Cercando un canale… in un’ambigua tregua
comunicato di Carovana Antifascista (datato 27 settembre)
Rispondiamo alle richieste di comunicazione che sono giustamente pressanti da parte dei compagni e dalle compagne in Italia.
La situazione che si è venuta a creare non ha portato ancora ad avere un canale sicuro e collettivo per portare la nostra solidarietà attiva nei territori interessati dall’aggressione del regime golpista di Kiev e dalle milizie neo-fasciste a lui organiche.
L’ipotetica apertura di
queste possibilità muta in continuazione e fino a ora ha avuto esiti negativi, nonostante lo sforzo di cercare di usufruire di tutte le relazioni che i compagni provenienti da tutti i Paesi hanno intessuto in questi mesi.
Probabilmente i nuovi equilibri geo-politici successivi all’accettazione del cessate il fuoco proposto dalla Russia hanno conseguenze dirette nei rapporti fra quest’ultima e le Repubbliche popolari del Donbass, influenzando di fatto le sorti della nostra iniziativa.
La tregua, poi, più teorica che pratica rende “impraticabile” entrare in alcune zone del Donbass, visto che non permette all’Esercito popolare di farsi carico del nostro passaggio. Siamo riusciti a ottenere solo la possibilità di far passare il confine a due piccole delegazioni al fine di consegnare gli aiuti e i soldi raccolti in questi mesi dalla Carovana antifascista: quella diretta a Lugansk ha già attraversato il confine, mentre quella diretta a Donestk sta ancora aspettando, perché ci sono stati nuovi bombardamenti.
Per essere chiari, lo ripetiamo, gli equilibri sono mutati velocemente e fino a ora non ci hanno permesso di realizzare ciò che ci eravamo promessi e non vogliamo compromettere ulteriormente la situazione pensando che la nostra iniziativa debba essere “al centro” delle preoccupazioni dei resistenti, che sono già in balia di interessi geo-politici più grandi di loro.
Abbiamo avuto l’impressione, almeno per quanto riguarda la Repubblica di Lugansk, che la chiusura del confine vada stabilizzandosi e stia determinando un oggettivo indebolimento dell’Esercito delle Repubbliche e un peggioramento delle condizioni della popolazione civile.
Sappiamo della situazione che si è venuta a creare con l’arresto della controffensiva della Novorossija, che aveva di fatto rotto l’accerchiamento e messo in seria difficoltà il proprio nemico, siamo a conoscenza del lavoro incessante che gli oligarchi e la loro rappresentanza politica stanno svolgendo in Russia e che un esponente importante del campo delle milizie ha definito “quinta colonna”.
Pensiamo che la stiamo “prosaicamente” sperimentando sulla nostra pelle ma – è questo il cuore del problema – la sta vivendo e rischia di viverla sempre più una parte importante dell’Esercito popolare. Per questo è fondamentale continuare e intensificare il nostro lavoro.
Risulta evidente che gli accordi di Minsk e la conseguente tregua (una tregua comunque “guerreggiata”, sia a Donesk che a Mariupol) hanno avuto il solo effetto di bloccare la controffensiva e quindi di offrire respiro alle truppe di Kiev, che si stanno riorganizzando e riarmando, mentre le Repubbliche non riescono a trovare canali efficienti di rifornimenti. Solo una visione superficiale della situazione potrebbe quindi comportare una valutazione positiva di questa tregua: siamo di fronte, qui come in Palestina, a un accordo che cela semplicemente una volontà di disarmare la Novorossija e risolvere i conflitti a sfavore delle forze resistenti e non vorremmo che rischiasse di compromettere i rapporti fra Repubbliche all’interno delle sue differenti componenti politiche e le diverse espressioni geografiche.
In questo limbo abbiamo trovato il tempo non solo per confrontarci sul da farsi, ma per continuare un dibattito politico necessario, tanto più che i relativi movimenti antifascisti nei rispettivi Paesi prendono posizioni differenti nei confronti di ciò che succede nel Donbass.
In alcuni casi l’equidistanza fra le due parti opposte nel conflitto si risolve in una sostanziale indifferenza rispetto alle conseguenze dell’escalation militare per le popolazioni dell’est dell’Ucraina, mentre la scelta partigiana di costruire iniziative in sostegno della resistenza del Donbass e contro il fascismo del regime di Kiev sviluppa una coerente attività internazionalista in tutta Europa, in particolare in quei Paesi che sono stati oggetto delle scellerate politiche di austerity della Ue come la penisola iberica o la Grecia.
Finora si è cercato di salvaguardare l’unità di intenti di tutti i componenti della carovana, partendo dalla constatazione che questa iniziativa nonostante tutte le difficoltà ha catalizzato l’attenzione di importanti componenti antifasciste europee.
Questi giorni sono stati un prezioso momento di scambio con gli anti-fascisti moscoviti che hanno pagato un alto prezzo di sangue per la loro coerente pratica “di strada” e che al loro interno conoscono le stesse spaccature conosciute in tutta Europa per ciò che concerne la questione ucraina. Ci hanno riferito che i fascisti russi intrattenevano rapporti con i nazisti ucraini già da prima dell’escalation militare, nonostante (ma la coerenza non è proprio una caratteristica di queste componenti politiche) il loro livore anti-russo, confermandoci che la Guardia Nazionale ucraina è composta per la maggior parte di nazisti incalliti.
C’è spazio anche per comporre con il contributo di tutti una nuova canzone della Banda Bassotti proprio sulla Carovana…
Quello che ci ha colpito positivamente in questi giorni è stata l’accoglienza della popolazione, con cui abbiamo condiviso alcuni momenti di svago, di semplici chiacchiere e canzoni comuni, inframezzate da “no pasaran!” urlati insieme…
Una bella sensazione essere compresi. Vedremo cosa ci riservano i prossimi giorni sapendo che il tempo stringe. (27/9/2014)