Chi il territorio ferisce di territorio perisce
di Daniela Pia
Una delle emergenze ambientali più stringenti è quella che riguarda il consumo del suolo in Italia: dal 1990 a oggi, ogni anno vengono divorati 244.000 ettari , oltre 668 ettari al giorno, per realizzare nuovi edifici, infrastrutture e centri commerciali a iosa. Tuttavia, questa tendenza non è giustificata da una crescita demografica.Quale la ragione di questo inarrestabile consumo? Affari? Malgoverno? Disinteresse? Se si prende come esempio la Sardegna, regione che ha poco più di 1.500.000 abitanti, si può osservare quanto sia diffusa la pratica della sottrazione di suolo: si continua a costruire sulle coste, nelle campagne e nei paesi, persino in luoghi del tutto inadatti, quando non a rischio, nonostante manchino le persone, che anzi fuggono alla ricerca di un lavoro. Osservando Sestu, il luogo dove abito, e parlando con la gente ho avuto il forte sospetto che il paese – ad appena 10 km da Cagliari, cresciuto in modo incontrollato nel giro di 25 anni, tanto da aver raddoppiato il numero degli abitanti – abbia raggiunto un punto di non ritorno nell’abuso del territorio. La conferma, dopo le scelte operate nell’ultimo consiglio comunale da una giunta di centro- sinistra. Nonostante un mercato immobiliare in gravissima crisi, infatti, si progetta ancora di costruire, eppure, a sentire un imprenditore del settore Sestu conta circa 450 appartamenti invenduti, 40 locali commerciali sfitti e una 15cina di capannoni, fra la zona industriale e artigianale, inutilizzati. Ciononostante nell’ultimo Consiglio con una votazione di 10 a zero, è stato deciso di inserire l’area alluvionale del Riu su Pardu nel piano di lottizzazione prevedendo la realizzazione di un ipermercato, di un residence che prevede persino il seminterrato. Eppure basta chiedere a chi abita in zona per scoprire che solo a 2,5 metri di scavo l’ acqua zampilla. Così, se il capo dell’ufficio urbanistica ha parlato di iniziale fase propositiva, che necessiterebbe di ulteriori studi, ci si chiede perché si tenda a sottovalutare i segnali che il Rio lancia sistematicamente, proprio dal terreno in questione, trasformandolo in alveo. Si avverte davvero la necessità di una nuova lottizzazione? e quali possano essere le ragioni all’origine di queste scelte compiute, fra l’ altro, senza mai riunire le commissioni? I dati raccontano che in Sardegna l’incremento di terreno urbanizzato è cresciuto del 1.154 per cento rispetto agli inizi degli anni Sessanta, persino laddove i paesi si sono svuotati, mentre la superficie agricola regionale è drasticamente diminuita creando un allarme ambientale. Cementificazione diffusa in tutta la penisola tanto che il Fai ha dovuto ribadire l’urgenza, per le amministrazioni, di acquistare un’ottica lungimirante nel prevedere lo sviluppo futuro, tutelando il territorio, per evitare di dover solo gestire emergenze. Quando si arriva a ciò infatti, i danni sono per lo più irreversibili perché il consumo di suolo è pratica dannosa per l’ambiente, perché interrompe corridoi ecologici e distrugge il paesaggio. E il paesaggio appartiene non solo a chi possiede la terra ma anche a chi la ama e la vuole difendere: “La terra, infatti, non è eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”. Se è vero dunque che s’Arriu de su Pardu è considerato un corso sotterraneo, è ancor più vero che tutti in paese sappiamo quanti e quali danni sia in grado di provocare. Gli anziani ripetono – non a caso – che i corsi d’ acqua, anche i più insignificanti, debbono essere rispettati, non solo attraverso la tutela delle fasce fluviali ma giungendo persino ad abbattere gli immobili situati nelle aree a rischio idrogeologico. Non certo promuovendo nuove lottizzazioni. Ad essere benevoli si può parlare di cementificazione allegra, purtroppo c’è poco da ridere.
Supermercati a Sestu?
la memoria mi tradisce o ce ne sono già sin troppi?
uno scontro sanguinoso…
… che continua se ho ben capito le allegorie (fra delitti e alluvioni di merda) nei romanzi di Enrico Pili, ambientati proprio lì.
(db)