Chiesa cattolica e potere in Italia dopo il 1870

Relazione di Federico Piccirillo (*) al convegno «Il Vaticano e il fascismo», Roma 21 settembre 2016. Primo di tre appuntamenti in “bottega” (**)

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Il 20 settembre 1870 rappresenta una data epocale per la storia del nostro Paese. Con l’annessione di Roma al Regno d’Italia tramontò lo Stato Pontificio come entità storico-politica e ciò decretò, di conseguenza, la fine del potere temporale dei papi.

Tuttavia, è bene ricordare che la con “breccia di Porta Pia” comparve anche la “questione romana”, inerente i rapporti tra il nuovo regno unitario e il Vaticano, sempre pronto a rivendicare un suo presunto diritto all’esercizio del potere su specifici settori ed ambiti della vita politica, socio-economica e culturale del nostro paese.

La “questione romana” troverà risposte nell’atteggiamento conciliante dei governi italiani, dapprima con i Patti Lateranensi del 1929, poi con il Concordato craxiano del 1984, tralasciando i quarant’anni di governo democristiano, a partire dagli inizi del secondo dopoguerra, durante i quali la Chiesa ha quasi sempre trovato nella Dc la propria longa manus politica nel territorio italiano.

Questo ci illumina su quanto sia stato e sia tuttora forte il connubio tra Chiesa e potere. Indubbiamente, l’evento del 20 settembre 1870 ha il merito di aver limitato in gran parte questo connubio.

Il pontefice Giovanni XXIII arrivò persino ad affermare che, a suo avviso, la presa di Roma dovesse essere interpretata come manifestazione della Provvidenza, in quanto l’evento in questione avrebbe reso possibile uno sganciarsi della religione dalla politica.

Il legame tra Chiesa cattolica e potere politico trova le sue radici nella tarda antichità romana, dal momento in cui l’imperatore Costantino con l’Editto di Milano (313 d. C.) non solo riconobbe la libertà di culto ai cristiani elargendo alle loro comunità una serie di beni materiali e di proprietà, ma iniziò anche a includere i vescovi nella burocrazia imperiale. L’operazione politica di Costantino fu molto chiara: ormai il cristianesimo stava diventando la religione più professata; tanto valeva averla come alleata.

Dal canto loro, i cristiani, ormai immemori dell’insegnamento evangelico, avevano capito che la loro opportunità era giunta. Infatti, in un periodo in cui, in seguito all’instabilità determinata dalla crisi economica e dalle invasioni barbariche, la figura carismatica dell’imperatore era indebolita, l’idea di un unico Dio onnipotente e “Signore del cielo e della terra”, avrebbe ridato stabilità ai fondamenti del potere politico. Gli stessi cristiani sposavano bene l’idea di un vescovo-capo vicario di Dio, con quella di un imperatore sommo detentore del potere politico.

Ciò spiega perché la Chiesa abbia sempre dialogato, se non sostenuto, forme politiche che presentavano un assetto istituzionale riconducibile al suo, ovvero gerarchico e autoritario. Questo è il punto di partenza per comprendere il sostegno dato dalla Chiesa a Costantino, a Carlo Magno, ai Borboni di Spagna e di Napoli, agli austriaci durante il Risorgimento italiano, fino ad arrivare alle dittature fascista, nazista, falangista e ustascista. A tal proposito, è bene ricordare anche l’appoggio dato dal Vaticano alle dittature militari e clerico-fasciste dell’America Latina, instauratesi negli anni’70 del XX secolo, in seguito all’Operazione Condor.

Il caso del sostegno dato dal Vaticano al fascismo italiano è emblematico. La domanda da porsi è: cosa avvicinava la Chiesa al fascismo e viceversa?

Possiamo rispondere osservando che entrambi i regimi erano caratterizzati da:

  • Comunanza di intenti nel combattere i nemici (i liberali, i socialisti e i comunisti).

  • Affinità nella struttura istituzionale e governativa (come osserva Deschner la figura del duce è assimilabile a quella del papa e la struttura del Gran consiglio del fascismo ricalca quella del sacro collegio vaticano).

  • Coincidenza degli obbiettivi: creare una società fondata sull’ordine, la disciplina, l’autorità, la gerarchia. Ciò richiedeva l’adesione a una visione antropologica radicalmente pessimistica.

Tutto ciò portò il fascismo a favorire la Chiesa, tutelandone gli interessi economici, politici e culturali; e la Chiesa, da parte sua, a benedire e sostenere il regime.

Sulla base di queste riflessioni, vorrei concludere affermando che: essendo la Chiesa di Roma quanto di più lontano ci possa essere dalla comunità solidale e povera, auspicata da Gesù, ma configurandosi come una struttura di potere e disciplinamento sociale di menti e corpi, il sostegno da essa dato alle dittature del XX secolo debba considerarsi come quanto di più conforme al suo Dna storico-politico.

Roma, 21/09/16

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(*) Federico Piccirillo è nella redazione di «Civiltà laica», «periodico di cultura neo-illuminista».

(**) Convegno internazionale in occasione dell’edizione italiana di «Con dio e con i fascisti» di Karlheinz Deschner; qui in “bottega” se ne è già parlato. (db)

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