Violentati e poi castrati – di Mark Adin
Pare che negli anni Cinquanta, in Olanda, alcuni ragazzini abusati da preti cattolici, allo scopo di seminare il terrore e così dissuadere altri dallo sporgere denuncia, siano stati castrati. Un giornale di Rotterdam sostiene di averne le prove: testimonianze, evidenze cliniche. Leggo e rileggo oggi, incredulo, l’articolo apparso su “Il Fatto Quotidiano”, 17 marzo, senza firma, e che non mi risulta ripreso da alcuna altra testata (non ho visto l’Avvenire…).
Castrati, proprio così. I fatti risalirebbero agli anni Cinquanta. Il giornale riporta la vicenda di Henk Heithuis, “un sedicenne che nel 1956 denunciò alla polizia di aver subito abusi da parte di preti. Ma successivamente, secondo la ricostruzione del giornale, il giovane fu affidato a un ospedale psichiatrico cattolico dove venne castrato, apparentemente a causa del suo comportamento omosessuale. Episodi analoghi sarebbero avvenuti con l’intento di scoraggiare altre vittime a denunciare gli abusi subiti.”
Non è vero che la violenza sia tutta uguale, essa si distingue anche per il livello di crudeltà che esprime. Il grado di efferatezza criminale rappresentato da questi fatti, supportati persino da carte giudiziarie, è indicibile. Un minore, affidato alle cure di religiosi, viene stuprato. Il ragazzino trova il coraggio di denunciare la violenza subita e, in conseguenza di ciò, viene internato in manicomio (confessionale, ovviamente…) e, a causa di una diagnosi di omosessualità apparente, è “curato” con la castrazione. Non si può che rimanere inorriditi e senza parole.
Proseguendo nella lettura, si apprende che circa 800 (ottocento) fra preti e monaci olandesi, nell’arco di quarant’anni, sono stati indicati quali autori di violenza su minori affidati alle loro cure. La sproporzione di questi comportamenti criminali, messi in atto in una circoscritta comunità, è inaccettabile, come il silenzio, la remunerazione risarcitoria per tacitare le vittime nel migliore dei casi, la minaccia, e per finire questa violenza estrema e agghiacciante passata negli anni sotto silenzio.
E’ giusto ricordare che l’atteggiamento, a fronte di questi fatti, sembri, da parte delle gerarchie ecclesiastiche, pur tardivamente, cambiato. E’ altrettanto da avanzare il sospetto che ormai lo scandalo fosse talmente gigantesco, nel mondo intero, da renderne difficile, se non impossibile, la sua occultazione.
E’ complesso, oltre che doloroso, accostarsi a vicende tanto spaventose. Impossibile non cercare di capire come persone che per scelta religiosa dovrebbero essere scevri da ogni forma di violenza, arrivino a praticare tali forme di sopraffazione sui più deboli che hanno in custodia. Difficile non pensare che certe angherie traggano origine proprio dalla repressione sessuale esercitata dalla religione stessa. Dunque aguzzini e vittime allo stesso tempo? Non confondiamo le cose: nella incolmabile distanza tra carnefice e vittima, sarebbe temerario anche solo pensarlo. Quando, come in questo caso, i fatti parlano da sé, è bene non aggiungere troppi commenti.
Nondimeno è da sottolineare come certe notizie siano poco rappresentate da organi di stampa “democratici” e “progressisti”, con giornalisti che si approvvigionano all’ingrosso alle stesse agenzie e alle medesime fonti e esplichino, come sempre, la loro bassa professionalità di meri “dettaglianti” dell’informazione. Ancora una volta, il grigiore della stampa italiana, il suo conformarsi alle notizie comode e di superficie, è del tutto evidente.
Credo che sia responsabilità di ciascuno, utilizzando il web, diffondere le notizie che tendono a passare sotto silenzio. E’ una cosa che non costa, disponibile a tutti, è una attività che crea, sostiene, corrobora il sentimento di attiva cittadinanza, che sarà, credo, sempre più necessario.
Mark Adin
Per questo difficile post ringrazio Mark e mi unisco all’invito finale: “Credo che sia responsabilità di ciascuno, utilizzando il web, diffondere le notizie che tendono a passare sotto silenzio. E’ una cosa che non costa, disponibile a tutti, è una attività che crea, sostiene, corrobora il sentimento di attiva cittadinanza, che sarà, credo, sempre più necessario”.
Nell’aprile 2010 su codesto blog riprendevo un articolo (apparso su “il manifesto”): lo trovate digitando “Marco Cinque: genocidio canadese”. Leggetelo per favore e magari fatelo girare. Vi fu qualche polemica in blog nei giorni successivi e – mi pare significativo – un sostanziale silenzio nei nostri (presunti grandi) media. Di nuovo, nel settembre 2010, un articolo (digitate “Marco Cinque: La chiesetta in Canadà” e lo troverete) riprende le denunce. Che io sappia smentite quasi zero e silenzi, silenzi, silenzi.
Il sentimento di cittadinanza attiva sarà sempre più necessario. (db)
Pena di morte per questi preti di merda.
capisco la rabbia di Giuliano ma ribadisco che, per quel che mi riguarda, pena di morte mai. (db)
Chi ha frequentato preti e suore, chi si è interessato un po’ di storia, non dovrebbe meravigliarsi troppo di quanto scrive Mark. A parte le spiacevoli esperienze personali che qualcuno ha vissuto sulla propria pelle, basta ricordare i missionari al seguito dei conquistadores, la santa (?) inquisizione, le crociate in terrasanta e altrove, le bolle papali che approvavano la schiavitù (ma solo per gli appartenenti a religioni concorrenti), le persecuzioni subite da alcuni filosofi e scienziati che osavano mettere in dubbio i dogmi della chiesa. Un curriculum zeppo di stragi e sopraffazioni. Non mi riferisco ai soli gestori della religione cristiana, ma a quelli di tutte le religioni, specialmente le monoteistiche. Una genìa tesa alla conquista e al mantenimento del potere dietro la maschera della bontà, del perdono, della non violenza! Se quel dio buono e giusto che propagandano ci fosse davvero, li avrebbe inceneriti da tempo.