Cattura e Stoccaggio del Carbonio: tecnologie rischiose a sostegno dell’economia fossile

di Real Zero Europe

La proposta della Commissione Europea per una nuova strategia di gestione del carbonio industriale è incentrata sulle tecnologie basate sul CCS (Carbon Capture and Storage), tra cui il BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) e il DACCS (Direct Air Carbon Capture and Storage). E’ una proposta che apre la strada a una legislazione a sostegno di tali rischiose tecnologie, che nonostante notevoli investimenti non hanno mai dimostrato la sbandierata efficacia nel rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera.
La proposta della Commissione interessa direttamente anche il Belpaese, e in particolare il progetto per lo sviluppo del Ravenna CCS Hub, uno dei siti più grandi al mondo per lo stoccaggio di CO2, che ENI e Snam vorrebbero iniettare nei giacimenti esausti di gas nell’Adriatico.
Nel novembre scorso il
progetto CALLISTO (CArbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 Network è stato inserito fra i Progetti di Interesse Comune (PCI) dell’U.E. – la lista dei progetti che possono accedere a finanziamenti comunitari.
CALLISTO, di cui si prevede l’attuazione entro il 2027, è promosso dalla multinazionale francese Air Liquide S.A. e da altre 18 compagnie, tra cui Snam ed Eni.
Include la raccolta e il trasporto di CO2 (via terra e via mare), da emettitori in Italia e Francia, con i relativi hub di rigassificazione e liquefazione della CO2 situati nei due Paesi, per poi procedere con lo stoccaggio finale nell’hub CCS di Ravenna, che si configura ancora una volta come “territorio di sacrificio”.
Per approfondire il tema del CCS pubblichiamo oggi il rapporto di Real Zero Europe – un gruppo di organizzazioni europee impegnate per la giustizia climatica, la giustizia economica, l’alimentazione e l’ambiente – che conduce la campagna contro queste “tecno-fissazioni”, false soluzioni utili solo ad allungare la vita dell’economia fossile, ad uso e consumo dei grandi inquinatori e delle multinazionali del petrolio e del gas.

Ecor.Network


The Proposed EU Carbon Removal Certification Framework Promotes Risky, Unproven Technofixes
Real Zero Europe
Novembre 2023, 10 pp.

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Cattura e stoccaggio diretto del carbonio (CCS) e bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS)

La proposta – da parte della Commissione Europea – di definizione di un quadro normativo per la certificazione delle tecnologie di rimozione del carbonio, promuove misure tecno-centriche, rischiose e i cui benefici non sono dimostrati

Nel novembre 2022, la Commissione Europea ha presentato una proposta per un inquadramento normativo della Carbon Removal Certification. Tale proposta definisce un processo legale per quantificare il carbonio immagazzinato attraverso tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio prive di dimostrazione, quali il Direct Air Carbon Capture and Storage (DACCS) e la combustione di bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS).

Questo apre inoltre la strada allo stoccaggio temporaneo del carbonio in terreni agricoli, alberi e prodotti del legno per generare crediti di carbonio che possono essere utilizzati, tra le altre cose, per compensare le emissioni di carbonio fossile (per maggiori informazioni vedi i briefing di Real Zero Europe sul carbon farming e la compensazione del carbonio). Il quadro per la certificazione proposto volge le spalle al principio di precauzione dando un timbro legislativo di approvazione per un approccio contestato che spera di quantificare le rimozioni di carbonio presso gli impianti DACCS e BECCS.

Su larga scala, nessuno di questi approcci funziona nella pratica, e procedere su questa strada apre un vaso di Pandora di conseguenze imprevedibili e potenzialmente disastrose. I crediti di carbonio (le unità risultanti dalla quantificazione proposta) potrebbero essere utilizzati per aumentare i finanziamenti disponibili per la sperimentazione ancora più costosa con questi approcci tecnologici rischiosi e non provati. Si tratta di un tentativo velato di mantenere l’economia dei combustibili fossili e ritardare un’azione significativa sul cambiamento climatico.

A livello globale, circa tre quarti del carbonio catturato dalle tecnologie di cattura del carbonio viene attualmente utilizzato per l’estrazione di petrolio e gas che non potrebbero essere altrimenti recuperati, denominati come “enhanced or secondary oil and gas recovery” (EOR), che vengono poi bruciati. Per il clima, sarebbe meglio non impegnarsi affatto in questa attività.

Che cosa significano DACCS (Direct Air Capture with Carbon Storage), e BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage)?

DACCS e BECCS sono i due principali approcci tecnologici che la Commissione Europea promuove nella sua proposta di Carbon Removal Certification Framework (CRCF). Entrambi sono approcci non dimostrati, non ancora sperimentati su larga scala, estremamente costosi e tremendamente rischiosi. La Direct Air Capture è in fase iniziale. Si riferisce ad una serie di tecnologie, in gran parte non testate su larga scala, che pretendono di eliminare l’anidride carbonica (CO2) direttamente dall’aria.

Per esempio, grandi ventilatori soffiano l’aria sopra una miscela di prodotti chimici che intrappolano le molecole del carbonio. Le macchine collegate ai ventilatori utilizzano grandi quantità di energia e calore per separare la CO2. La CO2 catturata poi deve essere trasportata e immagazzinata – il che trasforma la DAC (Direct Air Capture) in DACCS (Direct Air Capture with Carbon Storage), o DACCUS (Direct Air Capture, Utilization, and Storage) se la CO2 catturata viene utilizzata prima dello stoccaggio.

Il BECCS si basa sul falso presupposto che grandi quantità di biomassa siano disponibili per la combustione e che le emissioni derivanti dalla combustione di questa biomassa possono essere seppellite sottoterra.

Si tratta di quattro fasi:
1) la produzione di biomassa (principalmente legno)
2 la produzione di energia elettrica (occasionalmente viene utilizzato anche il calore) dalla raffinazione di biocarburanti o combustione di biomassa, a volte insieme al carbone
3) la cattura di carbonio dalla raffineria o centrale elettrica
4 lo stoccaggio di carbonio catturato in serbatoi geologici sotterranei

Cosa c’è di sbagliato con nel DACCS e nel BECCS?

Anche solo la considerazione dei tassi di cattura e di stoccaggio limitati e dell’uso di energia estremamente elevato sottolinea che il BECCS e il DACCS non sono realizzabili su larga scala, né sono suscettibili di esserlo nel prossimo futuro. Ad esempio, l’unico progetto BECCS a livello industriale al mondo, Decatur negli Stati Uniti, cattura solo il 12% delle emissioni di CO2 del sito. Inoltre, l’implementazione su larga scala del BECCS comporterebbe impatti negativi inaccettabili sulla sicurezza alimentare, sui diritti di utilizzo del suolo e sulla biodiversità, dato il suo fabbisogno di terra, acqua e risorse: “negando” che un terzo delle attuali emissioni di combustibili fossili richiederebbe terreni equivalenti a circa la metà della superficie coltivata mondiale.

Le enormi quantità di biomassa (principalmente legno) necessarie per alimentare gli impianti BECCS comporterebbero inevitabilmente un disboscamento più distruttivo, tagli devastanti e il degrado delle foreste e l’accaparramento di terreni per le monocolture. L’impatto negativo della domanda europea di biocarburanti e biomassa legnosa sulle foreste, sulle terre e sulla biodiversità già sovraccaricate è ampiamente documentato e si intensificherebbe ulteriormente con il BECCS: centinaia di milioni di ettari di terreno dovrebbero essere convertiti in colture energetiche. Anche il DACCS è molto costoso e richiede molta energia, con seri dubbi sulla sua efficacia.

Una ricerca ha rivelato che per la rimozione tramite la Direct Air Capture negli Stati Uniti di circa 850 Mt di CO2 (che equivalgono al 2% delle emissioni globali annuali di CO2 legate alla produzione di energia), sarebbe necessario l’equivalente di quasi tutta l’attuale energia eolica globale. Al di là della massiccia domanda di energia, la DAC in scala maggiore consumerebbe anche grandi quantità di acqua e utilizzerebbe grandi quantità di sostanze chimiche tossiche, aggravando il rischio di scarsità d’acqua e rischi chimici, soprattutto per le comunità nelle vicinanze degli impianti DAC.

Un colossale spreco di energia (rinnovabile) scarsa

Anche se gli ostacoli tecnici del BECCS potessero essere superati, bruciare la biomassa in questo modo comporterebbe perdite colossali di energia: una delle due centrali elettriche commerciali in funzione che utilizza il Carbon Capture, Utilisation and Storage, l’impianto a carbone di Boundary Dam di proprietà della provincia canadese del Saskatchewan, non è riuscita a catturare i livelli promessi di CO2 a causa di frequenti guasti e arresti, mentre richiedeva molta più energia del previsto per eseguire il processo di cattura del carbonio. Il processo di cattura utilizza il 30 – 31% della sua energia solo per catturare il carbonio prodotto dalla combustione del carbone per le proprie attività.

Nonostante le catastrofiche esperienze, aziende come RWE nei Paesi Bassi stanno usando la promessa sfuggente del BECCS per ottenere permessi e nuove sovvenzioni per bruciare ulteriori milioni di tonnellate di pellet di legno. RWE sta già bruciando grandi quantità di pellet di legno prodotto da disboscamento di foreste di biodiverse nel sud-est degli Stati Uniti e del Baltico.

Il Direct Air Capture with Carbon Storage è ancora più energivoro.
Se un impianto per la Direct Air Capture fosse alimentato da gas fossile, bruciare quel gas rilascerebbe CO2 equivalente a circa il 90% della CO2 catturata – senza nemmeno considerare l’energia necessaria per immagazzinare carbonio nel sottosuolo, le emissioni di metano dai pozzi e dai gasdotti che perdono gas, o l’acqua e le sostanze chimiche pericolose utilizzate nel processo. Soprattutto su larga scala, il suo uso comporterebbe rischi significativi.

Un recente articolo su Nature calcola che costruire 30.000 impianti per la Direct Air Capture entro il 2100 per catturare 30 Gigatonnellate di CO2 all’anno richiederebbe circa 50 Exajoule di elettricità ogni anno – più della metà di quello che il mondo intero produce oggi. Lo studio non include l’energia necessaria per lo stoccaggio.

Se un impianto per la Direct Air Capture fosse alimentato da energia eolica, solare o geotermica, ciò distoglierebbe enormi quantità di energia rinnovabile che potrebbero altrimenti contribuire a eliminare gradualmente la combustione di combustibili fossili. In particolare, l’energia richiesta per la DAC su larga scala è molto maggiore della capacità di energia rinnovabile che probabilmente verrà installata entro il 2050.

Promuovere queste tecnologie è difficilmente conciliabile con il principio di precauzione, sancito dall’articolo 191(2) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il principio di precauzione è “un approccio alla gestione del rischio per il quale, se è possibile che una determinata politica o azione possa causare danni al pubblico o all’ambiente e se non esiste ancora un accordo scientifico sulla questione, la politica o l’azione in questione non dovrebbero essere attuate“.

La Commissione europea, tuttavia, presenta il DACCS e il BECCS come componenti importanti della sua strategia più ampia per affrontare le emissioni industriali di gas a effetto serra con le tecnologie CCS e per una “bioeconomia sostenibile” (nel caso del BECCS).
Questa volontà di scommettere le foreste, le terre e il caos climatico puntando su tecnologie che non esistono in una scala che si avvicini lontanamente a quella del problema reale, va contro il principio di precauzione e deve essere contestata.

Le sovvenzioni pubbliche prolungano il profitto delle imprese che bruciano combustibili fossili

La spinta dell’UE per il DACCS e il BECCS è anche dannosa dal punto di vista economico. Dopo aver sprecato decenni di ricerca e miliardi di euro, le industrie inquinanti non sono riuscite a sviluppare una tecnologia CCS meno complessa e meno costosa per la cattura e lo stoccaggio del carbonio alla fonte.
Un esempio è la centrale elettrica del gruppo Drax nel Regno Unito.
La società gestisce la più grande centrale elettrica a biomassa del mondo e brucia milioni di tonnellate di pellet di legno importato, derivante dalla distruzione delle foreste. La Drax continua a promettere di catturare e immagazzinare il carbonio rilasciato dalla combustione della biomassa in futuro. La promessa assicura sussidi redditizi che altrimenti finirebbero nel 2027.

Nessuna evidenza suggerisce che il DACCS si comporterà meglio in futuro e un giorno catturerà in sicurezza quantità significative di CO2 senza usare grandi quantità di energia. Ciò non ha impedito al marketing di suggerire il contrario: due progetti geologici di stoccaggio del carbonio, entrambi in Norvegia, sono stati pubblicizzati come tecnicamente di successo. In realtà, in una struttura, grandi quantità di CO2 hanno iniziato a migrare, inaspettatamente, in uno strato geologico superiore – una conseguenza imprevista che porterà a ulteriori impatti. A 18 mesi dall’inizio delle operazioni, l’area di stoccaggio di destinazione del secondo impianto si è dimostrata incapace di immagazzinare la quantità prevista di CO2. La società petrolifera ha dovuto trovare nuove aree di stoccaggio di CO2 e nel 2016 ha investito in un altro sito di iniezione.

La capacità totale di “cattura” di entrambe le operazioni è anche molto limitata a 1,7 milioni di tonnellate all’anno – equivalente alle emissioni di CO2 di una sola centrale di gas di medie dimensioni da 500 MW. Inoltre, l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) sottolinea il rischio di perdite di CO2 dai siti di stoccaggio sotterranei. Quando le piccole quantità di carbonio immagazzinate vengono confrontate con il notevole potenziale di creare problemi inquietanti e imprevedibili, come le perdite di CO2, il punto dell’intera impresa deve essere messo in discussione.

E l’impresa è controproducente per prevenire il collasso climatico

Nell’UE, 587 milioni di euro di sovvenzioni sono andati alle iniziative CCS tra il 2007 e il 2016, ma non hanno portato a un singolo impianto di dimostrazione. Nel settore energetico e industriale, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) osserva che la CCS è tra le opzioni col costo più elevate e con il più basso potenziale di riduzione delle emissioni entro il 2030 – quando è più importante evitare di superare l’1,5 ºC e i danni irreversibili che si potrebbero scatenare. Il costo netto per la CCS è di 100 – 200 $ per tonnellata di CO2-equivalente (IPCC, Climate Change 2022. Mitigation of Climate Change. Summary for Policymakers, Figura SPM 7, p. 38.).

La spesa dell’UE è continuata comunque. Nel novembre 2022, ad esempio, la Commissione Europea ha raddoppiato i finanziamenti fino a circa 3 miliardi di euro, in seguito all’invito del Fondo Europeo per l’Innovazione a presentare proposte su larga scala per decarbonizzare l’Europa. Molti di questi fondi dovrebbe finanziare più iniziative CCS, come è successo in seguito al primo invito a presentare proposte.

Resta da vedere se le nuove e importanti sovvenzioni per il Carbon Capture and Storage annunciate dall’UE e dagli Stati membri produrranno risultati diversi. L’industria dei combustibili fossili guadagna grazie ai piani CCS, indipendentemente dal loro successo. Il Regno Unito offre un esempio lampante. Nel luglio 2023, il primo ministro Sunak annunciò più di 100 nuove licenze di trivellazione di petrolio e gas, e 1 miliardo di sterline in sussidi CCS, sostenendo che la cattura del carbonio, incluso il BECCS, avrebbe portato allo “zero netto” entro il 2050.

Affidarsi a tecnologie rischiose e speculative non è la strada verso il reale azzeramento delle emissioni

Il BECCS e il DACCS sono approcci estremamente costosi, ad alto rischio, non dimostrati su larga scala e controproducenti, che danno legittimità alla continuazione dell’uso di combustibili fossili. La tecnologia BECCS si basa anche sulla continua distruzione su larga scala delle foreste, aggravando così la biodiversità e le crisi di estinzione delle specie.

Invece di far avanzare il DACCS e il BECCS attraverso il Carbon Removal Certification Framework, l’UE deve, per il bene di tutti noi, concentrarsi su ciò che l’IPCC ha ampiamente chiarito: esistono soluzioni comprovate e prontamente disponibili e devono essere adottate ora. Questi includono l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, la riduzione della domanda di energia e di materiali, l’aumento dell’efficienza energetica, il cambiamento dei modelli di consumo e di produzione di energia e materiali, l’introduzione di energie rinnovabili sostenibili su scala equa, la protezione e il ripristino degli ecosistemi.

* Traduzione di Ecor.Network.


Ulteriori approfondimenti:


Immagini da Geongineering Monitor e Real Zero Europe.

alexik

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