Cesena, il bosco urbano e strane cose aliene

di Piero Guiducci

Vorrei proporre un’analisi un po’ più attenta, rispetto quanto visto nei giorni scorsi, riguardo l’allestimento di corso Mazzini lungo il Duomo a Cesena denominato “Il bosco urbano”, che è un fatto ben più serio e complesso di quanto appare.

 

~ Zona A – per ciò che è dato di sapere, in quanto organismo di promozione del centro storico, è il capofila di questo progetto, ma non si ha notizia sul ruolo esatto, se è solo il tramite per il quale il progetto ha guadagnato rilancio e peso, o se ne è l’ideatore e il promotore.

~ Officina Design Gambettola – realizzatori dell’opera, a quanto pare qualcuno attribuisce una competenza (e relativa fiducia) che in questo caso hanno dimostrato di non avere – quelle strane cose aliene che loro chiamano alberi (vedi più avanti) potrebbero trovare più giusta collocazione negli asili nido; anzi no, potrebbero spaventare i bambini.

~ I Negozianti Di Quel Tratto Di Corso Mazzini – comprensibile il loro problema e l’esigenza di fare qualcosa in grado di ravvivare quel tratto del corso – penalizzato com’è dal cantiere di piazza della Libertà che lo rende praticamente chiuso, un binario morto – insomma qualcosa che attiri verso quella parte il maggior numero possibile di persone, fra tutte quelle che frequentano il centro di Cesena ma che ormai di lì non passano più, e invogli a fermarsi, così che possano guardare le loro vetrine. Comprensibile sì, ma c’è modo e modo. Per quanto grande sia la disperazione, non può legittimare il brutto, l’incongruo, il disprezzo del contesto e tanto meno l’idea di appendere i propri prodotti in vendita su quelle strane cose aliene posate lungo il fianco della Cattedrale di Cesena.

~ Il Comune Di Cesenacioè l’Amministrazione comunale – eh già, perché dovrà pur esser stata fatta una richiesta, o una proposta, e steso un progetto, seguendo un iter e passando per gli uffici che devono valutare ed approvare. E fra questi uffici, e da questi al primo cittadino, ci sarà pure qualcuno che deve sovrintendere alla fattibilità stilistica e la congruenza architettonica e storica, finanche al rispetto e alla decenza. E questo qualcuno dovrà pur avere competenza, esperienza e sensibilità adeguate al suo ruolo e alla portata del caso, visto che l’installazione interessa strettamente un importante monumento della città, il centro storico, quindi la città stessa e i cittadini.

Evidentemente, fra questi attori qualcosa deve non aver funzionato bene … (o forse invece ha funzionato fin troppo bene, per qualcuno). Così succede che una mattina Cesena si sveglia con quelle strane cose aliene, posate lungo il fianco della Cattedrale, che vengono presentate come “Il bosco urbano”. Ma quale ipocrita retorica, quale imbarazzante mediocrità. Questa installazione sfregia l’importante monumento del centro storico, offende la città, i cittadini e il buon senso. E’ un’idea di cui vergognarsi. Ma chi queste strane cose aliene le ha volute, e chi le ha fatte, si è domandato se le metterebbe in casa sua?
“Ma perché tanto astio e pena per qualche pezzo di legno” direbbe qualcuno, mentre altri propongono di trasformarle in alberi dei desideri, dove i cittadini, e pure i bambini, possano appendere lettere e biglietti, o di utilizzarle per percorsi didattici …

Ecco, questi modi di ragionare mi sembrano sbagliati, perché superficiali e riduttivi. Non si tratta di astio o di essere troppo seri, bensì di guardare le cose con la giusta apertura mentale e visuale, e di analizzarle attentamente, con buon senso. Pur comprendendo la buona volontà, le intenzioni e l’entusiasmo di chi ha avanzato proposte, non si può ragionare prescindendo dal contesto o come se si trattasse di un gioco o di una festa di quartiere. Il problema non è tanto l’oggetto di per sé – che pure è criticabile – come avulso da ciò che lo circonda, quanto l’oggetto in rapporto con il contesto. E il nostro contesto non è tale che si possa prendere con leggerezza e superficialità.
Analizziamo quindi gli elementi.
Queste strutture a mo’ di alberi – parlando onestamente e con cognizione di causa, sia sul piano tecnico che artistico e del design – sono oggettivamente brutte e di cattivo gusto, inoltre dal punto di vista concettuale e stilistico sono decisamente superate, del tutto anacronistiche. Altro concetto importante è che sono presentate come “installazione” e questo non è un dettaglio. Il termine installazione è pretestuoso, perché porta con sé una pretesa di
valenza artistica, culturale e in questo caso anche architettonico-urbanistica che proprio non ha. Pretende cioè di elevare il vile oggetto a elemento di arricchimento del contesto, sottintendendo perciò che l’oggetto abbia maggior rilevanza del contesto stesso. Ed è pretestuosa anche perché evidentemente l’interesse a realizzare questa installazione va ricercato altrove, ben oltre l’obiettivo di valorizzare quel tratto di corso Mazzini.
Il contesto è al contempo importante e delicato. Un tratto breve, poche decine di metri, del più centrale corso del centro storico, determinato dal fianco sinistro della Cattedrale, che lo connota e lo caratterizza fortemente, ne è l’elemento principale, il più importante. La struttura e lo stile architettonico, la connotazione storica della chiesa e l’austera imponenza della fiancata – che sovrasta e predomina alla vista il corso e i palazzi che costituiscono il lato opposto –
limitano stilisticamente ogni inserimento, accostamento o intersecazione visiva di qualsivoglia elemento esterno, obbligando necessariamente alla massima sobrietà.
Nel rapporto stretto fra l’oggetto e il contesto, l’oggetto quindi risulta assolutamente incongruo, fuori luogo, fortemente e negativamente invasivo, direi impattante e deturpativo dell’immagine della cattedrale, in primis, e di quel tratto di corso Mazzini, in generale. Esso impone un
contrasto talmente stridente e assurdo, da essere inaccettabile. Anziché valorizzare, ferisce profondamente, svilisce miseramente.

Peraltro, va dunque da sé che ogni intervento su quelle strutture, come l’idea di appendervi biglietti o quant’altro, sarebbe ulteriormente peggiorativo, aggraverebbe il contrasto.
Individuare chi questa installazione l’ha ideata, chi l’ha proposta, chi l’ha valutata ed approvata, ora non ha importanza ma
quelle strane cose aliene vanno assolutamente rimosse al più presto. Per il bene di Cesena.

Tornando all’esigenza di rivitalizzare quel tratto di corso Mazzini, l’idea di maggior buon senso è dar spazio a semplici tavolini con sedie, senza gazebo, pergole o strutture varie, allineati lungo lungo il fianco del Duomo, ma non accostati, esattamente com’è nelle piazze e attorno ai monumenti di ogni città d’arte. Solo tavolini e sedie, un servizio pubblico. Sarà la presenza delle persone, cittadini e turisti che vi sosteranno, a costituire l’elemento ideale per la giusta valorizzazione di quella parte di centro storico e una opportunità per i negozi antistanti, senza però deturpare il contesto architettonico e storico. Una immagine vitale e discreta allo stesso tempo.

foto da CESENA TODAY

alexik

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