Ci manca(va) un venerdì- 42
Il sindaco Bitonci, il palazzo della Ragione (ma davvero?), il kebbabaro, il degrado: l’ astrofilosofo Fabrizio Melodia scruta il feudalesimo barbarico all’orizzonte
«Lunedì firmerò un’ordinanza che imponga la chiusura dell’esercizio etnico di Piazza delle Erbe alle 19. Sarà simile a quella già promossa dal Tar, e in vigore per esercizi del genere in zona stazione. Avevamo già ricevuto delle segnalazioni da parte di cittadini che lamentavano un crescente degrado causato dal locale in questione. Quanto accaduto venerdì notte è gravissimo» afferma il sindaco Massimo Bitonci di Padova, a seguito di quanto accaduto il 5 settembre – alle 20:30 circa – nella centralissima piazza delle Erbe, vicino a un kebabbaro che ha la propria bottega adiacente al noto Palazzo della Ragione, nei pressi del Municipio.
Due tunisini sono venuti alle mani, uno di loro è rimasto ferito gravemente e trasporto con urgenza al pronto soccorso.
Immediatamente il sindaco Bitonci, memore della propria crociata sulla sicurezza, ha emesso un’ordinanza: ovviamente non punendo i colpevoli ma prendendosela con il kebabbaro. «Costituisce luogo di aggregazione di soggetti irregolari, favorendo di fatto l’organizzazione di attività illecite, prime tra tutte lo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, e ingenerando la diffusione di un senso generale di insicurezza tra i cittadini che risiedono, lavorano o transitano nella zona».
Da leghista doc, Bitonci si era distinto in crociate similari quando era sindaco di Cittadella: all’interno della cinta muraria medievale aveva emesso un’ordinanza che di fatto impediva l’apertura e la presenza di kebabbari (o esercizi etnici, come egli stesso ama appellarli). Tutto questo in nome della sicurezza e del decoro perché disdicevole che qualcosa turbi la pulitissima e assolutamente chic passerella di una città della cultura, del diritto e della vivibilità come Padova.
E’ vero: questi pericolosi centri di aggregazione criminale e terroristica in effetti sono frequentati da gente sediziosa, purtroppo anche italiana. C’è persino FM, poeta perdigiorno e astrofiloso, pronto con altri a devastare Padova.
L’ordinanza è stata poi emanata con una “bella sorpresa” ovvero che quel kebabbaro dovrà chiudere alle 14. Immediata la protesta – molto pacifica – dei due gestori, Karim e Ali: «Con quello che è successo l’altra notte noi non c’entriamo assolutamente nulla. Tanto che, più di qualche volta, siamo stati noi stessi a chiamare la polizia e i carabinieri per far sì che mandassero via gli spacciatori che si ritrovano nei pressi del nostro locale. Siamo in piazza delle Erbe da più di due anni e non abbiamo dato fastidio a nessuno. Paghiamo circa 1.300 euro di affitto al mese per un immobile di 20 metri quadri. E, adesso, di fronte al provvedimento voluto dal sindaco Bitonci, saremo costretti a chiudere».
Immediatamente è scattata una rete di solidarietà: una trentina di affezionati clienti si sono dati appuntamento davanti alla bottega per mangiare un kebab ma soprattutto per esprimere il loro rifiuto a un provvedimento che ha un forte odore di razzismo. Una precedente sentenza del Tar spiegava che è insulso punire un luogo dove avvengono delitti, in quanto essi non sono direttamente connessi a tale fatto ed è arbitrariamente deciso che essi lo siano. Tanto più che due anni fa si erano verificati assalti e devastazioni di organizzazioni razziste contro alcune kebabberie del centro padovano.
Logica? Leggi? L’unico motto è «Dagli al kebabbaro».
Il passo successivo potrebbe essere la chiusura delle biblioteche poiché contengono libri sovversivi e favoriscono l’aggregazione di individui dalla dubbia moralità e dal pericolosissimo vizio di pensare con la propria testa. A ben vedere nei pressi di qualche biblioteca qualche reato sarà stato commesso .
Per inciso non mi pare che si prendano provvedimenti per il negozio che notoriamenteè il punto focale del traffico di biciclette rubate. Tale luogo non è nascosto ma a pochi metri dalla Stazione Centrale.
Sempre più si sta avverando quello che scrisse lo storico – d’origine ungherese ma naturalizzato statunitense – John Adalbert Lukacs: «Il “totalitarismo” e il potere apparentemente onnipervasivo degli Stati di polizia hanno oscurato il fatto che quasi ovunque il potere statale è andato indebolendosi. […] D’altro canto, l’importanza delle grandi imprese (con la loro connessa “globalizzazione”) è ingannevole, perché i loro temporanei manager e amministratori non ne sono i veri proprietari. Essi non costituiscono una nuova aristocrazia, il tipo di aristocrazia che inevitabilmente emerge quando gli Stati s’indeboliscono. Nel nostro futuro c’è un nuovo feudalesimo barbarico; ma la sua ora non è ancora giunta».