Capo-danni: botti e fuochi artificiali

184 feriti a Capodanno: un evento minore rispetto ad altri occorsi nelle stesse ore sullo scenario mondiale ma il sentimento di lutto e di cordoglio per i fatti più gravi non ci fa dimenticare altri fenomeni evitabili.

di Vito Totire

Come da previsioni, si registra un lieve calo dei feriti nei “botti” di Capodanno: 184 rispetto ai 190 del 2016. 44 di queste persone sono state ricoverate in ospedale, di cui 12 con prognosi superiori a 40 giorni (furono 16 l’anno precedente). La fonte di quest’ultimo dato è «Il fatto quotidiano»; per questi 12 “infortuni” ci aspettiamo la apertura di inchieste per lesioni colpose.

Risultano aumentati però i bambini colpiti (48 rispetto ai 38 del 2016) e più numerosi pure gli interventi dei vigili del fuoco (674 rispetto ai 660 dell’anno precedente): è ben verosimile che questi numeri sottostimino quanto veramente accaduto. Certo non sono conteggiate le ustioni lievi, soprattutto in territori dove vigevano divieti e restrizioni.

Da sottolineare che eventi infortunistici si sono verificati anche in aree in cui i sindaci avevano emanato ordinanze restrittive (vedi Bologna e San Lazzaro di Savena).

Complessivamente un lieve calo degli infortuni. Ma è frutto di una evoluzione positiva dei costumi o effetto della minore disponibilità di denaro da sprecare? E’ difficile dirlo. Impossibile comunque parlare di un miglioramento sensibile della situazione: rimane per esempio un riscontro negativo che riguarda la situazione del sud rispetto al nord (i casi più gravi in Puglia, secondo «Il fatto quotidiano»; in particolare a Bari, comune limitrofo di Modugno dove nel 2015 avvenne una strage nella fabbrica di fuochi d’artificio). Avremo modo di tornare su questa contraddizione.

Rimangono i problemi di sempre.

  1. inquinamento dell’aria, difficile da monitorare ma inevitabile;
  2. anche il danno agli animali è ben difficile da monitorare e addirittura abbiamo assistito alla divulgazione di consigli (compresa la somministrazione di farmaci) per ridurre il distress subìto. Anche qui è ovvio: prevenire è meglio che curare;
  3. permanenza di gravi rischi in fase di produzione, stoccaggio, commercializzazione;
  4. contraddittorietà, fino all’assurdo, dei “divieti locali”; come il Comune di Ozzano Emilia che ha concesso il via libera all’uso dei fuochi per alcune ore. I divieti locali sono stati positivi ma insufficienti in quanto non vanno alla radice del problema;
  5. i divieti non dovrebbero riguardare solo l‘uso privato. In alcuni territori si sono alternati blandi divieti e uso autorizzato per manifestazioni pubbliche. In realtà la materia prima e il ciclo produttivo di botti e fuochi pirotecnici coincidono: rischi e inquinamento sono sovrapponibili anche se in alcuni casi (cosiddetti botti “illegali”) il rischio giunge a livelli parossistici.

Certamente i “botti” non sono l’unico elemento rischioso connotato di una modalità consumistica nella gestione del tempo libero e del divertimento. Altre forme di spreco e di aggressività si sono accompagnate ai festeggiamenti e il divieto d’uso dei botti non risolverà tutto ma rimane un obiettivo congruo e adeguato a una politica più rispettosa dell’ambiente e della salute umana e animale.

Realisticamente non abbiamo le forze per una legge di iniziativa popolare.

Lanciamo la palla” a persone presenti in Parlamento. Intanto teniamo attive le antenne del nostro osservatorio anche, come già accennato, per seguire e sollecitare interventi della magistratura a partire dalle persone che hanno subìto lesioni definibili colpose.

Le osservazioni riassunte in queste note sono desunte da alcuni quotidiani; ma raccogliamo ulteriori informazioni ove possibile, da tutte le fonti disponibili. Stiamo lavorando con diversi interlocutori per cercare confronti e per seminare dubbi: già con qualche risultato.

Continuiamo nel nostro percorso «contro la produzione di merci nocive e inquinanti» e dunque anche per il divieto di produzione e dell’uso di botti e fuochi artificiali.

Basta con la logica del profitto per pochi inquinatori che poi ricade sulla speranza di salute di tutta la collettività.

Unica strada: azzerare il rischio alla fonte; stop a produzione e commercializzazione. E che il Parlamento vari una norma chiara di divieto.

L’IMMAGINE E’ RIPRESA DALLA RETE… MA IL PROBLEMA NON RIGUARDA SOLO I BOTTI “ILLEGALI”

 

Redazione
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