di tutto il mondo stanno contando su di voi per cogliere l’opportunità offerta dall’OMS per aggiornare i trattati e fare tutto quello che potete per assicurare l’accesso a tutte le medicine utili. Incluse le medicine a base di cannabis.

Adottare le raccomandazioni dell’OMS porterebbe un miglioramento delle medicine che sono sviluppate e più strumenti a disposizione dei medici per alleviare la sofferenza simultaneamente rinforzando la rilevanza delle Nazioni Unite. E dal momento che le raccomandazioni sono di interesse opzionale nazionale, e che anche l’International Narcotic Control Board concludeva come le raccomandazioni “chiariranno e snelliranno le esigenze di controllo” (non provocando uno sconvolgimento legale o amministrativo) i Paesi che si oppongono potrebbero dimostrare la comune e condivisa responsabilità che essi spesso citano per astenersi invece di ostacolare la comunità internazionale. Dubbi politici su un trattamento medico non possono in ogni caso giustificare il rifiuto della scienza.

La cannabis rimane “indispensabile per il sollievo del dolore e della sofferenza e una adeguata provvigione deve esser fatta per assicurare la disponibilità di droghe narcotiche per tali scopi” proprio come proclamava nettamente la Convenzione Unica nel 1961. 

I pazienti in pena e che soffrono, che stanno lottando per la loro salute, per l’accesso e contro il peso e la forza di leggi ingiuste ed antiquate vi chiedono con urgenza di sostenere queste raccomandazioni dell’OMS.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto che la cannabis è ben nota per provvedere sollievo non ottenibile da altre medicine e con minori effetti collaterali negativi. Accettare queste raccomandazioni sosterrà l’accesso medicinale e renderà possibile la ricerca di cui beneficeremo tutti. Un fallimento nell’accettare queste raccomandazioni non è solo un rifiuto della scienza ma anche un abbandono dei più vulnerabili fra i nostri cittadini.

I pazienti per motivi di salute sono particolarmente scioccati e in forte tensione rispetto alle dichiarazioni di alcuni Stati membri secondo i quali adottare le raccomandazione dell’OMS significherebbe «mandare il messaggio sbagliato» sulla cannabis. Quei commenti sembrano evitare di considerare che tipo di messaggio invia la perpetrazione di una politica fallita quando sta direttamente minando la supremazia della legge, complicando il lavoro degli operatori sanitari e costituisce un attacco contro il valore della evidenza scientifica nel nostro mondo.

Queste raccomandazioni non promuovono la “legalizzazione” tuttavia un rifiuto di queste raccomandazioni farebbe certamente solo questo. Noi vorremmo che gli oppositori della cannabis considerino che se loro riescono a minare l’adozione di queste raccomandazioni non stanno preservando il sistema multilaterale. 

I membri della CND (Commissione Droghe Narcotiche) devono capire come queste raccomandazioni equilibrano la necessità di contrastare l’abuso con la necessità di ridurre la sofferenza. Entrambi obbiettivi degni di rispetto e collegati: favorire l’uno rispetto all’altro non farà guadagnare nessuno. Sarebbe tragicamente ironico se un fallimento della CND a implementare queste raccomandazioni facesse retrocedere i progressi nel trattamento all’abuso di droga dovuti alla difficoltà di studiare la cannabis come è attualmente classificata. Certamente le riduzioni di oppiacei che i pazienti riportano quando utilizzano medicine a base di cannabis – come un trattamento antidolorifico supplementare – invita ad una seria considerazione.

In data 2 dicembre la Commissione prenderà una decisione di rilevanza storica ed universale.

Il sistema delle Nazioni Unite deve assistere i membri della Commissione durante questo periodo di pandemia per assicurare che tutti i voti vengano espressi e che vengano ascoltate tutte le voci. I pazienti sono cittadini del mondo, noi viviamo in tutti i continenti e stiamo osservando questo voto con grande interesse e speranza.

Queste raccomandazioni sulla cannabis dell’Organizzazione Mondiale della Sanità rappresentano la prima chance nella nostra vita di correggere il quadro. Come noi cerchiamo di proteggere i diritti umani, assicurare la pace, sicurezza, salute, prosperità e ribaltare il danno che noi abbiamo sperimentato nel nostro ambiente così noi dobbiamo esser pronti ad ammettere i nostri errori come pure lodare le nostre conquiste. La cannabis era stata inserita nel sistema dei trattati sulla base di disinformazione e in assenza di una asseverazione scientifica rigorosa ed ora che abbiamo avuto una rivisitazione critica della cannabis il sistema é consapevole del vasto valore medico e del rischio minimo di questa medicina antichissima e questa verità stimola all’azione. 

Sostieni l’accesso dei pazienti alle medicine!

Qui la lettera aperta (settembre 2020) al ministro della Salute Roberto Speranza perché si scongiurino limitazioni anti-scientifiche sulla cannabis terapeutica:

https://www.fuoriluogo.it/mappamondo/nessun-passo-indietro-sulla-cannabis-terapeutica/#.X7YdqLPSLIU

 

Redazione
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