Che bella la servitù volontaria
In «Ci manca(va) un Venerdì» – 139esima puntata – l’astrofilosofo Fabrizio Melodia fa i conti con Etienne de la Boetie
«Quel che avviene in tutti i Paesi, ogni giorno, fra tutti gli uomini, ossia che uno solo ne opprima centomila privandoli della libertà, chi potrebbe mai crederlo se ne sentisse soltanto parlare e non ne fosse testimone? Se accadesse soltanto in Paesi stranieri e in terre lontane, e ce lo venissero a raccontare, chi di noi non penserebbe che si tratta d’invenzione, di una trovata, e non della verità? Per di più, non c’è bisogno di combattere questo tiranno, né di toglierlo di mezzo; si sconfigge da solo, a patto che il popolo non acconsenta alla propria servitù. Non occorre sottrargli qualcosa, basta non dargli nulla […] Sono dunque i popoli stessi che si lasciano incatenare, perché se smettessero di servire, sarebbero liberi. È il popolo che si fa servo, che si taglia la gola da solo, che potendo scegliere tra servitù e libertà, rifiuta la sua indipendenza e si sottomette al giogo; che acconsente al proprio male, anzi lo persegue»: così scrisse il filosofo Etienne de la Boetie, compagno di studi dell’altro pensatore scettico Michel de Montaigne.
De la Boetie – nell’anniversario (quasi) del cinquecentesimo compleanno – ci scuote con un concetto che torna, torna e torna: la servitù volontaria.
Quanta di tale servitù è violenza del padrone e quanta complicità delle “pecore”? E quanto l’essere asserviti si trasforma in “populismo” per cui follia sarebbe dare potere al popolo e renderlo co-proprietario di tutti i mezzi di produzione con l’annessa concreta libertà?
Domande scomode che Etienne mise in luce: il tiranno è tale solo con la complicità del popolo che se ne lava le mani, contento di aver delegato la propria libertà a qualcuno che gli dica cosa pensare, dire e fare.
L’agghiacciante personaggio conosciuto come il Grande Inquisitore, nato dalla fervida penna di Fedor Dostoevskij, sembra fare un sinistro controcanto: «Il segreto dell’esistenza umana non sta solo nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza sapere con certezza per che cosa vive, l’uomo non accetterà di vivere e si sopprimerà pur di non restare sulla Terra, se anche intorno a lui non vi fossero che pani».
Non potendo contare sul senso della vita, senza uno scopo per cui vivere, l’essere umano alla fine cede alle lusinghe e alle pigrizie dell’oggi a Terra concedendosi anche all’apatia e alla barbarie.
«Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» rispose Gesù di Nazareth al demonio che gli consigliava di ricorrere ai propri miracolosi poteri trasformando i sassi in pane per sfamarsi durante il digiuno nel deserto. Parole potenti (anche per chi non fa psrte delle Chiese) e che ancora adesso risuonano scomode: la libertà è qualcosa di terribile, poiché travalica la mente di chiunque. Solo uomini e donne particolarmente forti possono superare tale calvario esistenziale e dare un senso alla vita?
Etienne de la Boetie propende per una soluzione più drastica: invece d’inchinarsi a uno o più tiranni, l’umanità dovrebbe decidersi a destituire queste schiavitù e a riprendersi la vera libertà, quella di accettare attivamente sopra alle proprie spalle l’incertezza della vita e trasformarla positivamente in certezze.
Facile? Il poeta e filosofo persiano Omar Khayyam non ha dubbi: «Chi intravede il mistero della natura, | non può essere ingannato da alcun tema del di là. | Kaaba e tempio significano servitù. Campane cristiane | suonano a servitù. Chiese e sacre bende e croci e rosari: tutte significano soltanto servitù».
L’anarchico “bombarolo” Felice Orsini rimarca il pensiero anticlericale di Khayyam: «Sappiate vivere indipendenti l’un dall’altro, cancellate e aborrite la parola di servo. E quando dico questo, non intendo già solo della servitù, che sul collo vi è tenuta dai dispotici governi, ma sibbene di quella che si contrae adorando il nome di un uomo, di un individuo; di quella servitù, che dà origine ad una religione o al dispotismo o alle fazioni. Nella vostra condotta abbiate sempre dinanzi a voi la ragione, adorate un principio, sacrificate il vostro benessere e la vita pel trionfo di quello; ma non servite la persona, sotto pena di essere classificati tra coloro che portano un’insegna del monarca, una divisa o livrea del padrone, o un appellativo del caposetta o fazione che vi tiene in soldo».
Difficile la libertà quando l’essere umano risparmia sulla propria intelligenza. Basti pensare a come tanti “pensanti” si siano trasformati negli ultimi anni in Consumatori Perfetti: schiavi delle merci.
Schiavitù inevitabile? Risponde Etienne de la Boetie: «Eppure questo vostro padrone che vi domina ha soltanto due occhi, due mani, un corpo, niente di diverso da quanto possiede l’ultimo abitante del grande e sconfinato numero delle vostre città, eccetto i mezzi per distruggervi che voi stessi gli fornite […] Decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi». E quanto alla tirannia delle merci … decidete – anzi decidiamo – cosa è l’essenziale e poi rinunciae (rinunciamo) al resto: meno cose gli esseri umani posseggono e più diventano liberi.
Nell’immagine, il monumento in ricordo di Etienne de la Boetie a Sarlat-la-Canéda, sua città natale.
È che la fanno facile. Si parla di uomini o di popolo come se si trattasse di un tutto indistinto, di una unità nelle condizioni materiali, nella cultura e nel modo di pensare, che è tutta da conquistare. Non si può legittimamente dire “uomini” senza ricordare che gli uni sono armati (anche ideologicamente), gli altri no. La condizione poi di chi può permettersi di vivere senza lavorare è molto differente da quella di chi non vive senza salario. Alcuni uomini, infine, sono organizzati e dispongono di mezzi adatti a dominare gli altri; agli altri invece sono posti ostacoli innumerevoli (la povertà è uno di essi) che rendono aleatorio l’elementare diritto a difendersi.
Gli uomini saldano da soli le catene che li tengono avvinti ai remi delle galere? No, gli uomini sono stati educati con il ferro e con il fuoco ad accettare la loro servitù. E si continua a ricordarglielo a mezzo di apparati di disinformazione e persuasione potenti quali mai si erano visti sulla terra. Armando eserciti di mercenari che all’occorrenza possono essere trasformati in lanzichenecchi contro gli eventuali focolai di ribellione ; o anche semplice opposizione.
Non basta volerla la libertà per ottenerla. Bisogna anche accettare i sacrifici immensi che la conquista comporta. L’odio fascista dei padroni e dei loro servi nell’economia, nei mass media, negli apparati repressivi. Sopportare il martello della loro furia, le stragi immense, la tortura, la galera, gli insulti, le beffe. E dopo questo bisognerà pure imparare a usarla, impedire a uomini nuovi di usurparne la gestione.
il peggio, e neanche questo capiscono questi uomini di buona volontà che lastricato le strade dell’inferno, è che si può (e si deve) affrontare tutto questo sapendo che si può fallire nel tentativo.
Tutto questo le masse lo sanno, da cui le enormi difficoltà a convincerle a mettersi in movimento per realizzare il destino (questo sì) universale: l’instaurazione del regno della libertà, il primo regno in assoluto che ricomprende tutti, il regno degli Uomini.