Cercasi Susan (Sontag) e senso disperatamente
Fabrizio Melodia – noto Astrofilosofo – nella puntata 179 di «Ci manca(va) un Venerdì» si aggira fra due mondi dove c’è chi vive molte vite pur avendone una sola
«L’incubo è che esistono due mondi. L’incubo è che esiste un solo mondo, questo»: così la scrittrice Susan Sontag nel libro “La coscienza imbrigliata al corpo”, raccolta dei suoi diari e taccuini – che coprono un arco temporale dal 1964 al 1980 – pubblicati dai tipi della Nottetempo.
Quali mondi e quali incubi? Quanti di noi sembrano vivere due vite pur avendone solo una? E quanti si perdono in mille sentieri per poi tornare al punto di partenza? E’ davvero in grado la mente di districarsi in mezzo a questi sentieri vaporosi, che possono diventare incubi ad occhi aperti? oppure sono gli incubi l’essenza del sentiero stesso? Siamo prigionieri dei nostri “brutti sogni” o gli incubi sono la linfa vitale di cui la vita non può fare a meno?
Cosa intendiamo per incubo? E cosa rappresenta per noi la prigione di un mondo?
Forse potrebbe darci un suggerimento valido il buon Nietzsche: «Il mondo mi sembrò l’opera di un dio sofferente e torturato […] Il creatore non voleva guardare se stesso – e allora creò il mondo». Un po’ come facciamo noi quando la nostra mente deve elaborare un evento traumatico: rimuove oppure lo espelle da sè trasformando la sofferenza in un’opera d’arte, qualcosa di unico costruito sull’essenza stessa del dolore e dello slancio vitale.
E’ altro da sè, ma alla fine siamo sempre dentro a questo.
In questo caso forse entra in gioco qualcosa di più forte, magari quella paura che il mondo sia finito, ovvero chiuso con un inizio e una fine. Niente spaventa di più dell’idea stessa della morte, del decadimento, della sofferenza, pur avendo dentro noi stessi una particella all’apparenza immutabile ed eterna, che vorremmo sopravvivesse a noi.
Come se un computer volesse che il proprio software sopravvivesse al decadimento del suo hardware. Ciò non sarebbe alquanto miope, pensando che in tempi di app e smartphone persino il software è in continuo e perenne aggiornamento, se non addirittura di profilazione a scopi pubblicitari?
In effetti è un incubo pensare di avere solo questo mondo (da incubo) ed è pure un “brutto sogno” pensare che ne esistano altri, oltre il muro che impedisce di percepire. Spaventa l’ignoto? Forse.
A tale proposito lo scrittore argentino Jorge Luis Borges può donarci una piccola indicazione per i lavori in corso di definizione: «In questo mondo quotidiano, | che somiglia tanto al libro delle Mille e Una Notte, | non c’è un solo gesto che non corra il rischio | di essere un’operazione di magia, | non c’è un solo fatto che non possa essere il primo | di una serie infinita. | Mi domando che ombre getteranno | questi oziosi versi».
Faccio presente che le Mille e una Notte ha una struttura a cornice più articolata persino del Decameron di Boccaccio, dei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer o del Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki, dove ogni episodio si perde nel racconto della povera Sharazade che cerca di salvarsi la vita. Forse appunto tale mondo, parola per parola, getta le sue ombre sulle parole degli altri, in un continuo moltiplicarsi delle illusioni. Qui Susan Sontag va a nozze, in quanto, come per Borges, esistono due mondi, quello fisico e quello letterario, entrambi misteriosi, labirintici e letali. E siamo prigionieri in uno di questi. Da perderci la testa, direte voi?
Naaaaaaaaah. In questo caso, mentre voi scegliete in quali mondi andare, da quale destino farvi imprigionare, quale illusione seguire, quale strada percorrere, io lascio la parola finale – ma che non chiude il discorso – al poeta scrittore e cantautore Boris Vian, che argutamente scrive: Distruggono il mondo | In pezzi | Distruggono il mondo | A colpi di martello | Ma non mi importa | Non mi importa davvero | Ne rimane abbastanza per me | Ne rimane abbastanza | Basta che io ami | Una piuma azzurra | Una pista di sabbia | Un uccello pauroso | Basta che io ami | Un filo d’erba sottile | Una goccia di rigiada | Un grillo di bosco | Possono rompere il mondo | In frantumi | Ne rimane abbastanza per me. Amare per trasformare l’incubo in un sogno: qualsiasi mondo si abbia davanti o ci si trovi ingabbiati? Tu che dici, Dylan Dog?
«Nemmeno i sogni vorrebbero diventare incubi… e restare prigioniere del sonno… come lacrime di tenebra… nella notte…».