Carol Ann Duffy: «Dire qualcosa»
246esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)
Dire qualcosa
Le cose assumono le tue sembianze; vestiti smessi, un telo inumidito
nel bagno, mani vuote. Non è immaginazione. È
la materia calda e semplice dell’amore. In cuor mio lo dò per scontato.
Ci svegliamo. Il nostro linguaggio privato dà inizio alla giornata.
Ci muoviamo per la casa come al solito. I sogni che
non sappiamo parafrasare ci sfumano tra le dita.
Ho sognato di non essere con te. Vagavo per una città
dove tu non abitavi, scrutavo gli sconosciuti, in cerca
di una parola per farli diventare te. Al risveglio eri accanto a me.
Tesoro, dico. Le parole banali del giorno raschiano
superfici piú buie. La tua assenza mi lascia con lo spettro
dell’amore, tazze di caffè o lenzuola che si raffreddano, i baci piú delicati.
Torno a casa a piedi, ti vedo accendere le luci. Entro
dentro, ti chiamo, dico qualcosa.
[da «Lo splendore del tempio», traduzione di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera]
(*) Ricordo che qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala da oltre 15 anni invia ad amiche/amici per 3 o 4 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie inviate quella da regalare alla “bottega” e io posto. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni. [db]