Carrara in assemblea permanente: sguardi su…

un sommovimento popolare

di Angelo Maddalena

Negli ultimi anni, cioè dal 2008, è la quarta volta che il fiume Avenza esonda e che l’alluvione scuote e colpisce gli equilibri già fragili di fiumi e argini della città di Carrara.

Non so molto di Carrara, ci ero venuto praticamente solo una volta,

un anno e mezzo fa, per uno spettacolo che ho presentato al Circolo dei Baccanali. Ora ci torno per sapere di più dell’assemblea permanente di cui mi informa via fb Roberto Benettini, un documentarista di Spezia. Mi colpisce il silenzio dei giornali e delle televisioni, eppure duemila persone avevano cominciato a riunirsi e a chiedere con forza le dimissioni del sindaco Angelo Zubbani dopo l’alluvione dell’8 novembre, e in modo continuato, occupando o presidiando il comune e soprattutto la Sala della Resistenza (la sala conferenze all’interno del municipio di Carrara).

Arrivo a Carrara all’inizio di dicembre, quasi a un mese dall’esondazione: non ho date di spettacoli, sono ospite di un amico e ne approfitto per fare il “pellegrino” (da queste parti se non sbaglio passava anche la via Francigena) e per guardarmi intorno. Carrara è una città romantica: è la mia prima impressione, dettata da ingenuità colpevole e da entusiasmo poetico, e anche dalle visioni che si trovano soprattutto in piazzetta Alberica, che io definisco una piazza San Carlo (quella di Torino) in miniatura. Poi il ponticello sul fiume Carrione al bivio fra via Carriona e via Apuana: qui si incontrano due fiumi e poco tempo fa era crollata una casa… nel fiume! Forse era morta una donna (non ricordo bene): me lo ha detto la mia amica Sandra che abita qui. A Carrara si vedono schiere di bohemiens, è una città decadente.

Al di là del mio sguardo poetico, è in ginocchio, culturalmente e materialmente. Me lo fa notare Roberto: quando gli dico che Carrara mi sembra poetica per le tante case e strutture antiche, risponde «più che antica è vecchia e decrepita». Me ne accorgo da alcuni segnali: a Carrara non c’è una vera libreria, nonostante ci sia l’università. Di cartolibrerie ce ne sono almeno tre ma l’unica libreria “pura” (in piazza Alberica) è aperta a sprazzi, sulla porta c’è scritto l’orario di apertura ma anche “all’improvviso”: cioè che apre all’improvviso; sono stato tre giorni a Carrara, passando spesso davanti la libreria, e non l’ho mai trovata aperta.

Dal diario dell’assemblea permanente, 3 dicembre 2014, Carrara, Sala della resistenza

La gente arriva a mano a mano: da soli, in due, adulti, settantenni, ragazzi… C’è l’assemblea permanente ogni giorno alle 18; il martedì e il giovedì alle 21. Io sono arrivato ieri (giovedì) e ho partecipato a quella serale. Però ero venuto anche ieri verso ora di pranzo per vedere che aria tirava. Davanti al municipio c’è uno striscione attaccato all’inferriata dell’ingresso: «Carrara Assemblea permanente: aperta a tutta la cittadinanza che vuole partecipare direttamente per il bene comune». C’è sempre qualcuno che presidia qui davanti al Comune e qualcuno che dorme di notte nella Sala della resistenza, come una sorta di occupazione simbolica che molti preferiscono chiamare “presidio”.

Ieri verso le due – dicevo – c’erano 5 persone nella Sala e discutevano. Dai loro discorsi si poteva intuire un po’ l’andazzo psicologico e politico delle ultime settimane. Uno insisteva animatamente (forse è anche una modalità comunicativa tipica dei carrarini: un po’ sanguigni e dall’entusiasmo facile? come diceva qualcuno di qua) sull’importanza di gesti “forti”: tipo bloccare gli assessori per impedire lo svolgimento del Consiglio Comunale di fine novembre. “Un gesto simbolico avrebbe risalto mediatico” dice. Altri erano d’accordo ma sostenevano che è già importante ci siano decine se non centinaia di persone all’assemblea ogni giorno da ormai quasi un mese. Intanto si prepara la partecipazione, per sabato 6 dicembre, a Marina di Carrara, a una riunione in cui saranno presenti persone che l’8 novembre hanno subìto danni alle case. Il tipo che proponeva gesti forti (e non è il solo) sosteneva che bisognava approfittare per fare appunto qualcosa di forte quando si era in duemila, cioè nei giorni immediatamente successivi all’alluvione: provare a bloccare i lavori nelle cave di marmo, fermando i mezzi e cose così. Secondo lui e altri, le azioni forti avrebbero aumentato il consenso e la motivazione dei carrarini; adesso invece pare che la partecipazione vada scemando anche all’assemblea permanente.

La richiesta principale è sfiduciare – quindi “dimissionare” – il sindaco: questo non è ancora avvenuto e probabilmente non avverrà. Però la situazione si espone a possibili derive: dalla strumentalizzazione da parte di fazioni partitiche avverse a quella del sindaco a populismi vari. Per esempio si vedono già elementi del movimento dei forconi che in questi giorni organizzano un banchetto davanti l’Esselunga di Carrara; uno era venuto quel primo pomeriggio con un volantino «per difendere la dignità e il lavoro degli italiani» e sulla giacca aveva la spilletta con bandiera italiana e scritta «Coordinamento 9 dicembre» (ricordate un anno fa? 2013: manifestazione nazionale ambigua e con presenze massicce di fascistoidi più o meno dichiarati).

Ho partecipato anche all’assemblea del venerdì e devo ammettere che c’erano molto meno persone rispetto al giorno prima. Ma qualcuno diceva che c’è stata più partecipazione cioè molte persone sono andate alla “cattedra” a prendere il microfono e dire quello che pensavano. Quello che è stato detto, in sunto, è che occorre definire chiaramente gli obiettivi: chiedere le dimissioni del sindaco potrebbe essere riduttivo e autolimitante. Qualcuno ha parlato dell’importanza di non farsi rinchiudere dentro gabbie troppo democraticiste di partecipazione. Nell’assemblea del giovedì si chiedeva al Comune di adottare il Bilancio partecipato e trasparente come si fa in altri Comuni in Italia. L’impressione generica è che ci sia una partecipazione popolare vivace e vitale, visto che comunque centinaia di persone si incontrano spontaneamente in un’aula del Comune per discutere di problemi concreti della propria città: è sempre una boccata d’ossigeno nel mare di democrazia burocratica e amministrativa dove quasi nessuno partecipa ai Consigli Comunali e in generale alla vita politica dal basso. Qualche ragazzo e ragazza si fa sfuggire battute del tipo «Se il sindaco non si dimette mi do foco» o la variante «Gli do foco»: atteggiamenti che rivelano un’energia insurrezionale viva, almeno a livello simbolico (perché dar foco o darsi foco non sembra una bella soluzione dei problemi) ma anche una certa superficialità che riporta alla riduttività di certi obiettivi che forse, come si accennava prima, sono da definire e da ampliare. Anche se fosse vero che il sindaco e la Giunta sono implicati in fatti di malaffare e corruzione, abbiamo visto negli ultimi anni come si può diventare “bocconcini” per gruppi populisti quando le rivendicazioni sono vaghe e riduttive. Per esempio: lotta alla corruzione che però per certi versi è insita nel sistema politico-economico, quindi a che gioco giochiamo? tanto vale proporre di non votare anziché dar adito a gruppi che poi vanno a finire in Parlamento partendo dall’antipolitica: i Forconi coi vari partitini, M5S, Casa Pound. Altro esempio: la lotta contro la Casta è un altro argomento ambiguo e riduttivo che diventa terreno fertile per meccanismi che danno sempre più potere ai poliziotti, allo Stato, alle istituzioni in generale. Basti ricordare un bel po’ di gente che negli ultimi anni ti dice che paga tutto anche gli scontrini e aggredisce chi butta per terra un fazzolettino di carta in nome di un malinteso “senso civico”. Con punte di martirio come quelli che dicono: siccome i politici rubano anziché punirli (non andando a votare o in altre forme da inventare e reinventare) la soluzione è che noi dobbiamo pagare tutto e diventare ultralegalitaristi. Mi pare una variante del detto: curnuti e mazzijati!

C’è anche la presenza di tifosi del Carrara all’assemblea permanente, e a me che ho uno sguardo ingenuo sa di positivo. Però c’è chi a Milano, durante gli sfratti del quartiere Giambellino a fine novembre, vede la presenza dei tifosi tra la gente che difende gli sfrattati come indice di “delinquenza” mischiata alla lotta popolare, o comunque di derive “controproducenti” della lotta, più che altro per la presenza di mafiosetti, gente di destra o delinquentelli. C’è chi dice: se qualcuno difende una donna che subisce uno sfratto e ha due bambini da sfamare, ben venga. Ma altri obiettano che se era una donna straniera non l’avrebbero difesa. Ma si può fare il processo alle intenzioni?

Un’ultima osservazione, a partire dai movimenti di rivolta a rischio populismo e qualunquismo degli ultimi anni, cercando di trovare aspetti comuni, e tenendo in mente quello che sta succedendo a Carrara in questi giorni (si trova molto materiale nella pagina fb Carrara assemblea permanente). Un’osservazione che parte dagli “indignados” (anche lì chiedevano riforme a bassa soglia, cioè si denunciava la corruzione e si chiedeva la dimissione dei governanti: cambiamo il colore ma la sostanza rimane uguale) del movimento 15 maggio 2011 con le tendopoli o accampamenti poi sgomberati violentemente.

Se ti butti a terra montando tende (io ho visto un po’ di ragazzi “indignados” a Montpellier nel 2011, erano stravolti, sembravano barboni) con tutto il rispetto forse ti indebolisci già di tuo e stai facendo solo un favore a chi gestisce il Potere). Per non parlare della tendenza alla “nonviolenza” che diventa anche lì martirio: e penso al 15 ottobre del 2011 a Roma quando molti “indignados” (e non solo loro) finivano con il fare “i poliziotti” nei confronti di altri manifestanti un po’ più decisi a colpire obiettivi concreti (lo dico senza volere esaltare a prescindere i cosiddetti, per dirla alla francese, casseurs). Significativa al riguardo la scritta su un muro di Roma apparsa dopo il 15 ottobre: «PIANTA GRANE, NON TENDE!». A Carrara ho sentito una ragazza dire che non aveva mai dormito nella Sala Comunale insieme ad altri per presidiare, un po’ perché è un posto comunque aperto, cioè che può arrivare chiunque, e lei in quanto ragazza non si sentiva così tranquilla e in più, senza falsi scrupoli, la ragazza diceva “fra quelli che ci dormono c’è gente che non ha casa”; E anche qui nulla da eccepire ma il fatto è sempre quello: quali sono gli obiettivi? organizzare una lotta con obiettivi mirati o fare un dormitorio pubblico? Si può fare una rivendicazione mirata a occupare o denunciare la mancanza di case popolari o a prezzi popolari a Carrara, tanto per dire. Questa è una cosa che si vede anche in Val di Susa dove un presidio Notav è diventato l’alloggio di uno che non aveva casa o stava da solo con problemi a gestire la solitudine nìmentre nella collettività ha trovato conforto e protezione: una cosa bella ma si rischia di uscir fuori dal seminato così facendo, o no?

Dopo questa specie di reportage “molto veloce”, mi viene da dire che certe dinamiche andrebbero studiate a fondo per capire i cambiamenti di clima psicopolitico degli ultimi anni.

Voglio chiudere con le parole di Antonio Gramsci che ho trovato su una locandina attaccata sullo specchio del circolo dei Baccanali: «Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani, chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano, l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti».

 

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