Catania ieri: in piazza con i lavoratori Sirti
di Domenico Stimolo (*)
Da molto tempo non si vedeva a Catania una manifestazione sindacale, interregionale, caratterizzata da dura fermezza, sofferenza e risoluta volontà a resistere.
Un corteo compatto, costituito da alcune centinaia di lavoratori Sirti provenienti dalle strutture produttive di Catania, Palermo, Cosenza e Catanzaro – organizzato dalle strutture sindacali metalmeccaniche di Fim, Fiom, Uilm – con militanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, giovani ed ex lavoratori Sirti, ieri ha attraversato tutta l’area centrale della città, fermandosi a lungo sotto la Prefettura.
Una delegazione – presenti anche i rappresentanti nazionali del comparto Tlc delle tre organizzazioni sindacali – è stata ricevuta dalla struttura istituzionale. Sono stati esposti le motivazioni della manifestazione sindacale e le grandi preoccupazioni dei lavoratori dopo l’annuncio dei licenziamenti avvenuta il 14 febbraio a Milano in sede di Assolombarda, formalizzati una settimana dopo.
Il progetto dell’Azienda vuole tagliare 833 posti di lavoro, su 3692 dipendenti (si aggiungono diverse centinaia di lavoratori in condizione di “somministrati”). I licenziamenti riguardano la globalità dei siti lavorativi, allocati di fatto nella gran parte delle regioni italiane: la quota più consistente, cioè duecento, interessa la Lombardia, nelle sedi di Cassina dei Pecchi e Milano, poi Lazio e Campania.
L’iniziativa sindacale svoltasi a Catania si inserisce nell’ambito della Settimana della lotta, decisa dopo l’incontro “esame congiunto”, come previsto dalle procedure di legge, svoltosi a Milano il 28 febbraio. Preso atto del drastico intendimento aziendale di procedere con i licenziamenti si svolgeranno scioperi di otto ore – tra l’11 e il 15 marzo – con manifestazioni e presìdi a carattere interregionale.
Ogggi si svolgerà a Roma un presidio davanti alla sede del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico).
I lavoratori e le organizzazioni sindacali chiedono il ritiro dei licenziamenti – con la messa in opera di una interruzione/moratoria dei 75 giorni di decorrenza previsti dalle normative di legge – e ancora la riduzione delle consistenti attività di sub-appalto, l’eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali a carattere temporaneo, le dimissioni volontarie sostenute economicamente con accompagnamento alla pensione.
Fra l’altro le strutture sindacali – consapevoli che i licenziamenti Sirti e le dinamiche occupazionali di tutte le aziende del settore , si inseriscono nel quadro complessivo che riguarda la gestione delle TLC (telecomunicazioni) in Italia – già in precedenza hanno richiesto al governo, cioè al Mise, la promozione di uno specifico ambito di incontri indirizzato alla definizione di un progetto chiarificatore e determinante che riguardi un comparto assolutamente prioritario per l’Italia, con il diretto coinvolgimento delle aziende che gestiscono il servizio delle Tlc, sia private (a partire da Tim) che pubbliche (Open Fiber, Infratel).
Per le articolazioni produttive diffuse nel territorio nazionale e all’estero, per gli ambiti tecnologici di intervento (reti fisse e mobili nelle telecomunicazioni, sistemi di telecomunicazioni nei trasporti ferroviari, reti di trasporto e distribuzione di energia, nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione Ict) e per i volumi occupazionali presenti nel territorio nazionale, la Sirti continua ad essere la principale azienda di impiantistica evoluta e manutenzione di reti. Quindi un patrimonio lavorativo che deve essere assolutamente salvaguardato, respingendo i progetti dell’azienda finalizzati ai licenziamenti.
La Sirti – Società Italiana Reti Telefoniche Interurbane – è la più antica azienda delle Tlc in Italia. Nata nel 1921 a Milano, a partire dal 1965 viene controllata dalla Stet (finanziaria dell’Iri per le telecomunicazioni), dopo l’acquisizione delle aziende gestori del servizio telefonico in Italia, con conseguente unificazione. La Stet, prima della nefasta operazione di smantellamento della presenza del capitale pubblico avviato con la privatizzazione iniziata nel 1992, gestiva in posizione di maggioranza il “cuore” del settore delle telecomunicazioni in Italia, un nutritissimo gruppo di importanti e sofisticate aziende, anche nel settore manifatturiero (Italtel, Finsiel, Olivetti, Sgs. Ates microelettronica).
Dopo avere raggiunto un organico con oltre 10mila dipendenti, con attività produttive in molti Paesi, a seguito della totale vittoria del modello inconsulto di privatizzazione – in linea con le regole del neoliberismo trionfante – anche la Sirti, dopo il controllo di Telecom nel 1997, all’inizio degli anni 2000 inizia la completa vendita a soggetti privati.
Nell’agosto 2016, con conseguente ristrutturazione del consistente debito accumulato nel corso degli anni, è stata totalmente acquisita da Pillarstone Italy – società di investimento a supporto di banche e imprese – in un’operazione che ha avuto come advisor (consulenza) la banca d’affari Lazard.
Di fronte a questo grande dramma occupazionale il governo non può continuare a fare la parte dello spettatore silente.
(*) ex Coordinamento Sindacale Nazionale Sirti
Sirti. Primo risultato della mobilitazione, sospesi i licenziamenti
dal sito di FIOM- CGIL nazionale
https://www.fiom-cgil.it/net/index.php/comunicazione/stampa-e-relazioni-esterne/6361-sirti-primo-risultato-della-mobilitazione-sospesi-i-licenziamenti
https://www.fiom-cgil.it/net/index.php/comunicazione/stampa-e-relazioni-esterne/6359-sirti-locatelli-fiom-ottenuto-un-primo-risultato-azienda-accoglie-richiesta-sospensione-procedura
Dall’incontro di ieri al ministero dello Sviluppo economico è venuto un primo risultato della
mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori Sirti: l’azienda ha sospeso la procedura di
licenziamento fino al prossimo incontro.
Al confronto di ieri – cui si è arrivati dopo una massiccia mobilitazione unitaria che ha coinvolto
tutti i siti nell’ultimo mese – come Fim, Fiom e Uilm abbiamo ribadito l’inaccettabilità degli 833
esuberi dichiarati, chiedendo all’azienda di “passare dalle parole ai fatti” con una sospensione della
procedura e al miSe l’apertura di un tavolo di settore sulle installazioni telefoniche.
L’azienda ha accettato di sospendere la procedura, consentendo di fissare un incontro per il
prossimo 21 marzo a Milano, in Assolombarda, che ci consentirà di “verificare le carte”, ovvero la
concreta esistenza di un piano alternativo ai licenziamenti, che dovrà risultare condivisibile e
soprattutto sostenibile.
La nostra richiesta è stata condivisa anche dal ministero, con il vice capo di gabinetto Sorial, il
quale ha dichiarato la propria disponibilità a favorire tanto la positiva soluzione della vertenza,
quanto la richiesta sindacale di un tavolo di confronto del settore delle telecomunicazioni.
Nel ribadire come l’obiettivo “esuberi zero” non può e non deve essere una chimera, abbiamo
esplicitato l’assoluta necessità del contributo dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico
per la soluzione della vertenza.
Dal momento in cui la procedura è solo sospesa, per Fim, Fiom e Uilm rimane attiva la
mobilitazione, con le manifestazioni della “settimana della lotta” programmate a Bari, Treviso e
Milano.
Dopo aver preso visione delle proposte che Sirti avanzerà il 21 marzo, valuteremo se ci sono le
condizioni per proseguire il confronto e, eventualmente, quali forme e modalità adottare per le
prossime iniziative di mobilitazione.
Dichiarazione congiunta di Marco Giglio, Pietro Locatelli e Michele Paliani, coordinatori
nazionali Fim, Fiom, Uilm Sirti
Fim, Fiom e Uilm nazionali
Roma, 13 marzo 2019
La TIM viene smantellata . Finalmente riescono nell’ impresa, tentata da vari decenni, di chiudere in un angolo quella che fu la principale partecipata statale ( Stet): prima come Sip, poi Telecom, infine Tim. Nel corso del tempo, come Stet furono investiti enormi risorse economiche ( investimenti pubblici) per sviluppare questo settore portante nell’ economia e nel sociale.
Stante le notizie delle strutture informative vendono, per 14 miliardi/ euro, ( per cercare di coprire parte di un debito complessivo di 20,5 miliardi ) al fondo finanziario americano Kkr, le attività di Rete ( la struttura portante delle Telecomunicazioni in Italia).
Tutto questo avviene con il governo di destra , che nominalmente, con sonore parole difende la Nazione” e il ” merito” nostrano , mentre nei fatti e’ totalmente assente da questa operazione che emargina in maniera molto rilevante il ruolo nazionale della principale azienda delle TLC .
( d.s. – ex Comitato Centrale della FIOM).
https://www.cgil.it/ufficio-stampa/tim-cgil-e-slc-cgil-vendita-rete-contro-interessi-paese-a-rischio-migliaia-di-lavoratori-governo-ci-incontri-dctuqguy
Scrive Franco Astengo:
LA RETE TIM A KKR: ANCORA SUL DEFICIT DI STRATEGIA INDUSTRIALE
Il cda di TIM ha venduto ieri 5 novembre la rete per 22 miliardi al consorzio formato da KKR, Ministero delle Finanze e F21 :il Ministero avrà una partecipazione di minoranza del 20%, circa metà dei dipendenti di TIM saranno trasferiti alla nuova società infrastrutturale.
Non possiamo che ribadire il forte giudizio negativo sull’operazione, lanciando un segnale d’allarme e individuando nella politica industriale un vero punto di debolezza dell’opposizione sia da parte del PD sia da parte dell’AVS.
Siamo di fronte infatti all’ennesimo passaggio che segnala l’ assenza dell’Italia da una qualche idea di piano di strategia industriale.
L’operazione TIM/KKR è un “unicum” in Europa: separazione della rete dai servizi e privatizzazione.
Inutile enfatizzare il ruolo dello Stato, come ha cercato di fare il governo: il fondo americano KKR diventerà proprietario al 65% di un asset strategico del nostro Paese e non ci sono stati forniti elementi per capire quali garanzie siano realmente previste per le scelte strategiche, l’occupazione, gli investimenti e la tutela dei dati.
Ne avevamo già accennato a febbraio di quest’anno quando era apparsa la notizia dell’avvio della trattativa in questione: senza alcuna concessione “sovranista” così si dimostra tutta la fragilità del contorto processo di privatizzazioni avvenuto in Italia nel settore decisivo delle infrastrutture tecnologiche ( intendiamoci bene: dal tempo dei dalemiani “capitani coraggiosi” discendendo per le rami dal prodiano scioglimento dell’IRI).
Da allora si è creata una situazione di evidente scalabilità e debolezza, a dimostrazione di una ormai storica incapacità di programmazione dell’intervento pubblico in economia e di assenza di politica industriale (che coinvolge anche l’Europa).
L’opposizione e il sindacato non possono rimanere ingabbiati in questa dimensione strategicamente inesistente , tutta rivolta all’autoconservazione del politico, schiacciata dall’emergenza dell’immediato.
Serve un colpo d’ala nella progettualità e nell’intervento del pubblico sui nodi strategici, serve affermare la forza del movimento dei lavoratori da proiettare in avanti, non basta evocare un indefinito “green” e un imperscrutabile “digitale” in un Paese al centro della contesa europea e che accusa da tempo limiti enormi dal punto di vista della politica industriale soprattutto sul delicatissimo terreno dell’innovazione nei settori strategici. Limiti del resto non affrontati neppure nella “possibile”(?) occasione fornita dal PNRR al riguardo della quale il discorso andrebbe affrontato in sede opportuna ma che non può essere sottovalutato o peggio dimenticato.