“Capo e croce” – Le ragioni dei pastori
di Ignazio Sanna
“Capo e croce” (2013) di Paolo Carboni e Marco Antonio Pani potrebbe essere definito un prodotto autarchico, se non fosse che il termine rimanda a un periodo della storia d’Italia perfino più buio dell’attuale, nel quale l’autarchia era intesa come un modo per fare a meno degli altri, un isolazionismo economico e perfino linguistico. Ciò che voglio dire è che i due registi si sono fatti carico di gran parte del lavoro necessario per realizzare un film, considerato che ne hanno scritto il soggetto e la sceneggiatura, curato la fotografia, sostenuto la produzione e realizzato le riprese, nonché il montaggio, curato dal solo Pani. Unici apporti esterni le musiche di Mauro Palmas, consistenti in rielaborazioni pucciniane, e la cura del suono da parte di Stefano Guzzetti, più Stefano Nieddu e Andrea Cannas per le riprese. Come minimo questo elevatissimo livello di impegno personale significa che i due credono fortemente nel loro progetto. E ne hanno motivo.
Il documentario spiega le ragioni dei pastori sardi, che nel giugno del 2010 si riuniscono nel Movimento Pastori Sardi e danno vita a una serie di proteste in porti, aeroporti e strade, arrivando a occupare il palazzo della Regione a Cagliari per chiedere una revisione del prezzo, irrisorio, del latte. Girato in un bianco e nero da documentario storico, “Capo e croce” si riferisce nel titolo al popolare gioco del testa o croce, un “gioco d’azzardo che i pastori giocano ogni volta che si ritrovano a fare degli investimenti per migliorare la propria condizione, ogni volta che accettano i termini di una nuova politica europea che li riguarda, oppure ogni volta che decidono di non adeguarvisi”, come si legge nella bella introduzione sul sito ufficiale del film: http://www.capoecroce.com/.
Sito nel quale la stessa scelta del bianco e nero è spiegata come meglio non si potrebbe dagli autori: “È stata la nostra, una scelta quasi obbligata. Non riuscivamo a vederlo a colori questo film. Nemmeno moralmente. Vedere i pastori privati della libertà di circolare per il territorio nazionale in ragione di chissà quale prevenzione in favore dell’ordine pubblico, vederli prendere bastonate, perdere la casa, farsi prendere in giro e poi tornare in campagna a fare la vita dura che fanno, anno dopo anno, ci chiedeva ad urla di toglierlo, quel maledetto colore che viene usato comunemente per divulgare l’immagine patinata della Sardegna così come i colori di un partito, di un sindacato, di una categoria sociale. Il bianco e nero rende uguali poliziotti e pastori, immersi nello stesso gioco di luce ed ombra.” Non c’è dubbio che sia così: il colore sta allo sfruttamento delle coste della Sardegna, in genere da parte di speculatori venuti da altre terre, come il bianco e nero sta alla durezza delle condizioni della vita che i pastori, e specialmente i servi pastori, conducono. Facendo riferimento alla privazione della libertà di circolazione alludono a uno degli episodi più vergognosi del comportamento dello Stato nei confronti di quelli che evidentemente sono considerati cittadini di serie B, a cui fa riferimento in questo trailer uno dei pastori coinvolti: http://www.capoecroce.com/a-civitavecchia-ce-l-hanno-fatto-il-recinto/. Il 28 dicembre del 2010 circa 200 pastori partono in nave per Civitavecchia con l’intenzione di recarsi al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per portare le proprie istanze al governo, allora presieduto da Berlusconi. E berlusconiano è il ministro Galan, il quale a quanto pare non solo non ha intenzione di ascoltare ciò che hanno da dire i pastori ma, che sia per scelta sua o di altri, mantiene le distanze in un senso che più letterale non si potrebbe. Infatti i malcapitati pastori vengono bloccati al porto di Civitavecchia e perfino minacciati dalle forze dell’ordine, senza un vero motivo. Questo è ciò che raccontano i giornalisti Pietro Carzina e Pasquale D’Alessio su “Il Manifesto”, riportando le dichiarazioni di Maria Barca e Felice Floris, come si può leggere sul sito del Movimento Pastori Sardi: http://www.movimentopastorisardi.org/?p=804.
È noto che l’orgoglio è una delle componenti principali del carattere dei sardi. E i pastori lo mostrano quando parlano, con grande buon senso, della situazione attuale dell’economia della Sardegna, che ha ancora oggi un debito di riconoscenza nei confronti di quella che attualmente è un’attività in crisi, surclassata dal terziario quanto a numero di addetti – soprattutto tenendo conto dei centri urbani, ovviamente – ma che storicamente ha avuto a lungo un ruolo di primo piano (http://www.youtube.com/watch?v=nZEA1CTkx4E). È il caso di citare a questo proposito uno dei più grandi poeti e narratori di questa terra, Francesco Masala, l’autore di “Quelli dalle labbra bianche”, che in uno dei suoi libri tracciava la metamorfosi a perdere del pastore, l’uomo-bue, che si trasforma dapprima in operaio, l’uomo-cacciavite, e infine in disoccupato, avendo ormai perduto le competenze del passato senza poter più contare sulle nuove competenze acquisite, rese inservibili dalla crisi mortale dell’industria, che in questi stessi giorni vede crescere il malessere in diverse zone della Sardegna.
Già presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, il film sarà visibile a Cagliari dal 28 novembre. Gli autori e il distributore Torrefilm hanno deciso di devolvere parte dell’incasso alle famiglie colpite dal violento nubifragio che ha recentemente colpito diverse zone della Sardegna.
A Roma ci si mobilita, non sempre a ragione, per botteghe storiche in procinto di chiudere per difficoltà economiche e/o abitative ed un intero comparto italiano che produce prodotti di eccellenza mondiale viene abbandonato a se stesso, col rischio di estinzione, solo, magari, perchè tra i suoi padrini non annovera capitalisti sabaudi o meneghini. Ver-gogna!