Chia e la bella giornata di gennaio
un racconto di Nino Martino (*)
Ci sono giorni di gennaio, in Sardegna, che sembrano quasi primavera. Il sole è caldo, il vento assente e il mare azzurro è senza increspature. Allora la gente che può farlo va al mare, cerca una spiaggia, si porta da mangiare e passa la giornata a godersi la promessa di primavera.
Una volta non si riusciva ad arrivare alla spiaggia di Chia molto facilmente. La strada era bianca, non c’erano segnalazioni di sorta e bisognava sapere cosa scegliere ai crocicchi. Poi si arrivava alle dune e c’erano ginepri secolari. Ci si metteva sotto i ginepri, d’estate, per il fresco della loro ombra. Ma a gennaio si andava sulla spiaggia, vasta e lunga. Pochissima gente nella spiaggia immensa in pieno agosto e a gennaio quasi nessuno. Ora la strada è asfaltata, le indicazioni sono sicure e solo l’ultimo pezzo è stato conservato bianco, per dare un tocco di naturale, e sotto i ginepri non si può più stare per non rovinare le dune secolari.
Padre, madre e figlio piccolo di tre anni avevano deciso, all’epoca delle strade asfaltate, che la giornata era di quelle giuste e andarono al mare, a Chia.
La strada passava accanto agli stagni e negli stagni c’era qualche fenicottero rosa.
“Guarda papà, un fenicottero”
Il papà guidava e conosceva bene la strada. La conosceva da tempo. Sarebbe passata vicino a Pula, sulla sinistra e poi vicino a Is Molas, sulla destra e poi via via Fort Village, per ricchi turisti, e poi Pinus Village per quelli un po’ meno ricchi e infine ci sarebbe stato il bivio per Chia. La strada si sarebbe infilata in una specie di gola aperta con la piana tutta ricoperta di fichi e di alberi da frutto e poi alla fine si sarebbe arrivati alla spiaggia di Su Giudeo.
La prima volta che il papà andò a Chia, all’epoca delle strade bianche e non tracciate, c’erano dune immense, ginepri sopra le dune e tracce misteriose sulla sabbia finissima. Sembravano tracce di serpenti. Si misero a cercare l’origine e tutti si misero a ridere quando videro chi lasciava le tracce. Erano scarabei stercorari che arrancavano salendo e scendendo le dune.
Il papà e la mamma amavano molto andare a Chia, in qualunque mese dell’anno. Era sempre molto bello e ogni volta era diverso e il bambino giocava nella sabbia e andava alla scoperta del mondo.
Il papà aveva anche inventato una ninna nanna, per addormentare il figlio la sera:
Grande la spiaggia
piccoli i passi
cosa c’è dietro le canne?
piccoli i passi
grande la spiaggia
e dietro le canne c’è un lago
e dietro il lago ci sono rocce
e dietro le rocce…
E via via aggiungeva pezzi che descrivevano quello che faceva il figlio che scopriva il mondo sui suoi piccoli passi. Il bambino si addormentava felice perché quelle erano le cose che aveva fatto.
Quando papà, mamma e figlio arrivarono sulla spiaggia misero l’ombrellone, anche se era gennaio. Il bambino cominciò a giocare con la sabbia. Faceva buche profonde e poi collegava la buca al mare con un canale e guardava l’acqua arrivare e sperdersi. A volte costruiva sbarramenti o deviazioni e mamma e papà leggevano e tutto era tranquillo. C’erano altre tre o quattro famiglie sparpagliate nella spiaggia. Grande era la spiaggia e il bambino ogni tanto non scavava più e si metteva a correre. Papà e mamma lo lasciavano fare. Il bambino correva, saliva sulle dune si lasciava rotolare giù, esplorava le pozze d’acqua, chiamava la mamma e il papà perché lo guardassero mentre rotolava.
Il cielo era molto azzurro. C’era solo un debolissimo vento di terra e il mare era azzurro come il cielo e liscio. Al largo c’erano solo piccole increspature, come brividi di vento.
Mangiarono quello che si erano portati dietro e tutto era molto sereno e tranquillo e anche le altre famiglie, ignorandosi nella vastità di spazio, erano serene e tranquille. Ogni tanto si sentivano i richiami delle mamme ai figli – non ti allontanare, non andare in acqua che fa freddo, vieni a mangiare.
Era davvero una bellissima giornata, una bella giornata di gennaio a Chia.
A un certo momento il bambino alzò gli occhi al cielo
“Papà, papà, guarda, guarda!”
E allora il papà e la mamma alzarono lo sguardo e video la formazione. Erano sei sette aerei in formazione perfetta, ciascuno lasciava quattro strisce doppie bianchissime e altissime nel cielo. Il cielo era tutto zebrato dalle righe bianche e parallele.
“Cosa sono?” chiese il figlio.
“Sono dei B52” disse il papà “sono aerei B52”
“Sono grandissimi” disse il figlio.
“Sono tra i più grandi” disse il padre
Gli aerei si allontanarono verso il mare, verso sud e dopo un po’ sparirono. Le strisce rimasero a lungo e poi svanirono.
Passarono ore e arrivò il momento di radunare le cose, levare l’ombrellone e salutare il sole e il mare e la grande spiaggia.
“Guarda, papà, sono tornati i B52”
E in alto, molto in alto c’era di nuovo la formazione perfetta e di nuovo c’erano le righe bianche a zebrare il cielo.
“È bellissimo” disse il bambino “non è vero che è bello, papà?”
Ma il papà non diceva niente.
“Non è vero che è bello?” insistette il bambino.
Ma il papà era scuro in volto e niente diceva.
“Mamma, il papà non dice niente. Non sono belle tutte quelle strisce?”
Ma anche la mamma diceva niente, anche lei scura in volto. Raccolsero le loro cose e presero la strada del ritorno.
“È stata una bella giornata” disse il bambino “ gli aerei erano molto belli”, continuò il bambino. E mamma e papà rimasero zitti.
“Hai visto come si fa a fare i canali e le dighe?” sviarono il discorso “oggi hai fatto veramente tante cose. Ti sei divertito?”
“Molto”
“Come ti è venuto in mente di fare i canali?”
“Oh, ho visto che se scavo profondo l’acqua si infiltra. E allora ho costruito il canale, così ci va più acqua” .
“Bello. E poi hai corso molto.”
“Mi piace correre nella sabbia perché non finisce mai” disse ancora il bambino.
La macchina correva veloce nel ritorno a casa, dove già tutto era pronto da mangiare fin dalla mattina. Dopo un po’ il bambino non disse più niente e si addormentò.
Era il 17 gennaio 1991. Era iniziata la prima guerra del Golfo.
(*) «Chia» fa parte di una raccolta di racconti, inedita
Per me le parole possono tanto, se sono così ben scritte lasciano davvero il segno. Grazie Nino, ogni tuo racconto è una piccola meraviglia.