Carceri: il degrado (diffuso) e il caso di Brindisi
di Vito Totire e Maurizio Portaluri (*)
NELLE CARCERI E’ ORA DI CAMBIARE (A BRINDISI E NON SOLO A BRINDISI)
Chi non si è sintonizzato il 22 ottobre su Radiocarcere (trasmissione di Radio Radicale, minuto 31,50) ha perso l’opportunità di aggiornarsi sullo stato di degrado della situazione in Italia. Degrado a cui Brindisi non sembrerebbe fare eccezione.
Avevamo richiamato l’attenzione su questo carcere, ancora una volta, il 20.12.2019 recependo l’ennesima segnalazione proveniente da persone qui «ristrette». Una fotografia del carcere di Brindisi è contenuta nel rapporto di Antigone aggiornato al 2019. Uno dei dati più lampanti è costituito dalla condizione di sovraffollamento che risultava essere al 171% della capienza dichiarata dall’istituzione. In questa sede non vogliamo né possiamo mettere a fuoco tutti i problemi del carcere di Brindisi. Già qualche anno fa, sempre sull’onda di una denuncia dall’interno, abbiamo registrato una reazione istituzionale del tipo “tutto va bene madama la marchesa” ma forse non era così allora e non lo oggi. Peraltro a nessuno sfugge una semplice constatazione: se il sovraffollamento era un grave problema nel 2019, le attuali esigenze di prevenzione e di distanziamento potrebbero aver reso la situazione ancora più rischiosa.
Torniamo dunque alla denuncia-sfogo di Radiocarcere di giovedì sera: le persone detenute hanno denunciato di sentirsi trattate «peggio dei maiali»; parole grosse certamente riferite alla questione degli spazi disponibili per persona che – troppo spesso – nelle carceri italiane non rispettano gli standard ritenuti in Europa inaccettabili per gli animali.
A prescindere dalla meticolosa conta dei metri e centimetri quadrati disponibili, a prescindere dalla pur importante discussione tra magistrati sul fatto che i metri quadrati per persona debbano essere contati al netto dei mobili (a noi pare chiaro di sì) o meno, emerge dalla denuncia delle persone detenute una situazione oppressiva e intollerabile di costrittività : eccesso di ore di clausura in cella, impraticabilità di spazi esterni per attività sportive, una impraticabilità che ha come surrogato la disponibilità di qualche cyclette negli spazi per la socialità interna, spazi nei quali – dicono le persone detenute – non c’è però neanche protezione contro il fumo passivo. Da 17 anni ci chiediamo infatti se la legge 3/2003 (protezione contro il fumo passivo) sia stata abrogata nelle carceri e perché nei penitenziari (secondo una rara indagine epidemiologica il 71% delle persone detenute fuma) non esistano salette per fumatori con estrazione attiva dell’aria; forse si aspetta una denuncia penale per danni alla salute da fumo passivo per scoprire il problema?
Ma per andare al nocciolo della questione: anni fa intervenimmo perché una persona detenuta parlando a Radiocarcere denunciava un clima di paura all’interno. In questo caso il vissuto delle persone che sono intervenute alla radio è di essere trattate «peggio dei maiali». Fosse anche una percezione soggettiva sarebbe comunque la spia di una situazione molto grave: gli studi di psicologia sociale e gli studi comportamentali dimostrano che se la persona detenuta percepisce un trattamento equo, è questo più di ogni altro evento o punizione che modifica positivamente la sua condotta sociale (ammesso che la persona detenuta sia davvero responsabile di quello che le viene addebitato, vista la non trascurabile percentuale di persone ristrette in custodia cautelare o vittime di errori giudiziari).
Vorremmo poi comprendere se e come la Asl di Brindisi sia intenzionata, anche con interventi ispettivi, a rilevare gli elementi di criticità e a proporre azioni di miglioramento considerato che una qualunque altra struttura ricettiva “civile”, nelle condizioni di sovraffollamento, sarebbe stata già chiusa. Certo è necessaria pure una politica di decarcerizzazione che, al momento, non è nell’agenda del governo in carica; ma l’incapacità del ceto politico non deve essere avallata dalle istituzioni sanitarie.
Costrittività e sovraffollamento, secondo gli studi di prossemica, inducono aggressività e conflitti; anche la possibilità di dormire in maniera adeguata è stata studiata rivelando la possibilità di ripercussioni negative sul tono dell’umore e sui comportamenti violenti.
Non aderendo al penoso partito del “buttare la chiave” chiediamo soltanto il rispetto della Costituzione repubblicana che vieta trattamenti disumani, degradanti e l’abuso dei mezzi di correzione.
Carcere e società sono vasi comunicanti; una condizione di coesione sociale svuota le carceri e viceversa (così Michael Marmot). Il nostro dunque non è un appello “a favore” delle persone ristrette: un trattamento socialmente equo è nell’interesse di tutta la società.
Chiediamo a chi vuole sostenere il cambiamento (operatori della prevenzione, lavoratori, volontari) di cooperare e di dare vita a tutte le sinergie possibili.
Bologna-Brindisi 26 ottobre 2020
(*) Vito Totire è medico psichiatra; Maurizio Portaluri è medico ospedaliero; testo ripreso dalla rivista telematica salutepubblica.net