Ci manca(va) un venerdì- 45

     Legge 194: l’astrofilosofo Fabrizio Melodia alle prese con Pasolini, Flamigni, Veronesi, Bergoglio

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«Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto perché la considero, come molti, una legalizzazione all’omicidio» scrisse lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, introducendosi in un dibattito attualissimo anche nell’Italia del consumismo, dove il sesso e il denaro sono facce della stessa medaglia, in cui il Mercato trova modo di lucrare anche sui figli da fare o da non fare.

Pasolini era spesso imprevedibile.

Ora gli fa eco (questo è prevedibile) papa Francesco, al secolo Bergoglio: «Ancora una volta si vuole limitare o eliminare il valore supremo della vita e ignorare i diritti dei bimbi a nascere. L’aborto non è mai una soluzione. Quando si parla di una madre incinta, parliamo di due vite: entrambe devono essere preservate e rispettate perché la vita è un valore assoluto».

Gli fa eco anche – ma in modo più articolato, problematico – il professor Umberto Veronesi: «Eppure io sono contro l’aborto. Tutti lo siamo, credo: non c’è persona che non sia idealmente contraria all’interruzione di gravidanza, perché è un atto contro natura (nel senso che si oppone all’imperativo genetico della riproduzione […]) e perché produce conseguenze traumatiche dal punto di vista psicologico. Ma condannare l’aborto con una legge, renderlo illegale, non impedisce che gli aborti avvengano. […] L’aborto volontario è un evento grave, ma l’aborto clandestino è una tragedia: per questo offrire a una donna l’opportunità di abortire in modo legale e controllato corrisponde alla scelta del “male minore”. E allora, all’interno di questo male minore, la modalità della pillola RU486 – che ho sostenuto sin dai primi accenni alla possibilità di una sua introduzione in Italia – è la scelta migliore, perché è quella meno dolorosa per la donna».

Idealmente sono tutti santi ma nessuno dice che dovrebbero essere le donne a decidere in piena libertà.

Ma anche regna l’ignoranza: «È ancora in corso una campagna assurda, che accusa la legge 194 di consentire le interruzioni di gravidanza giunte ad epoche che prevedono la sopravvivenza del feto; un’accusa stupida e ingiusta, la legge 194 è molto chiara in proposito e ammette l’interruzione solo in condizioni di emergenza, quando è a rischio la vita della madre. Mentire, per sostenere le proprie ragioni: che vergogna!» afferma il ginecologo Carlo Flamigni, membro del comitato di Bioetica Nazionale, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità, candidato alle elezioni europee per Sel.

C’è una verità inoppugnabile? E se sì, dov’è?

Per quel che riguarda la 194 è facilmente appurabile: «Articolo 1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Così recita il primo articolo della legge 194 (del 22 maggio 1978) la quale prosegue così: «Articolo 4. Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla Regione, o a un medico di sua fiducia».

E al successivo articolo 5 la legge afferma: «Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie».

Dunque la carta parla chiaro e le menzogne con relative mistificazioni decadono. Niente legge che legalizza l’omicidio (cioè l’infanticidio) come paventato da Pasolini – morto nel 1975, dunque tre anni prima della promulgazione della legge – e neanche la scelta del “male minore” come accennata da Veronesi.

C’è invece da chiedersi, come mai la Sanità pubblica, che dovrebbe tutelare e aiutare, sia sempre più andata verso una privatizzazione estrema, da sistema statunitense, in cui solo i ricchi possono permettersi le cure e l’assistenza. C’è da chiedersi come mai la società prima crea i criminali e poi li punisce. C’è da chiedersi come mai tutto adesso è Merce e oggetto di Mercato a favore dei pochi, cioè a danno dei molti, che nel migliore dei casi sono complici accondiscendenti di questo Sistema perverso. E in questo forse una possibile risposta è data proprio da Pasolini: «L’Italia – e non solo l’Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: “contaminazioni” tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l’immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di “raptus”: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti».

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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