Capita (di Pabuda)
capita che io scriva
delle cose brutte,
veramente brutte.
ma così brutte
che dopo rilette le butto
in un battibaleno
nel cestino del mio laptop.
servirebbe poco denominarle
“neuropoesie”:
rimarrebbero d’una bruttezza impossibile
da mitigare
anche con l’espediente d’un’originale etichetta
(peraltro, in larga parte discutibile).
ieri, per esempio:
m’è capitato di scrivere certi versi
che cominciavano così:
“forse, devo fare la cacca…”.
nonostante l’incipit immaginifico
e per molti aspetti promettente,
l’ispirazione del momento,
certe volte, mi trascina
lungo i binari
della scrittura più inutile
e inconcludente:
ieri è andata proprio così:
quell’illuminante scintilla,
quell’idea primordiale,
davvero niente male,
della cacca… s’è dissolta
in quattro terzine da niente:
pluff! finite immediatamente
nel cestino del mio computerino.
quando son veramente disgustato
pel risultato
del mio inconcludente tamburellar sui tasti
passo alle più estreme misure
e prendo un provvedimento inappellabile:
svuoto il cestino, cancellando in via definitiva
tutte le brutture che ci avevo buttato.
un dubbio rimane, però:
dove finisce la robaccia eliminata
dal cestino della rumenta informatica?
nel nulla tecnologico?
no, dai, non ci credo. mi sembra logicamente
(in senso filosofico e fisico) del tutto impossibile…
o, almeno, a farmene persuaso faccio proprio fatica.
anche se me lo mostri e me lo fai toccare:
io non ci credo: a me San Tommaso mi fa un baffo.
oltretutto, ho sentito, che nelle loro indagini,
agli smanettoni polizieschi
(per dire: quelli del Ros con la tutina bianca),
a volte, capita di trovare
tra le frattaglie dei computer dissezionati
dei versi rivoltanti
che certi poetastri impuniti
credevano d’aver del tutto cancellati.
santi numi! a pensarci mi vengono i brividi.
Alcune altre volte capita, invece, che io scriva della roba buona… come quella che abbiamo selezionato per il reading poetico-musicale di ven. 16/11 a Rozzano (Mi). Per info: http://www.pabuda.net