Chiocciola, Google, l’essere umano e Waterloo
Recensione di Fabrizio Melodia – noto come “l’astrofilosofo” – al libro «L’anima delle macchine. Tecnodestino, dipendenza tecnologica e uomo virtuale» di Paolo Gallina
«Quello che ho tentato di dimostrare, invece, è che l’uomo per il livello evolutivo che ha raggiunto, non potrà più scrollarsi di dosso completamente i traguardi ottenuti grazie alla tecnologia. Continuerà ad evolvere portandosi appresso il suo guscio chiocciola, una chiocciola che avanza lungo i binari di un tecnodestino. Tutto ciò è demoniaco? E’ alienante? Ci deruba della nostra umanità? Forse sì, forse no. Ma per formulare una risposta adeguata e convincente non è sufficiente annoiare il lettore con una lista d’invenzioni e predire futuri apocalittici. E’ più fruttuoso capire come noi interagiamo con le macchine, come la mente si fa modificare da esse e qual’è il motore emotivo che sottende ogni creazione della tecnica»: così scrive Paolo Gallina, classe 1971, professore di Robotica all’università di Trieste nella introduzione al suo saggio divulgativo «L’anima delle macchine: tecnodestino, dipendenza tecnologica e uomo virtuale» – Dedalo edizioni: 242 pagine per 16 euri tondi – finalista nella decima edizione del Premio Letterario per la Divulgazione Scientifica “Galileo”, che, come di consueto, ogni anno si tiene a Padova, città scientifica per eccellenza.
E’ un saggio di divulgazione scientifica ma anche di speculazione filosofica e interrogazione psicologica quello scritto da Paolo Gallina, che, fra tutti i finalisti al Premio, mi ha colpito profondamente per il modo colloquiale, chiaro e diretto, molto simile a quello che contraddistingueva il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer.
Tutto un altro discorso dalla semplice banalizzazione: un riuscito tentativo di rendere non solo la scienza e la tecnologia fruibile a tutti, facendo comprendere lo stato delle cose alle persone, sempre più impaurite e diffidenti verso le innovazioni tecnologiche e/o non alfabetizzate al “nuovo che irrompe”.
Nel suo saggio Paolo Gallina usa esempi della vita di tutti i giorni per analizzare lo stretto rapporto che intercorre fra l’essere umano e la società della tecnica, tracciando un profilo che, alla fine dei conti, filosofi e scrittori di fantascienza avevano di sicuro intravisto, talora descritto, nelle loro opere più mature e consapevoli.
Gallina ha il grande pregio aggiuntivo di andare in un’altra strada rispetto a filosofia e fantascienza, utilizzando spirito critico, analisi fenomenologica degli eventi e quotidiano per mettere in evidenza il punto di non ritorno a cui siamo giunti e positivamente indicare possibili strade per non “andare fuori strada”.
Spassosissimo, a mio avviso, l’esempio che porta della professoressa di Storia che insegna agli studenti la battaglia di Waterloo. Sarebbe meglio insegnarla prendendo un gessetto e disegnando alla lavagna la disposizione delle truppe oppure, trasformata la professoressa in un avatar stile Lara Croft e gli studenti nello stesso modo, zompettare nella ricostruzione virtuale di tale eventi, in modo da far vivere gli eventi?
Ovviamente, per studenti avvezzi ai videogames, fruitori di Facebook e tecnologicamente alfabetizzati, la seconda risposta è la più ovvia.
Eppure c’è una risposta ancora più profonda, che Paolo Gallina ha sicuramente individuato, ovvero quanto profondamente la tecnica abbia trasformato l’essere umano al punto di portarlo a un grado di evoluzione fino a non molti anni fa assolutamente impensabile.
La tecnologia, figlia della tecnica, ha trasformato la chiocciola dell’essere umano in un corpo tecnologico, diverso, potenziato rispetto a quello precedente e ora più che mai collegato a doppio filo con tutto il resto.
Non è solo una semplice pubblicità per vendere servizi televisivi o internet quella che sta girando, dove si mette in luce la possibilità di fruire di una molteplicità quasi infinita di canali televisivi, quasi in una espansione di potenza della visione umana, allacciata e collegata a tutto, con evidenti e nette ripercussioni sulla memoria.
Non per nulla, nel capitolo conclusivo, Gallina analizza – non senza una certa dose di provocazione – un articolo molto acuto sugli effetti di Google riguardo alla memoria umana. Non esiste più la memorizzazione dei concetti che si apprendono con la lettura di un libro, ma si tende a ricordare i luoghi dove essi si trovano, arrivando quindi a una definizione plastica della mente, dove essa si plasma a seconda del medium di cui fruisce.
Saremo una cosa sola con Google? Lo studio della nostra mente ormai ha subìto un processo evolutivo tale che è connessa con motori di ricerca senza i quali non potremmo nemmeno pensare? A queste e altre domande, Paolo Gallina cerca di dare una serena risposta, senza remore o tabù, costruendo una scenario fra presente e futuro prossimo/venturo per aumentare la presa di coscienza di questo stato di cose.
«A questo punto, desiderare di essere meno dipendenti dai nostri gadget è solo questione di nostalgia. Dipendiamo da loro allo stesso modo in cui dipendiamo dalla conoscenza dei nostri amici e colleghi. L’esperienza di perdere i contatti con internet si sta avvicinando sempre di più all’esperienza di perdere un amico».
Per chi non ha paura di mettersi in discussione, per gli amanti dei nuovi destini tecnologici, per i semplici curiosi di capire cosa sta accadendo nel nostro mondo o ancora per coloro che vorrebbero guarire dalla paura tecnologica o per i detrattori del farsi una cultura filosofica a riguardo, consiglio caldamente questo splendido e semplice saggio di Paolo Gallina.
Gli altri finalisti alla decima edizione del Premio Galileo:
«Contro natura – Dagli OGM al bio» della coppia Dario Bressanini e Beatrice Mautino, Rizzoli.
«Il fantasma dell’Universo – Cos’è il neutrino» di Lucia Votano, Carocci.
«Numeri – Raccontare la matematica» di Umberto Bottazzini, Il mulino.
«Che ora fai? Vita quotidiana, cronotipi e jet lag sociale» di Till Roenneberg, Dedalo.