Ci manca(va) un Venerdì – 11
Dove un astrofilosofo del calibro di Fabrizio Melodia ingaggia tenzone con William Golding nelle vesti di «signore delle mosche»
«L’uomo produce il male come le api producono il miele» afferma William Golding nel suo famoso romanzo d’esordio «Il signore delle mosche» (“Lord of the flies”, 1952) un’opera davvero pessimista dove viene messa in luce la corruzione dell’indole umana fin dalla preadolescenza, in netta contrapposizione a Jean Jacques Rousseau, il quale amava dire: «L’uomo nasce buono ma è la società che lo corrompe».
Niente di più fuorviante, senza una severa educazione e modelli sociali positivi cui ispirarsi: l’essere umano, per sua stessa indole, risponde ai bisogni della paura primaria della morte esattamente con l’istinto, tirando fuori il peggio di sé.
In un’isola deserta, dove i ragazzi hanno estrema facilità di sopravvivere grazie a una natura davvero favorevole, ecco che gli istinti prendono il sopravvento sul raziocinio, arrivando a sfociare in comportamenti paranoici e antisociali.
La contrapposizione fra i due leader, Ralph e Jack, raziocinio e istinto di sopravvivenza, pende decisamente per quest’ultimo, il quale riesce a spodestare Ralph (eletto all’inizio dell’avventura con metodo assolutamente democratico) in accordo con gli altri. Jack punta tutto sulla paura ancestrale di riuscire a sopravvivere e di non venire mangiati dalle bestie feroci – che non si sono mai viste nell’isola deserta dove i ragazzi sono precipitati in aereo – istituendo un fronte eversivo e totalitario, dove la paura governa e la violenza dei ragazzi ha modo di esplodere in tutta la propria ferocia.
L’essere umano dunque, come vorrebbero anche Martin Lutero e Agostino d’Ippona sarebbe dominato da una ferrea necessità di peccare? Parrebbe di sì.
Una risposta a tale fato potrebbe essere: «La guerra può essere abolita solo con la guerra. Affinché non vi siano più fucili, bisogna impugnare il fucile» scriveva non molto tempo fa Mao Tze-Tung.
Non è una considerazione del tutto errata. Lo vediamo e lo testiamo con mano ogni giorno. A livello politico, la paura prende il sopravvento sul raziocinio e sempre di più vediamo imporsi un regime del terrore rispetto alle razionali considerazioni pacifiste. Esperti, scienziati, politologi, sociologi, psichiatri, anche alcuni sedicenti filosofi si prodigano a confermare quanto in realtà ben poco di razionale abbia un comportamento simile, tutto puntato a reagire con violenza ai fantasmi che si agitano dentro ognuno di noi a livello primordiale, inconscio.
L’arma migliore è agire sulla paura, per essere certi di poter ricevere pieni poteri decisionali e attuativi: la Storia lo insegna, tutti i regimi totalitari nascono in questo modo e si consolidano, scatenando quanto di peggio abbiano gli esseri umani.
«L’essere umano ha sicuramente costruito la bomba atomica. Ma nessun topo si sognerebbe mai di costruire una trappola per topi» concluderebbe degnamente Albert Einstein. Una scienza che costruisce la bomba atomica sicuramente non è buona scienza, non poggia le proprie basi sulla razionalità ma sulle necessità politiche.
Forse mi sbaglio, ma a mio parere la scienza o Scienza o “Scienza” non è “buona” o “cattiva” ma è invece semplicemente umana, e nasce dalla curiosità umana.
La Scienza è uno strumento utile, e come tale è diventato uno strumento di potere. Quindi a modo suo la Scienza è diventata una istituzione, e come tale è stata coinvolta nei discorsi che vogliono narrare le istituzioni per articolarne il potere. Ci sono molteplici discorsi, a volte complementari, altre volte in competizione. L’obiettivo è il potere [Foucault].
Quindi il problema è il potere, la insufficiente distribuzione del potere, la brama di potere. Il potere attrae anche perché si presenta come uno strumento di difesa che ci rassicura. Perché abbiamo paura.
Abbiamo paura di non sopravvivere, perché siamo coscienti dei nostri limiti, siamo coscienti di essere terrestri e non divine o divini onnipotenti e immortali.
D’altra parte, immagino che nella lunga storia dei terrestri – eppure molto breve se non quasi puntuale da un punto di vista astronomico – siano esistiti molti Ralph e molti Jack.
Forse mi sbaglio, ma immagino che – per fortuna – alcuni Ralph siano sopravvissuti.
Ciò che è secondo me cruciale è che questi forse pochi Ralph sopravvissuti insieme alle loro comunità più “democratiche” siano sopravvissuti più a lungo dei fascisti e brutali Jack.
Oppure forse non si è trattato di alcuni Ralph, ma di Penelope, Susanna e Giulia, insieme a qualche Ralph.
Penelope, Susanna, Giulia e Ralph sono sopravvissuti più a lungo, perché gli altri, i fascisti e le fasciste, tendono all’autodistruzione – e quindi non sono sopravvissuti a lungo.
Purtroppo esistono ancora molti Jack in giro. Imparano molto lentamente, o ne esistono ancora così tanti che occorre attendere ancora molto a lungo prima che scompaiano del tutto.
Ciò che rincuora è che tu scrivi e io scrivo, nel senso che nonostante tutto esistono ancora poco meno di 10 miliardi di terrestri – cioè nonostante tutto siamo sopravvissuti.
Speriamo di riuscire a sopravvivere ancora a lungo – in modo da continuare a poter giocare, parlare, imparare e lasciarci stupire e meravigliare dalla musica e dalle altre arti umane.
Aiuterebbe anche ricordarci di tanto in tanto della lezione del lago Toba.
The Lesson of Lake Toba | Bulletin of the Atomic Scientists
http://thebulletin.org/lesson-lake-toba7741
DUE CONSIDERAZIONI
Mi pare che stavolta il punto di vista di Fabrizio Melodia non sia motivato a sufficienza. E la questione non è da poco… Intorno alla violenza “originaria” degli esseri umani, a mio avviso molte ragioni ci sono per essere pessimisti (anzi per disperarsi) ma anche altre io ne vedo per inclinare verso l’ottimismo. Anni fa il quotidiano per cui lavoravo mi chiese – forse perché avevo scritto molto di bambine/i – un commento su un decenne (inglese, se la memoria non mi tradisce) che aveva ucciso un altro bambino. Scrissi, fra l’altro, che all’interno di questa tragedia mi sembrava di leggere però un segno di speranza, cioè che fossero così rari episodi del genere in un mondo dominato dalla violenza e dove “i veicoli educativi” (in primo luogo l’invasiva e seduttiva tv) di violenza si nutrivano e si nutrono. Perciò, a parte il pretesto Golding, chiederei a Fabrizio di riprendere alla prima occasione – ma anche alla seconda – questo ragionamento con un diverso respiro. Magari fra Einstein e Mao (citati di corsa) può spuntare qualche altra indicazione dalle parti dell’Occidente (Piaget, per dirne uno) come dell’Oriente (Gandhi e Vandana Shiva, per nominarne due).
Ho trovato azzeccatissimo il commento di Ago, qui sopra .Vado subito a vedere cosa ci insegna il lago Toba (la mia memoria non ha reagito… magari è solo colpa del freddo e non della mia ignoranza). Quanto al “puntuale” mi pare che usato così sia un anglicismo ma il senso resta comunque chiaro; d’altro canto oggi la scienza parla soprattutto inglese, il che potrebbe indurre qualche maligno a perfide considerazioni. Io come sapete sono un francofono e le uniche tre parole inglesi che declino facilmente restano sempre quelle: yankee go home. Le ho urlate perfino soprattutto quando incontravo le auto targate Afi, cioè dei militari statunitensi.
Vado a vedere anch’io cosa insegna il lago Toba. Grazie, Ago. Quello che volevo mettere in luce, erano le immagini archetipiche di ciò che rimane dentro di noi.
All’esterno, avviene più o meno come hai detto. La scienza strumento di potere, come ho sottolineato alla fine.
Quale strumento di potere essa appunto diventa buona o cattiva a seconda del suo uso. Proprio per questo essa perde il suo grado di obiettività per essere piegata alle usanze umane.
La scienza diventa buona e cattiva a seconda di chi la usa, mentre quello che non si comprende è che non tanto abbiamo ormai bisogno di un metodo scientifico della conoscenza, quanto di un metodo filosofico che ci permetta di comprendere come usarla.
Una scimmia prende un osso per uccidere la bestia che la minaccia (pericolo reale) ma deve anche comprendere come difendersi in futuro dalle compagne che vorranno ucciderla per prenderle il suo cibo.
Ecco dunque che la logica conferma di dividere il cibo con gli altri, in modo da non temere alcun male.
Penso dunque che la scienza in se e per se, appunto per il suo carattere utilitaristico e impersonale, debba in qualche modo procedere di pari passo con un metodo che permetta di comprendere cosa è giusto o ingiusto fare. E è un cammino che solo un pensiero diverso si può permettere.
E continuo a pensare che sia meglio renderci conto del problema un pò prima di arrivare a livelli tragici, che essere presi con l’acqua alla gola.
Purtroppo non si è cosi prudenti.
Grazie per i commenti e mi trovo concorde anche con il buon DB… in effetti la mia non è un sostegno alla motivazione. E’ un procedere per immagini e illuminazioni. Molti altri, scienziati e non, hanno scritto fiumi d’inchiostro su questo tema e il mio post non voleva essere la chiosa finale a tutto. Solo uno spunto di riflessione. E devo dire che questa chiacchierata ne è un frutto meraviglioso. Grazie.
io mi limito solo a segnalare l’ottimo film di Peter Brook “Il Signore delle Mosche” tratto dal romanzo.
[Ho il mio fuso orario … un po’ strano cioè provo a leggervi e a riscrivere in settimana!]
[Una pillola, cioè brevissima, per poi rileggerci in settimana, spero di riuscire giovedì perché ho una settimana un po’ così, ma non vi voglio annoiare.
Cioè, adesso pensandoci la lezione del lago Toba è molto simile alla lezione che Charlie riceve in “Venere + X” di Theodore Sturgeon – che lessi grazie a Dibbì a cui rivolgo un grato saluto. Ciao a tutt*! Ci rileggiamo presto. Ago]